Hong Kong si infiamma: la situazione spiegata in 3 punti

Violetta Silvestri

30/05/2020

Hong Kong torna protagonista della scena internazionale con storie di rivolte in strada, e scontri con la polizia. Le novità annunciate dalla Cina, che mira al controllo del Paese da tempo, hanno riattivato proteste sopite solo dal coronavirus

Hong Kong si infiamma: la situazione spiegata in 3 punti

Hong Kong è di nuovo travolta dalle proteste furiose contro la Cina.

Nelle prime indignate manifestazioni di domenica 24 maggio la polizia ha sparato gas lacrimogeni alla folla dopo che migliaia di persone sono scese in piazza per protestare contro la la legge sulla sicurezza approvata dal Congresso cinese.

Sono già centinaia le persone arrestate. Dopo la tregua forzata dall’irruzione della pandemia, gli attivisti in difesa dell’autonomia e dei diritti di Hong Kong sono tornati a farsi sentire. Con lo slogan “Niente rivoltosi, solo tirannia”, si stanno indirizzando in modo severo contro la Cina.

Cosa sta succedendo? La situazione di Hong Kong potrebbe esplodere nella violenza, come già avvenuto nello scorso autunno.

Hong Kong: i 3 punti chiave della protesta

Indipendenza di Hong Kong, rivoluzione, un “Paese due sistemi”, democrazia, diritti: queste le parole chiave dei manifestanti che sono scesi in strada per protestare contro le mire di controllo e ingerenza sempre più evidenti da parte di Pechino.

La tensione è nuovamente molto alta in questa parte del mondo dove sono in ballo gli egemonici interessi cinesi nell’infinita lotta di potere e supremazia.

Per capire cosa sta succedendo, occorre focalizzarsi su almeno 3 punti: le avanzate pretese della Cina; le richieste di Hong Kong; lo scenario internazionale, con un uno sguardo particolare sui rapporti Washington-Pechino.

1. Come la Cina vuole controllare Hong Kong

Nel pieno di una crisi economica da pandemia che ha colpito anche il gigante asiatico cinese, Pechino non indietreggia nei suoi obiettivi di controllo strategico di alcuni territori cruciali. Quali, appunto, Hong Kong, ormai nel mirino della strategia di potere del dragone.

Durante il Congresso Nazionale del Popolo inaugurato il 22 maggio, quindi, la Cina ha lanciato ed approvato giovedì 28 maggio la proposta dilegge sulla sicurezza nazionale di Hong Kong.

I dettagli saranno ora al vaglio del Comitato Permanente prima di diventare operativa.

Di cosa si tratta? In pratica tale provvedimento studiato a Pechino vuole vietare movimenti secessionisti, azioni sovversive contro il Governo centrale e introdurre il pugno duro contro le ingerenze (considerate inaccettabili interferenze) straniere e il terrorismo sulla regione sotto amministrazione speciale.

Non solo, la legge consentirebbe alla Cina di istituire agenzie di intelligence proprie a Hong Kong.

Inoltre, l’intenzione di Pechino è di introdurre la seguente legge sulla sicurezza nazionale dell’isola in un allegato della Basic Law, ovvero di una sorta di Costituzione di fatto per Hong Kong. In questo modo, il nuovo provvedimento sarebbe subito applicato sul territorio, senza dover passare attraverso il Consiglio Legislativo di Hong Kong.

Il piano cinese è abbastanza chiaro: superare in modo graduale ma incisivo il meccanismo finora in vigore di un Paese, due sistemi e accelerare un inglobamento del territorio sotto il proprio dominio.

A livello politico, ma anche economico e tecnologico, il controllo di Hong Kong rientra pienamente nelle mire egemoniche della potenza asiatica.

2. I manifestanti e l’indipendenza da Pechino

L’annuncio della nuova legge di sicurezza da parte della Cina ha riacceso animi già da tempo indignati contro la politica di Pechino. Le proteste di piazza erano state violente nello scorso novembre, sempre contro l’ingerenza cinese tollerata dalla governatrice Carrie Lam.

Ora, i cittadini di Hong Kong sono nuovamente scesi in strada determinati a difendere l’indipendenza e i diritti qui riconosciuti contro il tentativo di invasione della Cina.

Nello specifico, contestano la legge di sicurezza nazionale, palese tentativo di soffocare le libertà e la vita democratica di Hong Kong e protestano anche la complicità della governatrice con le richieste di Pechino.

Le manifestazioni si appellano anche contro la legge proposta dalla Lam che vorrebbe punire con 3 anni di prigione ogni tipo di abuso dell’inno nazionale cinese. Una provocazione intollerabile, secondo i cittadini.

In generale, le proteste sono rivolte alla difesa del sistema vigente. Il timore degli abitanti è che l’accordo del 1997, nel quale si prometteva 50 anni di semi-autonomia ininterrotta per Hong Kong secondo il principio “un Paese due sistemi” e in scadenza nel 2047, voglia essere cancellato molto prima da Pechino.

3. Cina, Stati Uniti e il fattore Hong Kong

La questione Hong Kong sta assumendo un significato di portata internazionale. Soprattutto per quanto riguarda i già tesissimi rapporti tra Cina e Stati Uniti.

Le vicende dell’ex colonia britannica, infatti, rischiano di avere un ruolo nell’eterna lotta di potere tra Washington e Pechino, che si è duramente inasprita a causa delle accuse di Trump alla Cina per aver mentito sul coronavirus. In questo scenario è tornato anche lo spettro della guerra commerciale.

Donald Trump ha annunciato che ci saranno sanzioni contro Pechino e che lo status speciale di cui gode Hong Kong per la legge statunitense è seriamente in pericolo.

La Cina respinge categoricamente ogni interferenza esterna a queste vicende, mostrando molta irritazione e non escludendo ritorsioni.

Il campo di battaglia di Hong Kong, quindi, potrebbe lasciare spazio a diversi protagonisti. Agli Stati Uniti sicuramente, già intervenuti nella vicenda Taiwan e pronti ad attaccare la Cina sulle violazioni dei diritti.

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