Chi paga l’infortunio sul lavoro e, soprattutto, come viene pagato all’infortunato? Ecco quanto spetta e quando arrivano solitamente gli indennizzi.
L’infortunio sul lavoro rappresenta uno dei temi più rilevanti e delicati nel mondo professionale, in quanto riguarda la sicurezza e la tutela dei lavoratori. Una delle prime domande che si pone chi è vittima di un infortunio sul lavoro riguarda il pagamento dell’indennizzo. Ci si chiede, ad esempio, quanto viene pagato l’infortunio sul lavoro e come, ma c’è curiosità anche sul quando viene accreditato.
In Italia, il sistema normativo tutela il lavoratore attraverso una serie di leggi e strumenti volti a garantire un adeguato risarcimento e la copertura delle spese mediche e retributive. Ci sono delle regole da rispettare e delle tempistiche di norma: ecco come avviene il pagamento e quanto spetta allo stipendio del lavoratore infortunato.
Chi paga l’infortunio sul lavoro?
Come noto, l’ordinamento italiano riconosce ai lavoratori dipendenti, parasubordinati e - ma solo in alcuni casi - autonomi, una tutela per gli infortuni avvenuti sul posto di lavoro o nel tragitto casa-lavoro, come pure qualora dovesse insorgere una malattia professionale.
Quando si parla di infortunio sul lavoro, la domanda che sorge spontanea è: chi si fa carico delle spese legate all’evento? In Italia, il sistema di assicurazione obbligatoria per gli infortuni sul lavoro è gestito principalmente dall’INAIL (Istituto Nazionale Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro). Tuttavia, è importante fare chiarezza su come viene ripartita la responsabilità economica tra datore di lavoro, lavoratore e Stato.
Ruolo del datore di lavoro
Il datore di lavoro ha l’obbligo di garantire la sicurezza sul posto di lavoro, in conformità con il Decreto Legislativo 81/2008, noto anche come “Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro”. Questo significa che deve adottare tutte le misure necessarie per prevenire incidenti e garantire un ambiente sicuro per i dipendenti. Tuttavia, quando si verifica un infortunio, il datore di lavoro non è direttamente responsabile per il risarcimento economico del danno subito dal lavoratore.
Il datore deve, infatti, essere regolarmente assicurato presso l’INAIL, e i premi assicurativi che versa coprono gli infortuni che possono verificarsi sul luogo di lavoro. Pertanto, nel caso di un incidente, è l’INAIL a intervenire per coprire le spese mediche e fornire indennità al lavoratore infortunato.
L’INAIL: il principale soggetto pagatore
L’INAIL è l’ente che si occupa di tutelare il lavoratore infortunato, offrendo copertura finanziaria per gli infortuni avvenuti sul luogo di lavoro o durante lo svolgimento di attività lavorative. L’ente assume il compito di pagare le spese mediche, di offrire una forma di indennizzo per il mancato guadagno e, in caso di gravi conseguenze, di corrispondere una rendita a lungo termine o una pensione di invalidità.
Nel dettaglio, l’INAIL copre sia gli infortuni che si verificano durante lo svolgimento delle attività lavorative che quelli che avvengono durante il tragitto casa-lavoro e viceversa (il cosiddetto “infortunio in itinere”).
Contributi e responsabilità del lavoratore
Anche il lavoratore contribuisce in misura minima al sistema di sicurezza. Infatti, parte della retribuzione viene trattenuta per coprire il premio assicurativo versato all’INAIL.
Tuttavia, è bene precisare che queste trattenute non riguardano direttamente il risarcimento per l’infortunio, ma fanno parte del normale regime contributivo che finanzia l’assicurazione pubblica.
Altri soggetti coinvolti
In alcune circostanze, oltre all’INAIL, potrebbero essere coinvolti altri enti assicurativi o istituti previdenziali privati, a seconda delle condizioni contrattuali specifiche del lavoratore.
Ad esempio, per alcune categorie di lavoratori (come i liberi professionisti), è previsto l’obbligo di sottoscrivere assicurazioni private o di categoria che potrebbero integrare il risarcimento offerto dall’INAIL.
Che cosa paga l’INAIL?
Una volta chiarito chi paga l’infortunio sul lavoro, è importante capire come avviene concretamente il pagamento delle spese legate all’incidente e al periodo di inattività forzata del lavoratore.
Le spese mediche derivanti da un infortunio sul lavoro sono integralmente a carico dell’INAIL.
Questo include il pagamento di tutte le prestazioni sanitarie necessarie per la cura dell’infortunio, come:
- interventi chirurgici;
- esami diagnostici;
- terapie riabilitative;
- fornitura di protesi e ausili.
Inoltre, l’INAIL si occupa della riabilitazione del lavoratore e del suo eventuale reinserimento nel mondo del lavoro, fornendo assistenza medica e, in alcuni casi, servizi di orientamento professionale per aiutare il lavoratore a ritrovare un’occupazione compatibile con le sue condizioni di salute.
Lo stipendio dell’infortunato: ecco quanto spetta
L’importo che spetta al lavoratore infortunato dipende da diversi fattori, tra cui la gravità dell’infortunio, la durata della convalescenza e l’entità delle conseguenze permanenti che l’incidente potrebbe aver causato.
