Nella consueta fotografia annuale del Censis sul nostro Paese, quello che emerge è un’Italia povera almeno 3 volte: perché il 2022 è un anno amaro per società ed economia nazionale?
L’Italia che si accinge a chiudere il 2022 è un Paese assediato dalla crisi energetica e dalla povertà.
I prezzi dell’elettricità volati alle stelle e, in generale, l’inflazione galoppante degli ultimi mesi stanno lasciando il segno, deprimendo redditi, consumi e fiducia nel futuro.
Nel fotografare la società nazionale di questo anno così complesso, il Censis nel consueto rapporto arrivato alla 56esima edizione, si sofferma per almeno 3 volta sul concetto di povertà, che in Italia ha rimesso le radici.
I cittadini, infatti, si ritrovano più poveri per un triplice motivo: bollette troppo care, reddito insufficiente, incapacità digitale. Tutti questi sono motivi di preoccupazione, che frenano quello sviluppo di cui l’Italia avrebbe bisogno e invocato dallo stesso Pnrr.
1. La povertà energetica colpisce l’Italia
Con il 33,4% delle famiglie italiane preoccupate per la crisi energetica, che si innalza al 43% se la condizione socio-economica è bassa, il nostro Paese si mostra vulnerabile proprio su quella che è una necessità della vita quotidiana: l’uso di energia.
La povertà energetica nazionale sta crescendo, secondo il Censis. Con questo concetto si intende l’impossibilità di avere un adeguato riscaldamento della casa per risparmiare sull’uso energetico o per incapacità di pagare le bollette di gas e luce.
Stando ai dati dell’Osservatorio italiano sulla povertà energetica, sono 2,2 milioni le famiglie italiane (8,5%) costrette a risparmiare su servizi di riscaldamento, raffreddamento, illuminazione, gas per la cucina e che vedono poche o nulle opportunità di accesso alle risorse energetiche.
Il Censis ha inoltre ricordato che stanno aumentando sensibilmente le famiglie il cui budget per le tasse energetiche si assottiglia, con il 5,6% dei nuclei che sta pagando in ritardo.
2. La povertà dei lavoratori
Lavorare, ma considerarsi poveri: il fenomeno è già presente in Italia, ma con l’inflazione che pressa gli stipendi si sta esacerbando.
Avere un impiego, quindi, non è più garanzia di copertura dei bisogni primari. Il Censis ha rilevato che, nel 2021:
- il 9,7% degli occupati era in condizioni di povertà relativa;
- il 10,2% dei lavoratori dipendenti viveva in povertà relativa, con il picco del 8,3% al Sud;
- 4 milioni di lavoratori nel settore privato non ricevevano una retribuzione annua di 12mila euro;
- il 25,5% della popolazione (1 su 4) era considerata a rischio povertà o esclusione sociale, visto che le famiglie erano classificate a bassa intensità di lavoro, a rischio povertà, o in condizioni di grave deprivazione
Inoltre, i redditi da lavoro (già bassi nei casi limite della povertà) sono assorbiti principalmente dal pagamento delle bollette e dagli acquisti energetici, togliendo risorse preziose per i consumi basilari. La povertà lavorativa si sta dunque aggravando.
3. Povertà digitale
In un momento in cui essere connessi è vitale, soprattutto dopo l’esperienza dei lockdown con la pandemia, la scoperta di un’Italia in povertà digitale è un allarme.
Il Censis ha rilevato che l’8,1% della popolazione maggiorenne che risiede nel nostro Paese in Italia, corrispondente a circa 4,1 milioni di persone è privo di accesso a internet.
Si tratta dell’80% di anziani di ceto medio-basso, con il 60% in possesso della sola licenza media inferiore. Le donne sono i due terzi e circa il 47,6% delle persone senza internet vivono abitano in Comuni con meno di 10mila abitanti.
La sfida della banda larga e della digitalizzazione, inserita anche nel Pnrr, è più urgente che mai.
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