Un finale di anno ricco di dati ed eventi è quello che si prospetta per l’economia mondiale: dalle riunioni delle banche centrali alle letture di inflazione e PMI, quali segnali prima di Natale?
Gran finale di anno per l’economia globale: il 2022 sta per concludersi con eventi e dati macroeconomici strategici e attesi come non mai.
Le principali banche centrali del mondo, infatti, dominano l’agenda della prossima settimana con diverse indicazioni che il ritmo aggressivo degli aumenti dei tassi potrebbe rallentare, ma non ancora svanire date le pressioni sui prezzi. Fed, Bce e Bank of England si incontreranno per prendere nuove decisioni sulla lotta all’inflazione: quale direzione prenderà la politica monetaria?
Da non perdere, inoltre, gli aggiornamenti economici dalla Cina, grande incognita sulla scena mondiale tra tentativi di allentare le norme Covid e di sostenere una ripresa incerta. E poi, gli Usa sveleranno i dati sui prezzi, importanti driver per tutta l’economia globale.
1. Usa sotto i riflettori, tra inflazione e Fed
Gli investitori riceveranno più chiarezza sul futuro dalle notizie statunitensi di fine 2022, quando la pubblicazione di martedì 13 dicembre dei dati sull’inflazione al consumo di novembre sarà poi seguita mercoledì dall’ultima decisione sui tassi del 2022 della Federal Reserve.
Il rapporto sull’IPC di ottobre ha mostrato che i prezzi sono aumentati meno del previsto allo 0,4% rispetto al mese precedente, con segnali di rallentamento che hanno spinto le azioni e indebolito il dollaro. La lettura di novembre è prevista allo 0,3%. Tuttavia, i recenti forti dati sull’occupazione negli Stati Uniti hanno riacceso i timori sull’inflazione.
Sul fronte Fed, il presidente Jerome Powell terrà la sua ultima conferenza stampa dell’anno dopo i recenti commenti secondo cui era giunto il momento di rallentare il ritmo dei prossimi aumenti dei tassi. Gli analisti stanno scontando un rialzo di 50 punti base, un passo in meno rispetto ai recenti di tre quarti di punti percentuali. L’attenzione potrebbe invece concentrarsi sui segnali di quanto in alto la banca centrale Usa alzerà i tassi nel 2023.
2. In arrivo il super giovedì di Bce e BoE
È un super giovedì in Europa, dove si incontrano tutte le banche centrali dell’Eurozona, della Gran Bretagna, della Svizzera e della Norvegia.
Gli ultimi dati sull’inflazione hanno fatto sperare che le pressioni della zona euro si stiano finalmente attenuando e i mercati sono fiduciosi che dopo due aumenti consecutivi di 75 punti base, la Bce effettuerà una mossa del tasso di 50 punti base il 15 dicembre.
Non ci si aspetta, però, che la banca centrale sarà davvero accomodante: le pressioni sui prezzi rimangono forti e Christine Lagarde starà attenta a non dare l’impressione che i responsabili politici stiano distogliendo lo sguardo dal target inflazione al 2% (ben lontano).
Stessa storia altrove, con Svizzera e Norvegia che dovrebbero aumentare nuovamente i costi dei prestiti. Il ritmo degli aggressivi aumenti dei tassi da parte delle grandi banche centrali sta rallentando, ma la lotta contro l’inflazione non è ancora finita.
3. Regno Unito in recessione
È improbabile che la triste situazione economica della Gran Bretagna impedisca alla Banca d’Inghilterra di aumentare nuovamente i costi di prestito giovedì 15 dicembre. Gli economisti intervistati da Reuters si aspettano che la banca centrale aumenti il suo tasso di riferimento di 0,5 punti percentuali al 3,5%, nonostante una recessione incombente che la BoE prevede durerà fino al 2024.
L’impennata dei costi energetici e alimentari ha spinto l’inflazione dei prezzi al consumo a un massimo di 41 anni dell’11,1% nell’anno fino a ottobre. I dati sull’inflazione nel Regno Unito di mercoledì potrebbero suggerire che gli aumenti dei prezzi hanno raggiunto il picco, seguendo le tendenze nell’eurozona e negli Stati Uniti.
Tuttavia, è probabile che la BoE resista sulla stretta monetaria, con l’inflazione ancora ben al di sopra del suo obiettivo del 2%. I mercati degli swap implicano che i tassi di interesse del Regno Unito raggiungeranno il 4,6% entro il prossimo settembre e chiuderanno il 2023 al 4,5%.
4. Cina tra Covid e crisi economica
Dopo tre anni severissime regole anti-Covid, la Cina sta tentando di allentare la stretta. Le nuove misure includono la quarantena domestica per i positivi invece che nei centri di isolamento e l’assenza di test per i viaggi nazionali, giusto in tempo per un viaggio a Disneyland, riaperto a Shanghai.
I dati commerciali più deboli da 2 anni e mezzo hanno però suggerito cautela, indicando non solo gli effetti dei blocchi dovuti al Covid, ma anche una domanda internazionale più fiacca. I dati di vendita al dettaglio e di fabbrica previsti giovedì potrebbero portare a ulteriori letture cupe.
5. Contrazione a dicembre?
L’anno della peggiore inflazione di una generazione sta volgendo al termine. Con i prezzi dell’energia ora ben al di sotto dei massimi 2022, le imprese e le famiglie stanno ottenendo un po’ di tregua dalle pressioni inflazionistiche da record.
Tuttavia, è improbabile che ciò sia sufficiente per evitare un sesto mese consecutivo di contrazione dell’attività economica a dicembre in alcune delle maggiori economie mondiali. Qualsiasi cosa, dal settore manifatturiero all’ospitalità, ha visto il crollo della domanda e l’aumento dei prezzi dei fattori di produzione.
Gli indici di produzione PMI compositi flash di S&P Global per Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania, Francia e la zona euro in generale dovrebbero mostrare un lieve miglioramento, ma si prevede che l’attività in tutte e cinque le regioni sia nuovamente diminuita. Anche il Giappone è in crisi: il suo PMI manifatturiero di novembre ha registrato la contrazione più marcata degli ultimi due anni.
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