Gli investimenti in innovazione, dopo un calo nel 2022, sono tornati a mostrare anche in Italia segnali positivi ma dovrebbero essere supportati da una revisione della regolamentazione.
Francesco Cerruti è direttore generale di Italian Tech Alliance, l’associazione che raggruppa i principali operatori del venture capital italiano, includendo sia i principali investitori sia le startup maggiormente validate dal mercato. Lo abbiamo raggiunto durante la 0100 Conference Mediterranean che si è tenuta a Roma nelle scorse settimane.
I principali obiettivi di Italian Tech Alliance sono il miglioramento delle norme che regolano l’operatività degli attori del settore e l’allargamento della platea degli investitori.
In Italia i volumi investiti in startup e imprese innovative sono infatti inferiori rispetto a quanto avviene in altri Paesi della zona Euro, soprattutto per la carenza di alcune classi di investitori, come fondi previdenziali, casse assicurative e grandi corporate, che altrove investono invece in modo massiccio.
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Qual è lo stato degli investimenti in innovazione in Italia dopo il boom 2021 e 2022?
Gli ultimi anni hanno fatto da cornice a una crescita, sia in termini di attenzione che di investimenti, ma dopo il grande boom del 2021 e del 2022 c’è stata una fase di calo che si è protratta fino ai primi mesi del 2023. Il mercato sta però ripartendo e nel terzo trimestre di quest’anno gli investimenti in venture capital in Italia hanno raggiunto i 302 milioni di euro. In Italia stiamo assistendo ad una situazione del tutto speculare - sebbene con qualche mese di ritardo - rispetto a quanto è avvenuto negli altri Paesi europei dove si è avuto un picco nel 2020 e 2021 con un grande calo l’anno seguente e una successiva ripartenza nel 2023.
Segnali decisamente positivi ci arrivano anche dall’interesse sempre maggiore da parte degli investitori internazionali che hanno pesato per il 30% circa degli investimenti raccolti e che iniziano a guardare con interesse al mercato italiano per un motivo molto semplice: essendo meno sviluppato ha un margine di crescita molto maggiore. A parità di potenziale, in Italia ci sono meno competitor e più spazi per esplorare le tante possibilità che offre un mercato ancora periferico.
La Legge Centemero per la promozione e lo sviluppo delle start up è arrivata dopo un calo della maggior parte degli indicatori economici e statistici: riuscirà nell’intento di creare condizioni ancora più favorevoli per l’investimento in startup?
La proposta dall’onorevole Centemero è sicuramente positiva perché punta a modernizzare la regolamentazione orientando il legislatore. Le norme attuali sono ormai obsolete e in alcuni casi non adatte a gestire la complessità del mercato, che è stato oggetto di una evoluzione positiva, sia per quanto concerne l’aumento degli investimenti, sia per il numero dei soggetti coinvolti.
Parallelamente alla proposta di Centemero, Italian Tech Alliance sta lavorando in maniera molto costruttiva e collaborativa con il Ministero delle Industrie e del Made in Italy per modernizzare il testo unico sulle startup: una regolamentazione del 2012 che deve essere necessariamente sottoposta ad un aggiornamento.
L’auspicio è che nei prossimi mesi si possa arrivare alla presentazione di un aggiornamento del testo unico, mediante un decreto all’interno del quale possano trovare piena cittadinanza le proposte di Centemero.
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Italian Tech Alliance ha sottoposto al Governo otto proposte di provvedimenti per sostenere l’ecosistema dell’innovazione italiano? Quali dovrebbero avere la priorità e perché?
Sicuramente è necessario rivedere la regolamentazione in materia di agevolazioni fiscali. Attualmente infatti un investitore privato che coninveste con CDP Venture Capital non può avere accesso alle agevolazioni in virtù di norme che fotografano una realtà ferma al 2012 e che non tiene conto della possibilità di interventi pubblico-privato e di conseguenza dell’evoluzione della nostra Cassa Depositi e Prestiti.
Bisogna poi riorganizzare il meccanismo del credito d’imposta in ricerca e sviluppo perché ad oggi non è accessibile per moltissime startup che non sono ancora nel mercato, risultando di fatto in gran parte non esigibile. È quindi importante prevedere delle eccezioni o comunque una regolamentazione particolare proprio per le startup.
Sarebbe inoltre importante un’attività a livello normativo per attrarre investitori istituzionali come casse previdenziali e fondi assicurativi che negli altri Paesi sono tra i protagonisti degli investimenti in innovazione e in Italia sono praticamente assenti.
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