Solo la privacy? No, dietro la mossa di Apple di «svelare» gli spioni c’è una visione diversa del proprio business. E una guerra intestina tra le Big Tech
Mai come nell’era delle Big Tech, la battaglia tra i colossi del digitale si basa sui nostri dati, su cosa facciamo quando abbiamo con noi un dispositivo connesso, sui nostri interessi e sui come interagiamo con amici e brand. Alla profilazione non si sfugge, ma gli utenti diventano sempre più consapevoli.
Ben lo sa Apple che prova a bruciare sul tempo gli altri nella corsa a chi dà più garanzie sulla sicurezza dei dati. Se qualche anno fa la Mela puntava tutto sull’“immunità ai virus” dei propri dispositivi, ora assicura ai propri utenti di segnalare tutti gli “spioni” attraverso etichette e avvisi in cui rivela cosa le app sanno di noi.
Una mossa che certo non piace a Mark Zuckerberg e che rappresenta solo l’ultima puntata di una guerra che va avanti da tempo.
A dicembre il fondatore di Facebook aveva persino acquistato una paginata su tre dei più importanti quotidiani americani contro questa battaglia per la trasparenza, asserendo che avrebbe danneggiato i più piccoli, scoraggiati ad investire in pubblicità sui social.
Come racconta ilGiornale.it, dietro c’è in realtà una visione diversa: se Apple vuole utenti disposti a pagare per lo status symbol e per sentirsi “coccolati” da un’azienda che promette il miglior servizio sul mercato, Facebook (e le altre app dell’impero Zuckerberg) si basa su un modello di business gratuito per tutti meno che per gli sponsor paganti.
Un sistema che si regge – appunto – solo profilando il più possibile i propri iscritti, dal momento che le aziende vogliono una pubblicità mirata che possa raggiungere solo chi è davvero interessato a un determinato prodotto.
Diverse volte in passato Zuckerberg e Cook si sono punzecchiati. E la guerra è solo all’inizio.
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