In Francia vanno avanti da un anno le proteste dei gilet gialli: vediamo chi sono, cosa vogliono, i partiti che stanno nascendo e come il movimento è stato ripreso in Italia.
Tutto è nato come una protesta contro il caro carburante, ma ora i gilet gialli in Francia, che in maniera frammentata si sono presentati alle elezioni europee di fine maggio ottenendo percentuali deludenti, non hanno intenzione di fermarsi neanche dopo le aperture del governo.
Nonostante gli impegni di Emmanuel Macron, con l’Eliseo che ha sospeso il pacchetto di aumenti incriminato insieme ad altre misure come l’aumento del salario minimo e la detassazione degli straordinari, il movimento sta continuando nella sua protesta ormai diventata sociale.
Dopo un anno di manifestazioni anche particolarmente violente, il bollettino provvisorio parla di 15 persone morte (soprattutto a causa di investimenti durante i blocchi stradali), oltre 3.000 ferite mentre sarebbero quasi 5.000 gli arresti.
Ma chi sono e cosa vogliono questi gilet gialli che stanno gettando nel caos la Francia? Vediamo allora i motivi della loro protesta e da chi sono composti, con il movimento che ora è arrivato anche in Italia anche se ci sono molte differenze rispetto ai cugini francesi.
GILET GIALLI
Chi sono i gilet gialli in Francia?
Può sembrare strano, ma alla base della nascita dei gilet gialli c’è una signora dall’aria della classica vicina della porta accanto. Si chiama Jacline Mouraud e di professione dovrebbe fare la cantautrice da quanto si apprende.
A scatenare il tutto è stato un video di 5 minuti postato dalla Mouraud su Facebook dove la donna si scagliava contro Emmanuel Macron, reo di accanirsi contro gli automobilisti “tanto voi potenti che state nelle grandi città avete gli autisti”.
Nel mirino in particolare c’è l’aumento delle accise per la benzina, la decisione di abbassare il limite di velocità sulle strade statali da 90 a 80 chilometri orari, l’aumento dei pedaggi autostradali e l’incremento del numero dei radar per le multe.
Il video è diventato immediatamente virale con milioni di visualizzazioni, tanto che il 17 novembre 2018 dai social i gilet gialli sono passati alla prima manifestazione organizzata in contemporanea in 600 città francesi.
Da quel momento c’è stato un sempre maggiore aumento del numero dei protestanti (si parla di 250.000) ma anche una escalation degli scontri. Finora il tragico bollettino parla di 15 morti, oltre 3.000 feriti e circa 5.000 arresti. Sarebbero poi più di 1.000 i poliziotti rimasti feriti.
Inizialmente quindi la protesta è nata in maniera spontanea sul web, unendo i tanti automobilisti inferociti per le decisioni del governo Macron. Dal punto di vista politico, le motivazioni dei gilet gialli hanno subito trovato l’appoggio di Marine Le Pen e Jean-Luc Mélenchon, leader in Francia rispettivamente del principale partito di destra e di sinistra.
All’interno di questo movimento si sarebbero inseriti quindi gruppi di estrema destra e di estrema sinistra, che si sono uniti alla protesta degli automobilisti per le decisioni prese dal governo Macron.
In tutto questo si sono uniti adesso anche gli studenti, con centinaia di scuole e atenei in tutta la Francia che sono state occupati. Anche qui non sono mancati momenti di tensione con la polizia.
A prendere parte alle manifestazioni c’è quindi un universo più che variegato: gruppi estremisti politici, studenti, anarchici, movimenti, disoccupati e anche tante donne.
Difficile dare di conseguenza una connotazione politica alla protesta ma, alle ultime elezioni europee, si è presentata la lista Alliance Jaune che però non è andata oltre un deludente 0,6%.
Cosa vogliono?
Come abbiamo visto tutto è nato dai social per protestare contro il pacchetto di misure deciso da Emmanuel Macron. “Preferisco aumentare le tasse sul carburante che quelle sul lavoro” è stata la presa di posizione del presidente.
L’obiettivo del governo francese è quello di favorire l’uso di veicoli più eco-compatibili per una visione più ecologica del futuro. “Le persone che si lamentano dell’aumento dei prezzi del carburante sono le stesse che si lamentano dell’inquinamento” ha affermato poi sempre Macron.
Secondo i gilet gialli invece queste misure (ora sospese) avrebbero colpito solo gli automobilisti specie quelli dei centri più piccoli e rurali, chiedendo un passo indietro da parte del governo. Uno scontro quindi che sarebbe anche in qualche modo sociale, partendo proprio dalle campagne e dai piccoli centri.
Se da un lato quindi Emmanuel Macron diceva che le scelte prese erano necessarie per cercare di contenere e abbassare l’inquinamento, da un lato c’era chi rimproverava al leader di En Marche! di non aver messo sul piatto anche misure alternative per chi non può fare a meno dell’auto per muoversi.
