Cosa si rischia ad abbonarsi a una IPTV? Come fanno le autorità a poterti scoprire? Tutto quello che c’è da sapere in merito all’utilizzo del cosiddetto “pezzotto”.
IPTV, come fanno a beccarti e cosa si rischia. Prima di parlare dell’autentico incubo dei vertici del pallone nostrano, la cosa migliore è quella di fornire un po’ di numeri in merito all’ormai celebre “pezzotto”.
Lo scorso giugno un’indagine sulla pirateria audiovisiva condotta da Ipsos per conto di FAPAV - Federazione per la Tutela delle Industrie dei Contenuti Audiovisivi e Multimediali - ha stimato che le IPTV illecite sono utilizzate da circa 11,8 milioni di italiani.
In sostanza stando all’indagine più di un adulto italiano su tre ha compiuto almeno un atto di pirateria nel 2023, vedendo in maniera illegale soprattutto film (76%), serie tv (58%), programmi televisivi (54%) e per ultimo eventi sportivi (38%).
Può sembrare strano, ma stando a questi dati chi utilizza le IPTV lo fa soprattutto per vedere film e serie tv, meno per lo sport. Proprio il mondo del calcio però ha deciso di dichiarare guerra alla pirateria, con le istituzioni che hanno sposato questa battaglia inasprendo i controlli e sanzioni, tanto che ora si rischia anche il carcere.
Vediamo allora nel dettaglio cosa si rischia a essere in possesso di una IPTV e come fanno a beccarti grazie alle nuove metodologie utilizzate.
IPTV: cosa si rischia
Le IPTV - Internet Protocol Television - sono un sistema per trasmettere contenuti televisivi a pagamento utilizzando il protocollo Internet, anziché i metodi tradizionali come il digitale terrestre, il satellite o il cavo. Questo sistema permette agli utenti di guardare programmi TV, film e altri contenuti multimediali su una varietà di dispositivi, tra cui smart TV, computer, smartphone, tablet e box dedicati come Android TV Box o Fire Stick.
Solitamente un utente per le IPTV illegali paga una cifra che può andare dai 10 ai 20 euro al mese, oppure una somma annua solitamente vicina ai 150 euro. Sbloccando una miriade di contenuti a pagamento, il risparmio è evidente, mentre le associazioni criminali che gestiscono questi affari incassano circa 2 milioni al mese.
Adesso però si rischia di pagare molto di più nel caso in cui si viene scoperti in possesso di una IPTV. Nei mesi scorsi infatti due emendamenti al decreto Omnibus hanno inasprito le sanzioni nei confronti dei possessori del “pezzotto”.
Per gli utenti infatti sono previste multe da un minimo di 150 fino a un massimo di 5.000 euro; i gestori di servizi che non segnalano le attività illegali di cui vengono a conoscenza rischiano invece fino a un anno di carcere.
Inoltre bisogna ricordare che la diffusione di contenuti protetti da copyright, senza licenza e per fini di lucro, resta un reato punibile con la reclusione da 6 mesi fino a 3 anni, oltre alla multa da 2.582 a 15.493 euro.
In passato la Corte di Cassazione ha stabilito che anche chi usufruisce di IPTV illegali per guardare le trasmissioni a pagamento rischia una condanna penale. E per essere colpevoli non conta il mezzo attraverso cui si guarda la IPTV (Card Sharing, IPTV, tv-box o decoder), ma l’attività fraudolenta in sé. È quindi sufficiente possedere le chiavi di accesso pirata o l’indirizzo IP che trasmette i contenuti video per dimostrare la finalità fraudolenta del mancato pagamento del canone.
IPTV: come fanno a beccarti?
Chi usa le IPTV, così come chi guarda siti di streaming illegali, ha una scarsa percezione del pericolo. L’idea diffusa è che sia impossibile essere scoperti. In verità non è così soprattutto ora che l’Agcom ha firmato un protocollo con Guardia di Finanza e Procura di Roma.
A spiegare nel dettaglio come agirà adesso l’Agcom è stato Luigi De Siervo, ad della Lega di Serie A: “Ogni fruizione illegale di contenuti video lascia un filo di Arianna digitale indelebile che consentirà alle forze dell’ordine di perseguire i pirati a cui saranno applicate in maniera automatica sanzioni fino a 5.000 euro. Nessuno può pensare di continuare a rubare contenuti illegalmente e farla franca”.
In linea generale, il flusso dati generato dalla trasmissione delle IPTV è facilmente tracciabile dalla polizia: se finora non si è stati beccati è stato solo per fortuna o perché non vi è stata la possibilità/volontà di intervenire.
Succede che quando si attivano operazioni contro le IPTV illegali e si sequestrano portali e dispositivi, le forze dell’ordine entrano in possesso anche degli IP degli utenti che accedevano alle trasmissioni illegalmente.
Con il protocollo firmato da Agcom e Guardia di Finanza, adesso sarà più semplice rintracciare chi è in possesso del “pezzotto”, con le autorità preposte che al tempo stesso hanno aumentato la mole di controlli.
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