Indennità temporanea
Qualora l’infortunio sul lavoro fosse causa di un’inabilità assoluta al lavoro temporanea, con il dipendente che dunque non può prestare l’attività lavorativa osservando un periodo di riposo per un certo numero di giorni (come da prognosi), l’Inail si fa carico di un’indennità sostitutiva dello stipendio, un po’ come fa l’INPS in caso di malattia.
Il pagamento di tale indennità decorre dal quarto giorno successivo alla data dell’infortunio, compresi i giorni eventualmente festivi. I primi tre giorni, chiamati periodo di carenza, sono a carico del datore di lavoro; la giornata in cui è avvenuto l’infortunio, invece, viene pagata al 100%, sempre dall’azienda.
Così come per l’indennità di malattia, anche l’indennità sostitutiva per infortunio sul lavoro ha un valore commisurato al periodo di assenza dal lavoro. Nel dettaglio:
- 1° giorno (in cui è avvenuto infortunio): indennizzo al 100% della retribuzione a carico del datore di lavoro;
- 2°, 3° e 4° giorno: indennizzo al 60% della retribuzione a carico del datore di lavoro;
- dal 5° e fino al 90° giorno di assenza da infortunio spetta un’indennità pari al 60% della retribuzione media giornaliera di cui si fa carico l’INAIL;
- dal 91° giorno, e fino a completa guarigione, spetta il 75% della retribuzione, con l’indennità a carico dell’Inail. Non c’è, dunque, un limite massimo, in quanto l’INAIL copre tutto il periodo in cui il lavoratore è infortunato.
Come noto, però, in queste situazioni bisogna guardare anche a quanto stabilito dal contratto di categoria, il quale potrebbe prevedere un trattamento di maggior favore (e mai di sfavore) per il dipendente. Ci sono, infatti, dei CCNL che stabiliscono che il datore di lavoro deve farsi carico di un’integrazione alla suddetta indennità, aumentandone dunque l’importo oltre la misura del 60%.
Quando viene pagato l’infortunio
Una volta verificata la regolarità dell’accaduto, l’INAIL eroga al lavoratore l’indennità prevista dal quarto giorno successivo all’infortunio, la quale può essere anticipata nella busta paga del lavoratore e rimborsata in seguito dall’INAIL al datore di lavoro.
Quindi, quando arriva l’indennizzo? Solitamente per il lavoratore non dovrebbero esserci ritardi nei pagamenti visto che per il periodo in cui questo è infortunato riceverà l’indennità direttamente in busta paga, in quanto è il datore di lavoro ad anticiparla per poi richiedere il rimborso all’INAIL.
Tuttavia, i tempi possono allungarsi in caso di prognosi maggiore di 20 giorni: in tal caso, infatti, è l’INAIL a farsi carico dei pagamenti dell’assegno, tramite una procedura di acconti e saldo (a completa guarigione). Come per la malattia professionale, gli esami diagnostici sono esenti dal ticket per tutta la durata della inabilità temporanea al lavoro.
Invalidità permanente
Diverso il caso in cui l’infortunio del lavoro dovesse essere causa di un danno biologico permanente.
In questo caso, a patto che il danno sia compreso tra il 6% e il 15% della validità psicofisica, l’Inail si fa carico di un indennizzo capitale per la menomazione subita, tenendo conto di quanto indicato nella tabella “indennizzo danno biologico in capitale” allegata al decreto ministeriale 45/2019.
Gli importi di tale tabella vengono rivisti ogni anno sulla base della rivalutazione. In questo caso l’indennizzo viene pagato in un’unica soluzione, con tempistiche più o meno variabili a seconda della pratica.
Quando invece il grado di menomazione dell’integrità psicofisica è compreso tra il 16% e il 100%, l’INAIL si fa carico di un indennizzo calcolato sulla base di:
- una quota che va a indennizzare il danno biologico secondo quanto indicato nella tabella indennizzo allegata al decreto del 12 luglio 2000;
- una seconda quota che invece tiene conto della menomazione sulla capacità dell’infortunato di produrre reddito con il lavoro, la quale viene calcolata tenendo conto di un coefficiente indicato nello stesso decreto ministeriale del 2000.
L’indennizzo in questo caso viene pagato in rendita (quindi un vitalizio con cadenza mensile), con decorrenza dal giorno successivo a quello della guarigione clinica.
Non spetta, invece, alcun indennizzo qualora il danno dovesse avere un grado di menomazione inferiore al 6%, la cosiddetta franchigia.
Cosa spetta in caso di morte del lavoratore
Qualora l’infortunio sul lavoro dovesse essere causa di morte del lavoratore, allora l’INAIL si farà carico di una rendita ai superstiti, ossia:
- coniuge o parte di unione civili;
- figli;
- in mancanza di questi, la rendita verrà riconosciuta a genitori, fratelli e sorelle.
Tale rendita è calcolata sulla base della retribuzione massima convenzionale del settore industria nella misura del:
- 50% per coniuge o parte unione civile;
- 20% a ciascun figlio;
- 40% a ciascun figlio orfano di entrambi i genitori, figlio naturale riconosciuto o riconoscibile, figlio di genitore divorziato;
- 20% a ciascun genitore naturale o adottivo e a ciascuno dei fratelli o sorelle.
In ogni caso, la somma non può superare il 100%; diversamente, si provvede a un ricalcolo proporzionale delle quote. In caso di morte da infortunio, inoltre, l’INPS riconosce ai superstiti anche un’anticipazione della rendita pari a tre mensilità della rendita annua calcolata sul minimale retributivo di legge.
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