Dal caro benzina però la protesta sta diventando sempre più uno scontro sociale, poveri contro ricchi, assumendo anche contorni politici con una ostilità di fondo verso l’attuale governo francese.
Ecco l’elenco dei punti richiesti dai gilet gialli al governo pubblicato dall’edizione francese dell’Huffington Post.
- Eliminazione del crescente fenomeno dei senzatetto con una lotta senza quartiere alla povertà.
- Più progressività nelle imposte sul reddito, vale a dire più scaglioni.
- SMIC (il salario minimo francese) a 1.300 euro netti.
- Promuovere le piccole imprese nei villaggi e nei centri urbani. Fermare la costruzione di grandi aree commerciali intorno alle principali città che uccidono le piccole imprese. Più parcheggi gratuiti nei centri urbani.
- Ampio piano di isolamento termico delle abitazioni per promuovere interventi ecologici facendo al contempo risparmiare le famiglie.
- Tasse: che i grandi (MacDonald, Google, Amazon, Carrefour, ecc.) paghino TANTO e i piccoli (artigiani, piccole imprese) poco.
- Lo stesso sistema di sicurezza sociale per tutti (compresi gli artigiani e le partite IVA). Fine della RSI (piano sociale per i lavoratori indipendenti).
- Il sistema pensionistico deve rimanere solidale e quindi socializzato. Nessun pensionamento a punti (In Francia è stata introdotta una riforma del sistema pensionistico che prevede il calcolo in base a un sistema di punti. Ogni anno l’importo dei contributi versati in relazione ad uno stipendio o ad un reddito di riferimento viene convertito in punti, a seconda del valore di acquisto unitario del punto applicabile all’esercizio in questione).
- Fine dell’aumento delle tasse sul carburante.
- Nessuna pensione inferiore a 1.200 euro.
- Qualsiasi rappresentante eletto avrà diritto al salario medio. Le spese di trasporto saranno monitorate e rimborsate se giustificate. Diritto al buono per il ristorante e ai chèque-vacances (simili ai ticket usati da noi come retribuzioni.
- I salari di tutti i francesi, nonché delle pensioni e delle indennità devono essere indicizzati all’inflazione (tipo la nostra vecchia scala mobile).
- Proteggere l’industria francese: proibire le delocalizzazioni. Proteggere il nostro settore industriale vuol dire proteggere il nostro know-how e il nostro lavoro.
- Fine del lavoro distaccato. È anormale che una persona che lavora in territorio francese non benefici dello stesso stipendio e degli stessi diritti. Chiunque sia autorizzato a lavorare in territorio francese deve essere alla pari con un cittadino francese e il suo datore di lavoro deve contribuire allo stesso livello di un datore di lavoro francese.
- Per la sicurezza del lavoro: limitare ulteriormente il numero di contratti a tempo determinato per le grandi aziende. Vogliamo più CDI (contratti a tempo indeterminato).
- Fine del CICE (Credito d’imposta per la competitività e l’occupazione). Usare questi soldi per il lancio di un’industria automobilistica francese a idrogeno (che è veramente rispettosa dell’ambiente, a differenza della macchina elettrica).
- Fine della politica di austerità. Smettiamo di rimborsare gli interessi sul debito dichiarati illegittimi e iniziamo a rimborsare il debito senza prendere i soldi dai poveri e dai meno poveri, ma perseguendo gli $80 miliardi di evasione fiscale.
- Affrontare le cause della migrazione forzata.
- I richiedenti asilo siano trattati bene. Dobbiamo loro alloggio, sicurezza, cibo e istruzione per i minori. Collaborare con l’ONU affinché i campi di accoglienza siano aperti in molti Paesi del mondo, in attesa dell’esito della domanda di asilo.
- Che i richiedenti asilo respinti siano rinviati al loro Paese di origine.
- Che sia implementata una vera politica di integrazione. Vivere in Francia significa diventare francese (corso di francese, corso di storia francese e corso di educazione civica con certificazione alla fine del corso).
- Salario massimo fissato a 15.000 euro.
- Creare lavoro per i disoccupati.
- Aumento dei fondi per i disabili.
- Limitazione degli affitti. Alloggi in affitto a costi più moderati (soprattutto per studenti e lavoratori precari).
- Divieto di vendere le proprietà appartenenti alla Francia (dighe, aeroporti, ecc.)
- Mezzi adeguati concessi al sistema giudiziario, alla polizia, alla gendarmeria e all’esercito. Che gli straordinari delle forze dell’ordine siano pagati o recuperati.
- Tutto il denaro guadagnato dai pedaggi autostradali sarà utilizzato per la manutenzione di autostrade e strade in Francia e per la sicurezza stradale.
