La lettera del nuovo Capo di Stato Maggiore britannico chiarisce le posizioni ideologiche di Londra su un possibile confronto con la Russia.
Sin dalla prima visita del ministro Boris Johnson al presidente Volodymyr Zelens’kyj, la posizione del Regno Unito nei confronti di Mosca e dell’invasione del territorio ucraino è stata netta e inequivocabile.
Lo schieramento britannico è forse l’espressione di dissenso verso la guerra russo-ucraina più evidente che possiamo osservare nel panorama europeo e, a conferma del totale sostegno che Londra intende offrire a livello materiale e ideologico a Kiev, c’è ora anche la lettera del Capo di Stato Maggiore della Gran Bretagna. Nonostante il generale Sir Patrick Sanders non si sia insediato al comando da molto, l’impronta che intende dare alla gestione organizzativa del proprio esercito è lapalissiana.
La missiva di cui tanto si discute è stata inoltrata alle truppe di «tutti i gradi e ai dipendenti pubblici» il 16 giugno e, grazie al lavoro della Bbc, il suo contenuto è attualmente di dominio pubblico. Nel testo ciò che salta subito all’occhio è una serie di espressioni perentorie, dirette a rimarcare la visione britannica del conflitto e la relativa interpretazione del futuro della guerra in Ucraina. Un futuro che, secondo questo approccio, è in poche parole costellato di sfide per la difesa europea e in cui anche lo scontro diretto è contemplato tra le possibilità più concrete.
Le parole del generale Sanders non possono quindi che stimolare la riflessione e soprattutto un grande interrogativo: quanto potrà perdurare un simile stato di tensione?
Come la pensa il generale Sanders
Il nuovo Capo di Stato Maggiore britannico nella sua lettera lancia un monito alle truppe: bisogna essere pronti ad affrontare la rinnovata minaccia della Russia dopo l’invasione dell’Ucraina. Attestando la gravità della situazione, Sanders osserva di essere il primo Capo di Stato Maggiore «dal 1941 ad assumere il comando dell’esercito all’ombra di una guerra terrestre in Europa che coinvolge una grande potenza continentale».
Questa posizione lo mette quindi nella condizione di avanzare una considerazione di peso sul proprio ruolo e su quello della classe dirigente, definendo questa generazione come quella che «deve preparare l’esercito a combattere ancora una volta in Europa».
Simili affermazioni non possono che scuotere l’opinione pubblica e aprire uno spiraglio di incertezza sulla stabilità della pace europea. A tal proposito Sanders risponde così:
«Il mondo è cambiato dal 24 febbraio e ora c’è l’imperativo categorico di forgiare un esercito in grado di combattere a fianco dei nostri alleati e di sconfiggere la Russia in battaglia».
L’obiettivo è quindi quello di «accelerare la mobilitazione e la modernizzazione dell’Esercito per rafforzare la Nato e negare alla Russia la possibilità di occupare altre zone d’Europa».
Ciò però non significa promuovere l’interventismo, quanto piuttosto prepararsi ragionevolmente al possibile scontro. Le parole del generale di fatto sono trasparenti a riguardo e rimarcano una convinzione piuttosto diffusa:
«Siamo entrati in una nuova era di insicurezza».
Riprendo ancora una volta le parole del generale Sanders, «è mio unico dovere rendere il nostro esercito il più letale ed efficace possibile. Il momento è adesso e l’opportunità è da cogliere». La strategia militare messa in campo dal Regno Unito non è perciò dissimile dalla prassi, c’è soltanto più tensione nell’aria, tensione che spinge chi di dovere a prepararsi a ogni eventualità.
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Le posizioni di Johnson
Se le dichiarazioni del Capo di Stato Maggiore, per quanto degne di nota, restano comunque equidistanti rispetto alle azioni materiali da intraprendere nel breve periodo, ben diverso è l’approccio di Boris Johnson.
Lanciando ancora una volta un chiaro segnale politico, il primo ministro, all’indomani della sua seconda visita a Kiev, ha asserito «sarebbe una catastrofe se Putin vincesse» e, nella stessa sede, ha poi rassicurato Zelensky sull’impegno materiale che il Regno Unito è pronto a offrire al territorio invaso. Johnson ha detto infatti di voler lanciare un’importante operazione per addestrare le forze armate ucraine, con una mobilitazione che potrà inquadrare fino a 120.000 soldati ogni 120 giorni per prepararli al combattimento contro le truppe di Putin.
Lo scopo di queste affermazioni è esplicitato dallo stesso ministro:
«Dobbiamo chiarire che stiamo sostenendo gli ucraini nelle loro ambizioni di espellere i russi, espellere gli eserciti di Putin, da tutto ciò che ha ottenuto dal 24 febbraio, e assicurarci che gli ucraini non siano incoraggiati a cercare cattiva pace, qualcosa che semplicemente non durerebbe».
È con queste intenzioni che Boris Johnson intende esortare i leader mondiali. I suoi discorsi rivolti alla comunità internazionale hanno quindi l’obiettivo di mobilitare gli Stati a usare il proprio potere per espellere gli eserciti invasori di Mosca. Quest’escalation nell’attitudine britannica è giustificata secondo Johnson dal «vitale» fattore tempo. Sul Sunday Times il primo ministro ha dichiarato:
«Tutto dipenderà dal fatto che l’Ucraina possa rafforzare la sua capacità di difendere il suo suolo più velocemente di quanto la Russia possa rinnovare la sua capacità di attacco. Il nostro compito è guadagnare tempo dalla parte dell’Ucraina».
Con discorsi dalle tinte reazionarie, in realtà il leader dei conservatori potrebbe star sfruttando il gioco delle apparenze che, a fronte di una comunicazione aggressiva, sia in grado di oscurare temi cocenti strettamente legati alla vita dei cittadini quali l’inflazione in aumento coi prezzi dei carburanti alle stelle e i dubbi residui sugli accordi di Brexit.
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