Il dipendente che si è dimesso può essere riassunto?

Claudio Garau

19/10/2022

Il tuo ex datore di lavoro o azienda può decidere di riassumerti se hai deciso di dimetterti, oppure vi sono limiti a riguardo? Ecco cosa dice la legge in proposito.

Il dipendente che si è dimesso può essere riassunto?

Le dimissioni volontarie costituiscono uno dei diritti a favore del lavoratore subordinato: grazie ad esse è infatti possibile lasciare il posto di lavoro per propria autonoma scelta - a differenza del licenziamento in cui è il datore a interrompere i rapporti di lavoro in essere.

Chiaro che, prima di dare le dimissioni, un dipendente dovrà ben conoscere le varie regole in materia e le norme che le regolano, le modalità per comunicarle nel modo giusto e, in particolare, il preavviso necessario. Proprio quest’ultimo infatti individuerà l’ultimo giorno di lavoro: di riferimento sarà il Ccnl di categoria, ovvero quello valevole per il proprio rapporto di lavoro.

Tieni altresì conto del fatto che da alcuni anni le dimissioni sono telematiche (salvo alcune esclusioni come i lavoratori domestici), ovvero formalizzabili soltanto seguendo una procedura ad hoc sul sito del Ministero del Lavoro. Esse sono state introdotte per una necessità generale di semplificazione burocratica, ma soprattutto per far fronte al fenomeno delle dimissioni in bianco, vale a dire un abuso del datore di lavoro che in passato penalizzava soprattutto le donne lavoratrici.

Ma un quesito che non pochi lavoratori e lavoratrici alle dipendenze potrebbero porsi è il seguente: nel caso in cui il dipendente che abbia scelto la via delle dimissioni, cambi idea, può essere riassunto dal datore di lavoro? Ci sono insomma margini per tornare indietro sui propri passi oppure no? Vediamolo assieme nel corso di questo articolo.

La scelta delle dimissioni, ragioni e modalità: il contesto di riferimento

Possono essere davvero tante le motivazioni che spingono un lavoratore a volersi dimettere. Pensiamo ad es. a sopraggiunti problemi familiari, oppure a motivi di salute personali, ma pensiamo anche al caso di chi abbia ricevuto un’offerta di lavoro così interessante da non poter essere rifiutata o a chi intende trasferirsi all’estero. Peculiarità delle dimissioni volontarie è che la scelta di darle non deve essere motivata al datore di lavoro, a differenza del licenziamento deciso da quest’ultimo.

Le dimissioni dovranno essere gestite in maniera professionale dal dipendente, sia per non incappare in eventuali sanzioni per non aver rispettato le procedure previste, sia per non creare problemi all’azienda che si intende lasciare. Perciò la prima cosa da fare è controllare quali sono i tempi di preavviso di cui al proprio contratto, e di seguito organizzare un incontro col proprio responsabile per annunciargli la decisione.

Tieni conto che le regole di legge in tema di dimissioni sono assai utili, perché danno garanzie:

  • al lavoratore, permettendogli di usufruire di una procedura certa di abbandono del proprio lavoro, garantita e tutelata da norme scritte e non soggetta alle richieste o alle rimostranze dell’azienda o datore di lavoro;
  • al datore di lavoro, perché in virtù dei tempi di preavviso in gioco, detta procedura non impedisce di avere una transizione graduale da un dipendente all’altro. Per questo l’azienda sarà tutelata, potendo procedere con la sostituzione del lavoratore con una certa calma.

Non dimenticare che inoltre che, in ipotesi di mancato preavviso da parte del lavoratore subordinato, scatta la cosiddetta “indennità di mancato preavviso” o “indennità sostitutiva del preavviso“. Essa è pagata con trattenuta sulle somme che l’azienda dovrebbe pagare all’atto della cessazione del rapporto (eventuale ultima mensilità e/o TFR). In altre parole, detta indennità può essere intesa come un ammontare corrispondente alla retribuzione, che sarebbe stata versata in ipotesi di continuazione della prestazione lavorativa.

Il datore di lavoro può riassumere il lavoratore che si è dimesso?

Veniamo alla questione esposta in apertura. Anzitutto chiariamo che, in base alle regole del Jobs Act, il lavoratore dipendente del settore privato può revocare le dimissioni o la risoluzione consensuale entro 7 giorni successivi alla comunicazione. In altre parole, chi presenta le dimissioni online ha 7 giorni di tempo, a cominciare dalla data di inoltro, per effettuare la revoca.

