Indennità di disagio nella busta paga: cos’è, quando spetta e perché

Claudio Garau

08/08/2022

Tra le varie indennità alle quali possono aver diritto i lavoratori subordinati vi è anche l’indennità di disagio. Quali sono caratteristiche, finalità e erogazione? Ecco gli aspetti chiave

Indennità di disagio nella busta paga: cos’è, quando spetta e perché

Se sei un lavoratore subordinato non devi dimenticare che la legge ti riserva vari diritti legati alla tua posizione di dipendente all’interno del luogo di lavoro. Pensiamo al diritto alle ferie o ai permessi, giusto per fare un rapido esempio classico. Ma tieni presente che le norme di legge non escludono affatto che tu possa incassare delle ’somme extra’, che vanno ad integrare il tuo stipendio.

Si tratta di quelle che sono chiamate ’indennità’, ovvero voci aggiuntive dettagliatamente indicate nei CCNL di riferimento. Di seguito intendiamo soffermarci in particolare su una di queste, vale a dire l’indennità di disagio - della quale forse hai già sentito parlare ma di cui potresti non sapere esattamente la finalità e i criteri per quantificarla.

Ebbene, proprio di questo parleremo nel corso di questo articolo, sgomberando il campo da possibili dubbi: che cos’è l’indennità di disagio e a cosa serve? Perché viene assegnata e come? Scopriamolo insieme per fare chiarezza sui tuoi diritti di lavoratore.

Che cos’è l’indennità di disagio in breve

Dare una definizione generale di questa indennità non è operazione così complicata: essa infatti altro non è che quella somma che viene versata dal datore di lavoro a favore del lavoratore, allo scopo di costituire una compensazione per la maggiore gravosità delle ore di lavoro straordinario. Così si è infatti espressa la Cassazione sull’argomento, ma vedremo tra poco che - in realtà - il concetto di ’gravosità’ ha contorni più ampi.

L’indennità in oggetto trova spazio e disciplina tipicamente nei contratti collettivi nazionali del comparto pubblico e, grazie ad essa, il lavoratore beneficia di una sorta di ’integrazione’ nella propria paga - legata alla maggior durata dell’impegno sul luogo di lavoro. Comprenderai dunque che si tratta di un’indennità avente un preciso senso logico e che limpidamente costituisce un’applicazione pratica dei tuoi diritti di lavoratore subordinato.

Tieni presente che anche per questa indennità, come per tutte le altre previste dalle norme in materia di rapporti di lavoro, il diritto a riceverle con lo stipendio, ma anche il suo ammontare, si collegano strettamente a ciò che dice in proposito il contratto collettivo applicato. E ovviamente anche il contratto di lavoro individuale può disciplinare in merito all’indennità di disagio.

In linea generale, non dobbiamo poi dimenticare che le indennità possono variare anche in base all’inquadramento e alla specifica mansione svolta da parte del lavoratore e all’attività lavorativa in concreto.

Distinguere l’indennità di disagio dalle altre indennità non è sempre facile: ecco perché

A questo punto ti ricordiamo un aspetto, che distingue questa indennità da tutte le altre che possono essere previste durante il rapporto di lavoro. L’indennità di disagio fa riferimento ad una nozione di disagio piuttosto ampia e generica, tuttavia possiamo affermare che - in linea generale - detta integrazione dello stipendio mira a compensare lo svolgimento di mansioni molto disagevoli o comunque assai scomode per il lavoratore che le svolge. Quindi non soltanto lo straordinario giustifica l’assegnazione di questa indennità.

Sono quei casi in cui il dipendente lavora in assenza di confort, ed anzi si trova a fronteggiare carichi di lavoro così consistenti, da non permettere l’autonoma gestione dei ritmi di lavoro. Pensiamo anche ai casi dell’ambiente di lavoro sfavorevole, ovvero alle attività di lavoro svolte all’esterno - e con esposizione del lavoratore alle intemperie e a possibili condizioni meteo avverse.

Come detto, l’indennità di disagio trova spazio e regolazione tipicamente nei CCNL del pubblico impiego e costituisce una sorta di ’premio’ per il lavoratore che, ad esempio, deve sostenere giornalmente una elevata affluenza degli utenti o ha specifiche responsabilità collegate al rapporto con gli utenti.

