Si tratta di una vittoria per Trump perché fa il suo gioco di rallentare i processi, sperando di rimandarli il più possibile e archiviarli in caso di una sua vittoria alle presidenziali del 2024.
“Non esistono giudici di Obama, di Trump, di Bush, di Clinton”. Con queste parole John Roberts, presidente della Corte Suprema, cercò di correggere Donald Trump nel 2018 dopo la severa critica dell’allora presidente al giudice Jon S. Tigar. L’ex presidente aveva attaccato Tigar, giudice federale, etichettandolo un “giudice di Obama” perché il togato aveva sospeso un ordine di tolleranza zero sui migranti emesso dalla Casa Bianca. Roberts aveva insistito che tutti i giudici sono imparziali a prescindere di chi li avrà nominati.
Trump non avrà tutti i torti affermando che i giudici avranno una certa parzialità nelle loro decisioni ma Roberts ha ovviamente ragione. Una delle prove ci viene subito in mente durante l’elezione presidenziale del 2020 quando la Corte Suprema, nonostante le tre nomine di Trump, non ha accolto le richieste dell’ex presidente di ribaltare l’elezione a suo favore.
Il recente rifiuto della Corte Suprema di accettare la richiesta in tempi accelerati sulla questione dell’immunità presidenziale ci fa credere che Trump in questo caso potrà sorridere. Jack Smith, procuratore speciale in due delle incriminazioni federali di Trump, aveva richiesto una decisione di emergenza per determinare se l’ex presidente possiede immunità per possibili reati commessi durante i suoi 4 anni alla Casa Bianca. [...]
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