Il giorno della resa dei conti tra Mediobanca e Caltagirone, con tanto di shock UniCredit. In ballo il futuro della roccaforte dei BTP e dei risparmi degli italiani.
Al termine di una mattinata convulsa, in cui non sono mancati rumor e notizie shock riferiti alle mosse di UniCredit, l’assemblea degli azionisti di Generali ha emesso il suo verdetto, blindando la gestione del CDA del Leone di Trieste capitanato dal CEO francese Philippe Donnet.
Oggi, giovedì 24 aprile 2025, nel grande giorno in cui i soci sono stati chiamati per approvare i conti del 2024 ma per decidere anche sul futuro della governance del Leone di Trieste, ad avere la meglio è stata di nuovo Mediobanca, azionista di maggioranza di Generali con un pacchetto azionario di poco superiore al 13% del capitale.
Per i prossimi tre anni, sarà ancora Donnet a guidare il campione italiano delle assicurazioni. Sconfitta la lista di minoranza presentata dall’altro grande azionista di Generali, l’imprenditore romano Francesco Gaetano Caltagirone che da anni tenta di stravolgere, senza riuscirci, lo status quo del gruppo.
Detto questo, Caltagirone si è assicurato comunque la presenza di tre consiglieri all’interno del consiglio di amministrazione del Leone.
Occhio alle azioni Generali che, scambiate a Piazza Affari, mettono a segno un rialzo superiore all’1%, attestandosi attorno a 31,65 euro.
Generali, nel D-Day l’annuncio del nuovo blitz UniCredit, fino al 6,7% del Leone. Il “nuovo” azionariato
Oggi giornata di grandi novità per Assicurazioni Generali, con la grande doppia rivelazione sulle mosse di UniCredit.
Nei primi minuti in cui ha preso il via l’assemblea degli azionisti di Generali, chiamata a votare oggi per il rinnovo del CDA per il prossimo triennio, così come per il bilancio del gruppo relativo al 2024, si è appreso che la partecipazione detenuta dal gruppo UniCredit in Generali è salita al 6,7%, dal 5,3% precedente.
Tra le novità che riguardano l’azionariato del Leone, anche la decisione dell’altro azionista rilevante di Generali, il Gruppo Benetton, di arrotondare la sua quota al 4,83%.
A dare notizia delle variazioni delle partecipazioni detenute dagli azionisti è stato il presidente di Generali Andrea Sironi, che ha letto nel corso dell’assemblea l’elenco aggiornato relativo all’azionariato del gruppo, indicando le partecipazioni superiori al 3%.
Dalla lettura del libro dei soci, è emerso che le quote degli altri grandi azionisti di Generali sono rimaste invariate: Mediobanca è in possesso di una quota del 13,04%; Delfin, la holding della famiglia Del Vecchio, ha in mano il 9,93%, mentre il Gruppo Caltagirone è proprietario di una quota pari al 6,82%.
L’attenzione sul titolo del Leone, che ha tra l’altro aggiornato più volte i massimi dal 2007 nelle ultime sedute, è massima.
Ma a essere ancora più alta è stata sicuramente anche l’attenzione che all’evento hanno rivolto l’intero mondo della finanza italiana e lo stesso governo Meloni, fin da subito saltato sulla sedia, guardando con malcelato sospetto alle trattative imbastite da Trieste con i francesi di Natixis, facenti capo alla banca francese Groupe des Banques Populaires et des Caisses d’Epargne (BPCE).
Mediobanca VS Caltagirone, Piazzetta Cuccia vince a dispetto degli alert sui BTP
A dispetto delle continue rassicurazioni arrivate dal Leone, che ha pubblicato sul proprio sito istituzionale perfino una lista delle fake news che continuano a girare sulla natura dell’intesa siglata con Natixis, martellanti sono stati gli alert in stile ’attenti ai risparmi degli italiani e ai BTP’ che sono stati lanciati da diversi esponenti del governo Meloni in queste ultime settimane.
In evidenza, nelle ultime settimane, le dichiarazioni del leader della Lega, vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini, che ha continuato a sbandierare il suo motto, in sostanza, di Italy First. Prima di lui, un nuovo SOS sul pericolo che i risparmi degli italiani venissero strappati alla Patria era stato lanciato da un altro esponente dell’esecutivo.
Ma alla fine, quegli spettri agitati su presunti pericoli per i BTP e i risparmi degli italiani sono caduti nel vuoto.
I soci di Generali hanno votato a favore della lista presentata da Mediobanca. A parlare i numeri, che confermano come la rosa dei candidati presentata da Piazzetta Cuccia abbia incassato i voti favorevoli del 52,383% del capitale presente, pari al 68,777% dell’intero capitale.
