Via libera alla riforma del fondo d’integrazione salariale: maggiori tutele per le aziende, comprese quelle con un solo occupato. Ma aumentano anche i costi.
La riforma degli ammortizzatori sociali si arricchisce di un ulteriore passaggio: la modifica del fondo d’integrazione salariale, portata a compimento grazie alla firma da parte del ministro del Lavoro, Andrea Orlando, del decreto interministeriale apposito.
Il nuovo fondo d’integrazione salariale, conosciuto anche con la sigla Fis, cambia dal 1° gennaio 2022 per merito della riforma degli ammortizzatori sociali disposta con la legge di Bilancio 2022. Sono diverse le novità introdotte, volte a favorire le aziende in difficoltà e i lavoratori coinvolti in tali situazioni, una su tutte la sostituzione dell’assegno di solidarietà e dell’assegno ordinario con il nuovo assegno d’integrazione salariale (il cosiddetto Ais).
Altra novità riguarda le aziende, in quanto con la riforma viene ampliata la platea di coloro che devono contribuire a finanziare il fondo d’integrazione salariale: non più solo chi ha almeno 5 lavoratori alle proprie dipendenze, d’ora in avanti l’obbligo di contribuire sarà anche per tutti i datori di lavoro che occupano almeno un dipendente (e non risultano destinatari delle tutele dei Fondi di solidarietà bilaterali).
Fondo d’integrazione salariale: a chi si rivolge
Come anticipato, dunque, una delle novità più importanti riguarda l’ampliamento della platea dei soggetti interessati dal fondo d’integrazione salariale: dal 1° gennaio 2022, per effetto del decreto interministeriale appena firmato dal ministro Orlando, entrano nel perimetro del Fis anche i datori di lavoro che occupano almeno un dipendente, purché appartenenti a uno di quei settori, tipologie o classi dimensionali, che non sono coperti dalla cassa integrazione guadagni ordinaria (Cigo) e che non aderiscono ai fondi di solidarietà bilaterali.
Anche queste aziende dovranno dunque contribuire a finanziare il fondo d’integrazione salariale, ma d’altra parte potranno godere degli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro per i propri dipendenti.
Nel dettaglio, ad esserne destinatari sono quei lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato, a patto che abbiano un’anzianità di lavoro presso l’unità produttiva per la quale viene richiesta la prestazione di almeno 30 giorni, calcolati da quanto viene presentata domanda per l’accesso al trattamento. Tale anzianità deve risultare effettiva, per questo non vengono considerati eventuali periodi di astensione dal servizio.
Tuttavia, questa condizione può anche non essere soddisfatta nel caso in cui la domanda riferisca a trattamenti ordinari d’integrazione salariale per eventi che oggettivamente non potevano essere evitabili.
Inoltre, è bene sottolineare che a tale misura non hanno accesso i dirigenti. Ne risultano invece beneficiari, ma solamente per i periodi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa che decorrono dall’1 gennaio 2022, i lavoratori a domicilio e gli apprendisti, di tutte le tipologie.
Quali tutele con il fondo d’integrazione salariale?
Abbiamo parlato delle tutele per le aziende che rientrano nel perimetro del fondo d’integrazione salariale, ma di cosa si tratta? Nel dettaglio, dall’1 gennaio viene riconosciuto il cosiddetto assegno d’integrazione salariale (Ais) che va a sostituire i precedenti assegni di solidarietà e assegno ordinario.
Con tale strumento si vanno a tutelare quei lavoratori soggetti a sospensioni o riduzioni dell’attività lavorativa, indipendentemente dalle motivazioni: l’assegno d’integrazione salariale, infatti, spetta tanto per le causali ordinarie che per quelle straordinarie.
Tuttavia, la misura della prestazione varia a seconda delle dimensioni dell’azienda, ossia:
- aziende fino a 5 dipendenti: 13 settimane in un biennio mobile;
- aziende con un numero di dipendenti compreso tra 6 e 15: 23 settimane in un biennio mobile;
- per le aziende che hanno più di 15 dipendenti: sempre 23 settimane in un biennio mobile, ma in tal caso il fondo eroga solamente per le causali ordinarie, mentre quelle straordinarie continuano a essere coperte dalla cassa integrazione guadagni straordinari.
Come anticipato, però, all’aumento delle tutele segue anche un maggiore contributo dovuto dalle aziende. Vediamo, nel dettaglio, quali sono le aliquote che gravano sulle aziende ai fini del finanziamento del suddetto fondo.
Come viene finanziato il fondo d’integrazione salariale: i costi per le aziende
Con la riforma del fondo d’integrazione salariale aumentano le tutele ma anche i costi per le aziende. Nel dettaglio, il contributo - di cui deve farsi carico anche l’azienda con un solo dipendente - sale allo 0,50% per le imprese dove sono occupati fino a 5 lavoratori, mentre per chi ha un organico superiore sale allo 0,80%.
Tuttavia, per il solo 2022 si applica un contributo ridotto, così rimodulato:
- 0,15% per le aziende fino a 5 lavoratori;
- 0,55% per le aziende dai 6 ai 15 dipendenti;
- 0,69% per le aziende con più di 15 dipendenti.
Inoltre, viene confermato - senza alcuna modifica - il contributo addizionale Fis pari al 4% dell’imponibile calcolato sulla retribuzione persa.
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