Non solo. Se hai dato le dimissioni ma, nel corso del tempo, hai cambiato idea e ti sei pentito, perché ad esempio il posto di lavoro che ti avevano offerto non si è rivelato all’altezza delle tue aspettative, sappi che il tuo ex datore di lavoro può riassumerti. In particolare, sia che il rapporto precedente sia terminato per dimissioni, che per licenziamento o risoluzione consensuale, la tua vecchia azienda - se lo ritiene opportuno - è libera di richiamarti a lavorare con le stesse mansioni.

Tuttavia la riassunzione non può mai comportare l’inquadramento in un livello inferiore rispetto a quello maturato in precedenza, perché il tuo ex datore sa bene che hai già l’esperienza necessaria. Può, se mai, inquadrarti in un livello superiore, tenuto anche conto degli ulteriori ed eventuali rapporti di lavoro intercorsi nel frattempo, che possono avere rafforzato le tue competenze e il tuo CV o di ulteriori titoli di studio eventualmente conseguiti.

Se vieni riassunto dal tuo ex datore di lavoro e questi ti riassume con le identiche mansioni che avevi nel precedente contratto, ricorda inoltre che non può obbligarti a rifare il periodo di prova. Se intende farlo, tu potrai debitamente contestare la sua decisione. Anzi sul tema vi è una vasta giurisprudenza, la quale afferma che imporre al lavoratore di rifare il periodo di prova - se si tratta di riassunzione per le stesse mansioni - è illegittimo, perché la valutazione (positiva) è già stata effettuata. Invece nel caso in cui il lavoratore venga riassunto, ma per andare a svolgere compiti differenti e per i quali le sue capacità non sono ancora state verificate, non c’è alcun divieto di fare un nuovo periodo di prova. Perciò potresti essere tenuto a farne uno per la seconda volta.

Anche nel pubblico impiego, il relativo Testo unico non impedisce all’ex dipendente di chiedere la riassunzione, ma l’accettazione della domanda è subordinata a un giudizio della PA, tenuta a verificare se ancora vi sono i presupposti e ci sono posti vacanti entro cui inserire nuovamente l’ex dipendente pubblico.

Che succede nel caso in cui il lavoratore non abbia perfezionato le dimissioni e vi sia ripensamento?

Sopra abbiamo ricordato che oggi per dare le dimissioni bisogna svolgere una procedura online, che prende il nome di dimissioni telematiche. Ebbene, che succede nel caso in cui il dipendente cambi idea, prima di aver ultimato tutta la procedura online? Può ritornare comunque in azienda? La risposta da dare è certamente positiva, ma attenzione: in questi casi il datore di lavoro avrebbe tutto il diritto di contestargli l’eventuale assenza ingiustificata dal lavoro che, nelle ipotesi più gravi, potrebbe costituire di per sé un valido motivo di licenziamento.

In termini pratici, tanto più il ripensamento si compie in tempi brevi, tanto maggiori saranno probabilità di essere riammessi senza ripercussioni.

Dimissioni per giusta causa e possibilità di nuova assunzione

Attenzione anche al caso delle dimissioni per giusta causa, perché esse infatti rappresentano un caso specifico di dimissioni del lavoratore subordinato. Questi può recedere dal contratto in tronco, ovvero può interrompere immediatamente il proprio rapporto di lavoro, senza alcun obbligo di dare un preavviso al l’azienda o datore di lavoro. Ciò avviene nel caso in cui vi siano motivi gravi alla base della scelta di chiudere il rapporto di lavoro, come il mancato pagamento dello stipendio o dei contributi, le molestie o il mobbing.

Nel caso di dimissioni per giusta causa, il lavoratore oltre a non aver alcun obbligo di versare la sopra citata indennità di mancato preavviso ha diritto a percepirla egli stesso, e ad avvalersi dell’indennità di disoccupazione (la cosiddetta Naspi) se ve ne sono i presupposti. Considerando che in casi come questi il lavoratore ha tutto l’interesse ad abbandonare quanto prima il luogo di lavoro, per una rottura insanabile del rapporto di fiducia con il datore - la quale peraltro non di rado ha strascichi giudiziari non di poco conto - parlare di una possibile riassunzione appare di certo un’ipotesi poco verosimile.

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