- Poiché il prezzo del gas e dell’elettricità è aumentato in seguito alle privatizzazioni, vogliamo che siano nuovamente nazionalizzati e che i prezzi scendano in modo significativo.
- Cessazione immediata della chiusura di piccole linee di trasporto, uffici postali, scuole e degli asili nido.
- Pensare al benessere dei nostri anziani. Divieto di fare soldi sugli anziani. L’era dell’oro grigio è finita. Inizia l’era del benessere grigio.
- Massimo 25 studenti per classe dalla scuola materna alla dodicesima classe.
- Risorse adeguate destinate alla psichiatria.
- Il referendum popolare deve entrare nella Costituzione. Creare un sito leggibile ed efficace, sotto la supervisione di un organismo di controllo indipendente in cui le persone possano presentare una proposta di legge. Se questo disegno di legge ottiene 700.000 firme, questo disegno di legge dovrà essere discusso, completato e modificato dall’Assemblea Nazionale, che avrà l’obbligo (un anno dopo il giorno in cui sono state ottenute le 700.000 firme) di inviarlo al voto di tutti i francesi.
- Ritorno a un termine di 7 anni per il Presidente della Repubblica. L’elezione dei deputati a due anni dall’elezione del Presidente della Repubblica ha permesso di inviare un
- segnale positivo o negativo al Presidente della Repubblica sulla sua politica. Ha aiutato a far sentire la voce della gente.
- Pensionamento a 60 anni e per tutti coloro che hanno lavorato usando il fisico (muratore o macellaio per esempio) diritto alla pensione a 55 anni.
- Un bambino di 6 anni non si mantiene solo, continuazione del sistema di aiuto PAJEMPLOI (servizio sociale dedicato all’infanzia attualmente valido fino ai 6 anni di età) fino a quando il bambino ha 10 anni.
- Promuovere il trasporto di merci su rotaia.
- Nessuna prelievo alla fonte.
- Fine delle indennità presidenziali per la vita.
- Vietare ai commercianti di pagare una tassa quando i loro clienti usano la carta di credito. Tassa sull’olio combustibile marino e sul cherosene.
Come si può vedere, si tratta di diverse tematiche che svariano dal lavoro fino alla scuola e all’ambiente. Non è un caso quindi che in molti pensavano ai gilet gialli già come un partito, idea poi rientrata dopo il flop alle europee.
Alla fine con un discorso in diretta TV alla nazione, Emmanuel Macron ha reso ulteriormente la mano ai gilet gialli, annunciando l’aumento di 100 euro dei salari minimi e la detassazione degli straordinari e dei premi.
Nonostante questa apertura da parte del governo, non si sono fermate le proteste con i manifestanti che ogni sabato da un anno a questa parte continuano a scendere in piazza in un clima ormai sempre più esasperato.
Gilet gialli anche in Italia
Dopo la nascita in Francia, il movimento dei gilet gialli è arrivato anche in Italia con tanto di pagina Facebook che al momento conta oltre 7.000 iscritti. Nemico numero uno è Autostrade, ma la protesta è rivolta anche alla direttiva Bolkestein.
“Oggi Champs Elysee, la prossimo a Roma - si legge sulla loro pagina Facebook - Facciamo partire la protesta dei gilet gialli in Italia. Non paghiamo più le autostrade se i pedaggi non scendono di prezzo e se a gestirle rimane Autostrade spa”.
Se però Oltralpe il movimento è in aperto contrasto con il governo Macron, in Italia invece il fondatore del coordinamento Giancarlo Nardozzi si dice essere apertamente vicino alla maggioranza Lega-Movimento 5 Stelle, specie a Matteo Salvini.
Nardozzi e Salvini
Si potrebbe dire che potremmo essere di fronte a una versione 2.0 del Movimento dei Forconi, che negli anni scorsi aveva attuato blocchi in tutto il paese per poi andare scemando con il tempo.
Intervistato da TPI, Nardozzi ha però affermato che il riferimento ai gilet gialli francesi sia soltanto per “ragioni mediatiche”, visto che non sarebbe il caro carburanti a essere nel mirino ma più che altro l’Europa, la direttiva Bolkestein e Autostrade soprattutto dopo quello accaduto a Genova.
I nostri gilet gialli quindi sarebbero un movimento filo-Lega, con proprio referente l’ex vicepremier Salvini che, in campagna elettorale, aveva promesso di cancellare le accise per la benzina cosa che poi non è avvenuta nella stesura della legge di Bilancio quando era al governo.
Più che per i diritti degli automobilisti da noi il coordinamento è più vicino alle ragioni degli ambulanti: in un paese come l’Italia dove il prezzo della benzina è più alto rispetto alla Francia, come spiegato da Nardozzi il riferimento ai gilet gialli è solamente perché Oltralpe la cosa “ha funzionato davvero bene”.
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