Il problema Gaza-Hamas era la sabbia nella vaselina del nuovo Medio Oriente progettato da Washington e Tel Aviv: lo sapevano tutti e tutti fanno finta di niente ora che Bibi ha il pieno mandato.
Netanyahu, un paio di settimane prima degli eventi dello scorso 7 ottobre, si è presentato con cartina ed evidenziatore all’Assemblea generale dell’ONU, dicendo che si stava ridisegnando l’ordine geopolitico del Medio Oriente tramite l’accordo con l’Arabia Saudita promosso da Biden al recente G20, a seguire gli “Accordi di Abramo” di Trump.
Quegli accordi lasciavano imprecisata la questione palestinese che pure è il nodo dei nodi dell’ordine delle relazioni arabo-israeliane nella zona. Finalmente ha chiarito le idee della strategia sulla delicata questione il 9 ottobre, due giorni dopo l’attacco di Hamas. Ad un incontro con sindaci di paesi circostanti Gaza ha dichiarato: “La risposta di Israele all’attacco di Hamas da Gaza cambierà il Medio Oriente“.
Sorge la domanda: perché Netanyahu è ancora lì? Visto che Israele è una democrazia ci sarà pur qualcuno in quel governo in grado di supplire alle necessità operative e diplomatiche della nazione. Dalle mie parti una cosa così chiama il governo di unità nazionale a pura logica di base. No, l’autore del più clamoroso fallimento politico dell’intera storia di Israele, ora ha i poteri di guerra, lui ha in mano “lo stato d’eccezione”. Un sondaggio israeliano dà l’80% dei cittadini che lo ritiene colpevole del non aver evitato o prontamente minimizzato l’operazione di Hamas. Gli alti gradi dei servizi egiziani hanno detto di averlo personalmente avvertito anche se non nei particolari e sono rimasti a dir poco colpiti dalla minimizzazione che ne ha fatto Bibi. E tu che fai? Gli dai pieni poteri! [...]
Accedi ai contenuti riservati
Navighi con pubblicità ridotta
Ottieni sconti su prodotti e servizi
Disdici quando vuoi
Sei già iscritto? Clicca qui
© RIPRODUZIONE RISERVATA