La lista VM2006 presentata da Caltagirone e sostenuta da Delfin ha ricevuto il consenso del 36,8% del capitale presente, mentre quella dei fondi di Assogestioni non ha raggiunto il quorum del 5%, fermandosi al 3,67%. Gli astenuti sono stati il 7,068% del capitale presente.
UniCredit pro Caltagirone nella battaglia VS Mediobanca e i vertici di Generali
Oltre alla notizia ufficiale relativa all’ennesimo blitz di UniCredit, salita ulteriormente nel capitale di Generali, stamattina, ancora prima che prendesse il via l’assemblea degli azionisti, i rumor di Bloomberg avevano lasciato presagire una giornata ad altissima tensione.
L’agenzia di stampa ha riportato infatti nelle prime ore del mattino la grande indiscrezione shock, che aveva fatto sorgere qualche dubbio sull’esito, considerato già non scontato, di una vittoria della lista dei candidati al CDA di Generali presentata da Mediobanca, ovvero la decisione a sorpresa di UniCredit di dare il suo appoggio non a Piazzetta Cuccia, ma alla lista presentata da Francesco Gaetano Caltagirone: quella che si è sempre presentata alla stregua di paladina degli interessi del made in Italy e che ha sempre visto il persistere dello status quo come fumo negli occhi per il futuro di Generali.
I soci sono andati invece oltre i vari alert che sono stati lanciati negli ultimi mesi e nelle ultime settimane sul destino di Generali, presentata dal governo Meloni in primis alla stregua di roccaforte dei risparmi degli italiani e dei BTP da tutelare a tutti i costi. Così è apparsa infatti Assicurazioni Generali agli occhi dell’esecutivo italiano, terrorizzato dal pericolo che quell’accordo che il Leone ha osato stringere con i francesi di Natixis per creare un gigante del risparmio gestito, con la regia dell’AD anche lui francese Philippe Donnet, dia corpo al worst case scenario: quello dei risparmi degli italiani che finiscano, non sia mai, per travalicare i confini dell’Italia e magari espatriare nella tanto temuta Francia.
E’ stata questa paura la ratio dello scontro tra la lista di Mediobanca - azionista di maggioranza di Generali con una quota del 13,1%, che ha presentato una propria lista di candidati per il rinnovo della CDA confermando il suo appoggio alla gestione di Philippe Donnet, e dunque anche a quell’accordo siglato con Natixis - e tra la lista di minoranza, presentata dall’imprenditore romano Francesco Gaetano Caltagirone che, proprio di recente, in un’intervista rilasciata al quotidiano Il Sole 24 Ore, era tornato ad agitare la minaccia made in France.
Eppure, va ricordato, una rassicurazione sull’impegno di Generali a continuare a fare shopping di debito pubblico era arrivata proprio in queste ultime settimane, con l’annuncio relativo alla possibilità che il colosso facesse anche più shopping di BTP.
Generali-Natixis, Caltagirone: quel “progetto sciagurato”, perché non partner italiani?
Niente da fare. Qualche giorno fa era stato lo stesso Caltagirone a parlare del caso Natixis, nel corso di una intervista rilasciata a Il Sole 24 Ore, con cui aveva chiarito che la sua lista, di minoranza, intanto non suggeriva “nomi per il governo della società”.
Detto questo, la lista “è sufficientemente lunga per chiedere agli azionisti di bloccare lo sciagurato progetto Natixis ”, aveva detto l’imprenditore romano, dichiarando ufficialmente battaglia ai francesi di Natixis, con tanto di spiegazioni su quel grande no (spalleggiato per ovvi motivi, dal governo Meloni in primis per la strategia di debito alla Patria che la presidente del Consiglio ha sponsorizzato in primis più volte).
Alla domanda sul perché si opponesse tanto all’accordo con Natixis, Caltagirone aveva così risposto al quotidiano di Confindustria:
“Non io, tutte le persone ragionevoli sono preoccupate. È difficile con poche parole dare una spiegazione: provo a enunciare qualche argomento principale. Anzitutto non c’è una valida ragione economica, sottolineo economica per fare l’operazione. Cui prodest? Inoltre, per non duplicare i costi, checché ne dicano gli interessati, si deve smantellare un’organizzazione che finora ha funzionato, costruita in quasi due secoli. Sarà un fatto irreversibile. Sarà impossibile esercitare una effettiva selezione e il controllo sugli investimenti e sulle attese di redditività. La cosa peggiore: si affievolirà il controllo dei rischi. Ricordo che le masse di denaro sono degli assicurati e non di Generali. Per non parlare dell’effettivo indirizzo politico degli investimenti e sottolineo effettivo. Le scelte di un colosso come Generali hanno anche un rilevante effetto sociale. Preferisco sorvolare inoltre sul perché a due mesi dal rinnovo si sia voluta forzare la situazione contro una parte importante del consiglio e contro il parere del presidente del collegio sindacale. Da ultimo non capisco perché il management non abbia cercato di fare progetti congiunti con partner italiani.”
