La Russia è in difficoltà e ora anche la Corea del Nord ha ripreso le provocazioni: una guerra nucleare provocherebbe milioni di morti in pochi minuti, ma la diplomazia cosa fa?
Ultimamente quando si parla di guerra nucleare il rischio è quello di diventare ripetitivi e ridondanti, per non parlare poi della possibilità di scadere nell’allarmismo e nel sensazionalismo. Dallo scorso 24 febbraio però tutto è cambiato e gli ultimi avvenimenti non hanno fatto altro che peggiorare la situazione.
Detto questo bisogna aver ben chiara una cosa: stando a uno studio dell’Università di Princeton, lo scoppio di una guerra nucleare tra Stati Uniti e Russia nella peggiore delle ipotesi andrebbe a provocare 85,3 milioni di morti in poche ore, mentre i decessi sarebbero 34,1 milioni in caso di reciproci attacchi più contenuti.
Una stima questa che non tiene conto dei feriti e dei morti causati dalle radiazioni conseguenti a una serie di attacchi nucleari: in sostanza si andrebbe incontro alla probabile fine del genere umano.
Naturalmente si tratta di uno scenario al limite visto che difficilmente un leader si potrebbe prendere la responsibilità di trascinare non solo il proprio Paese, ma il mondo intero, verso il baratro di una guerra nucleare.
Di recente però molto si è parlato del possibile utilizzo da parte della Russia delle armi tattiche nucleari, con le ultime notizie che arrivano dall’Ucraina che non sembrerebbero essere molto rassicurati a riguardo.
Stando infatti a una indiscrezione del Times, Vladimir Putin avrebbe dato il suo consenso a un test nucleare vicino al confine con l’Ucraina, un modo questo per dimostrare all’Occidente come quella russa non sarebbe solo una retorica atomica.
La Russia e la guerra nucleare
In merito a una guerra nucleare a spaventare di recente non sono tanto le minacce di Medvedev e compagni, ma le difficoltà che la Russia sta vivendo sia sul campo di battaglia sia dentro i propri confini.
La notizia che l’esercito Ucraino, dopo aver conquistato diversi territori, ora avrebbe sfondato le linee di difese russe a Kherson, è l’emblema di come il vento di questa guerra potrebbe essere cambiato.
Il condizionale però è sempre d’obbligo visto che, non bisogna scordare, come Vladimir Putin ancora non abbia usato le armi più distruttive e letali a sua disposizione, armi nucleari tattiche e strategiche comprese.
In più la chiamata alle armi di 300.000 riservisti sta creando non poche tensioni interne, senza contare le critiche dei “falchi” che albergano al Cremlino nei confronti dei generali e le voci anche di possibili golpe. Il sentore è che in questo momento in Russia a regnare sia un sostanziale caos.
Ecco perché il pericolo di una guerra nucleare ora è tristemente più concreto che mai: spinto dalle frange più estremiste del proprio esercito, se le truppe ucraine dovessero continuare ad avanzare Putin potrebbe avallare l’utilizzo delle armi nucleari tattiche che, sebbene abbiano una potenza limitata alla distruzione di una colonna di tank o di un centro di comando, segnerebbero il superamento di quella linea atomica che finora è stata fondamentale per evitare un conflitto diretto con gli Stati Uniti.
L’ora della diplomazia
Oltre alla guerra in Ucraina non mancano altri fronti di grande tensione internazionale: il Mediterraneo ribolle tra la Libia e i litigi tra Turchia e Grecia, i Balcani sono la solita polveriera, la questione Taiwan è sempre aperta e il conflitto tra Armenia e Azerbaigian ha ripreso vigore.
Come se non bastasse, la Corea del Nord ha appena lanciato un missile balistico che ha sorvolato il Giappone, come risposta a delle esercitazioni compiute dalla marina di Tokyo insieme a quella americana e sudcoreana. Kim Jong-un inoltre sarebbe pronto a compiere un altro test nucleare.
Per prevenire una escalation che potrebbe portare a una terza guerra mondiale, questo è il momento in cui deve tornare a far sentire la propria voce la diplomazia visto che, negli ultimi mesi, a parlare sono state solo le armi.
Con la Russia in difficoltà sul campo, Vladimir Putin potrebbe essere più propenso a cercare un accordo per un cessate il fuoco ma, inevitabilmente, l’Ucraina dovrebbe fare qualche concessione a Mosca, vedi la Crimea e parte del Donbass
Una ipotesi questa che però non sembrerebbe piacere a Volodymyr Zelensky che, da tempo, ripete come l’obiettivo di Kiev sia quello di riconquistare tutti i territori persi compresi quelli in mano dei filorussi dal 2014.
Se si vuole evitare una guerra nucleare però un accordo deve essere trovato, ma se Unione europea, Cina e Stati Uniti non inizieranno a fare pressioni per il cessate il fuoco, difficilmente Zelensky e Putin potranno smussare le proprie posizioni.
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