Sul piano dei casi concreti, non sempre è semplice distinguere tra le situazioni che consentono di capire quando scatta l’indennità di disagio e situazioni che, invece, consentono l’assegnazione di diverse indennità quali ad es. quella di turno o quella di reperibilità. E il motivo di questa difficoltà di distinguere in quale ambito di indennità ci si trova è legato proprio alla genericità del concetto di ’disagio’. Ecco perché, onde avere le idee più chiare, il lavoratore interessato farà bene a fare diretto riferimento a quanto previsto sul punto nel CCNL di riferimento e nel contratto individuale di lavoro.

Chiaro poi che i concetti di rischio, turno, maneggio valori e così via sono strettamente codificati nella contrattazione di comparto, mentre non può dirsi la stessa cosa per l’indennità di disagio.

Quando il lavoratore beneficia dell’indennità di disagio? Due elementi per distinguerla

Abbiamo detto che l’indennità di disagio è tipica dei rapporti di pubblico impiego e dei dipendenti pubblici in generale. Per capire quando ricorre nel caso concreto, e dunque per renderti conto quando tu come lavoratore ne hai diritto, tieni presente i punti che seguono:

  • l’indennità di disagio interviene in senso ampio, per remunerare specifiche modalità e condizioni (sia di orario, sia di mansioni) della prestazione lavorativa;
  • le modalità delle prestazioni coperte dall’indennità sono da intendersi diverse da quelle degli altri lavoratori e non caratterizzano tipicamente le mansioni di un certo profilo professionale, tenuto conto del fatto che queste ultime sono già retribuite con lo stipendio di cui al contratto di lavoro.

In ogni caso, nell’individuazione delle tipologie di disagio sarà necessario fare riferimento alle mansioni che sono svolte in modo prevalente dal singolo dipendente, facendo una verifica rispetto alle condizioni di lavoro, nelle quali l’interessato possa venire a trovarsi nello svolgimento delle attività stesse. Ecco perché per capire di volta in volta se ricorre l’indennità di disagio, ogni caso concreto andrà considerato e valutato autonomamente.

Quantificazione dell’indennità di disagio: come avviene?

Veniamo adesso a come calcolare l’indennità di disagio, dato che tutti gli interessati vorranno certamente saperne di più anche su questo punto. Ebbene, fonte di riferimento è e resta la contrattazione collettiva, anche se è vero che rispetto a tutte le indennità disposte dai contratti collettivi, per il disagio vi è una marcata discrezionalità, sia in termini di casistiche che sul piano dei valori economici da erogare.

In linea generale, ricordiamo che il valore della indennità potrà essere differente in base al particolare tipo di disagio o alla posizione rivestita dai lavoratori interessati da questa integrazione dello stipendio.

Sul piano delle modalità di calcolo, dell’individuazione delle attività disagiate e della determinazione dell’ammontare della indennità è essenziale quanto dispone la contrattazione decentrata - ovvero una tipologia di contratto collettivo (di cui si trova traccia nella PA) che include regole in ambito indennitario e economico. Considera che proprio in quella sede occorre determinare:

  • la tipologia di disagio, con individuazione dei suoi elementi caratterizzanti;
  • la valutazione dell’intensità del disagio (cd. pesatura);
  • il conseguente importo dell’indennità di disagio (proporzionato rispetto alla valutazione).

Ovviamente, sempre in sede di contrattazione, sarà altresì necessario individuare i profili professionali che possono essere beneficiari dell’indennità di disagio, perché ovviamente non tutti i lavoratori di un determinato ufficio (pubblico) possono esserne, a priori, destinatari.

Concludendo, nel corso di questo articolo abbiamo visto che inquadrare l’indennità di disagio è un’operazione che va, di volta in volta, ’soppesata’ in base al caso concreto e alle mansioni svolte da ciascun singolo lavoratore. Lo ribadiamo per chiarezza: le difficoltà di inquadramento dell’indennità di disagio stanno in particolare nel fatto che la contrattazione decentrata deve (o dovrebbe) arrivare a definire puntualmente le concrete fattispecie che, in rapporto alla realtà del singolo ente, possono dare luogo a prestazioni disagiate e dunque remunerate con un importo ’extra’.

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