La paura dei francesi di Natixis è stata insomma ribadita da Francesco Gaetano Caltagirone fino all’ultimo, nonostante le rassicurazioni che più volte il CEO di Generali ha dato su come fossero e siano infondati i timori che riguardano sia il futuro dei risparmi degli italiani che dei BTP.
UniCredit, Orcel con Caltagirone? Il sostegno alla lista dei candidati per rinnovo CDA Generali
L’appoggio di UniCredit alla lista di Caltagirone, dunque, non è bastato. Un appoggio che ha sorpreso, se si considera che diverse sono state le volte in cui la figura del CEO Andrea Orcel, allergico alle dinamiche proprie della politica italiana, è stata contrapposta a quella dell’imprenditore romano Francesco Gaetano Caltagirone, e se si prende in considerazione anche il grande schiaffo del golden power che UniCredit stessa ha ricevuto in questi ultimi giorni dal governo Meloni, per via di tutte quelle prescrizioni in stile diktat che Palazzo Chigi ha deciso di imporre per dare l’ok all’OPS lanciata da Piazza Gae Aulenti su Banco BPM.
Prescrizioni tra cui spicca l’obbligo preciso di congelare i BTP detenuti da Anima Holding, il gioiello del risparmio italiano che UniCredit controllerebbe nel caso in cui il suo disegno di mettere le mani su Banco BPM avesse successo.
Una scelta cruciale, quella di UniCredit, che ha deciso di remare contro i vertici attuali di Generali e contro lo stesso azionista di maggioranza del Leone, ovvero Mediobanca, quest’ultimo in rotta di collisione con gli altri due grandi azionisti del campione assicurativo, Francesco Gaetano Caltagirone e Delfin, entrambi tra i maggiori soci anche di MPS-Monte dei Paschi di Siena, la banca che ha messo nel mirino Piazzetta Cuccia, con l’OPS annunciata lo scorso 24 gennaio, che ha trasmortito ulteriormente gli equilibri della finanza italiana, aprendo un’altra partita di risiko bancario. E banca di cui, tra l’altro, Caltagirone è diventato ufficialmente secondo azionista dopo il MEF-Tesoro, come è emerso nel giorno in cui l’assemblea degli azionisti del Monte ancora di Stato si è riunita per approvare l’aumento di capitale a servizio dell’OPS promossa su Mediobanca.
Quel blitz di Orcel su Generali che ha trasformato UniCredit in ago della bilancia
Che Orcel stesse puntando su Generali, portando la sua scommessa a diventare tripla (oltre a quella su Banco BPM e sulla tedesca Commerzbank), è diventato ufficiale quando, dopo la solita carrellata di rumor, agli inizi di febbraio UniCredit ha scoperto finalmente le sue carte, facendo della banca da lui guidata non solo protagonista tra le più importanti dei vari dossier di risiko bancario aperti a Piazza Affari, ma anche ago della bilancia nella grande partita di Generali.
Con un comunicato annunciato in data 2 febbraio 2025, Piazza Gae Aulenti, già impegnata nelle altre due partite Commerzbank e Banco BPM, ha annunciato di “ detenere una partecipazione di circa il 4,1% nel capitale sociale di Generali, acquisita nel tempo sul mercato”, con tanto di precisazione: “ La quota è un puro investimento finanziario della banca che supera in modo significativo le sue metriche di rendimento e ha un impatto trascurabile sul CET1 ”.
Ancora, “una quota addizionale pari a circa lo 0,6% è detenuta come sottostante dell’ordinaria attività per i clienti e relative coperture”. Il commento di Generali non era tardato ad arrivare, mentre si apriva una nuova fase di botta e risposta tra UniCredit e Banco BPM sul presunto prezzo più o meno giusto di quella OPS che Piazza Gae Aulenti aveva lanciato mesi prima su Piazza Meda. Nel frattempo, si rafforzava l’impressione che Orcel potesse puntare ancora più in alto guardando a Generali. Così è stato, come è stato confermato nel D-Day di oggi di Generali.
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Dal canto suo, prima di essere riconfermato allo scranno più alto del Leone, il CEO Philippe Donnet, blindato anche stavolta dalla lista presentata dall’azionista di maggioranza Mediobanca, ha elencato i punti di forza del gruppo, facendo notare che Assicurazioni Generali “ non è mai stata così forte come è oggi ”, aggiungendo che, “considerato che si tratta di una storia di quasi duecento anni, ne siamo davvero immensamente orgogliosi ”.
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