Perché l’Italia, in ritardo sul Pnrr, sta sacrificando gli alberi per salvare i fondi europei

Giacomo Andreoli

14/04/2023

Il governo Meloni e tutto il sistema Italia sono in ritardo nell’applicazione del Pnrr e per questo potrebbe essere rinviata la piantumazione di 6,6 milioni di alberi entro il 2024.

Perché l’Italia, in ritardo sul Pnrr, sta sacrificando gli alberi per salvare i fondi europei

L’Italia potrebbe “sacrificare gli alberi” sull’altare del Pnrr, per salvare i fondi europei. Il governo Meloni, assieme a tutto il sistema Paese, è in ritardo nell’applicazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza e per questo potrebbe essere rinviata la piantumazione di 6,6 milioni di alberi. Insomma, uno degli obiettivi “green” del Piano potrebbe al momento saltare, magari con uno spostamento su altri fondi Ue (a partire dal Repower Eu dedicato proprio alla transizione ecologica).

Con una manovra del genere l’esecutivo potrebbe assicurarsi tempi più lunghi, evitando di dover far tutto entro il 2024 e liberando risorse per altri progetti e investimenti considerati più fattibili in tempi stretti e più necessari. Vediamo però nel dettaglio perché il governo sta ritardando nella piantumazione dei nuovi alberi.

Pnrr, perché si punta a piantare 6 milioni di alberi

Per provare a raggiungere gli obiettivi di rimboschimento delle città italiane il Pnrr prevede di piantare in massa nuovi alberi. In tutto ci sono in campo 330 milioni di euro per la forestazione sia urbana che extraurbana. Si punta così a migliorare la qualità dell’aria e a preservare la biodiversità, combattendo il cambiamento climatico e migliorando anche la vita delle persone.

Città con troppo cemento e poco verde, infatti, sono decisamente sono più vulnerabili a eventi meteorologici estremi, oltre ad essere sempre più calde. Il Pnrr, in questo modo, vuole proteggere soprattutto i grandi comuni alle ondate di calore estive più forti, ma anche dalle piogge torrenziali e dalla cattiva qualità dell’aria (con i livelli di inquinamento oramai insostenibili in città come Roma e Milano).

I ritardi dell’Italia sugli obiettivi di forestazione

I fondi europei per questa missione sono divisi in tre tranche: la prima da 74 milioni è arrivata nel 2022, la seconda sempre da 74 è in arrivo quest’anno, la terza da 139 milioni il prossimo anno. Entro il 2024, quindi, bisognerebbe piantare sei milioni e seicentomila piante.

Il governo ha detto finora di aver realizzato tutti gli obiettivi, compreso quello sulla forestazione urbana, ma nelle città al momento non ci sono un milione e mezzo di nuovi alberi come previsto. Quello che si vede sono solo semi e piccole piante. A maggio 2022 era stato lo stesso ministero dell’Ambiente a dire che c’erano problemi nel reperire alberi e che quindi si doveva procedere in maniera alternativa alla semina nei vivai.

Alcune città metropolitane nelle quali sarebbe dovuta avvenire la forestazione, poi, sono ancora in fase di progettazione e non hanno finito i lavori.

La Corte dei Conti, quindi, ha espresso dei dubbi sulla gestione dei soldi per l’obiettivo di forestazione e ha parlato di difficoltà evidenti a raggiungere il target finale entro il 2024. La Commissione europea non si è invece ancora espressa ufficialmente, ma come i giudici italiani potrebbe considerare errata l’equiparazione semi-alberi e chiedere conto a chi non ha portato a termine le piantumazioni previste.

C’è spazio nelle città per i nuovi alberi?

C’è poi un problema tecnico: i bandi prevedono che le aree interessate dalla piantumazione di nuovi alberi siano di almeno un ettaro, ma in città come Milano uno spazio del genere non c’è per tutti gli alberi che dovrebbero essere piantati in città.

Le possibili modifiche al Pnrr

Ma quali modifiche ha in mente il governo Meloni rinviando obiettivi come quello della piantumazione degli alberi? L’esecutivo vorrebbe investire di più sulle infrastrutture delle aziende dell’energia a controllo pubblico, magari risparmiando anche sulla realizzazione delle piste ciclabili o anche sulla ristrutturazione degli stadi di calcio.

Ad esempio, quindi, verrebbe co-finanziata una rete per rafforzare la capacità di trasmissione elettrica verso il Nord Italia. Enel, poi, potrebbe far finanziare una seconda fabbrica di pannelli fotovoltaici oltre a quella di Catania.

Si ragiona poi su uno o altri due rigassificatori per il Gnl, probabilmente nel Sud Italia. Eni e Snam si candidano per un progetto per la cattura dell’anidride carbonica negli impianti per cemento, piastrelle, acciaio, liquefazione, trasporto e stoccaggio. E ancora, si pensa a un gasdotto di Snam che vada dall’Abruzzo all’Emilia Romagna.

Infine sul tavolo ci sarebbero nuovi crediti d’imposta per famiglie e imprese: sarebbero possibili incentivi per migliorare le classi energetiche degli immobili o ridurre le emissioni e installare macchinari tecnologici.

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