Legge 104, si può essere licenziati?

Simone Micocci

10 Marzo 2025 - 17:44

Il lavoratore disabile, o che assiste un parente con grave disabilità, può essere licenziato? Ecco cosa dicono le norme sul diritto del lavoro.

Legge 104, si può essere licenziati?

Si può licenziare, o essere licenziati, con la legge n. 104 del 1992?

La legge n. 104/1992 è rivolta all’assistenza, all’integrazione sociale e alla tutela dei diritti dei cittadini portatori di handicap. Per questo motivo, derivano particolari previsioni per i lavoratori con disabilità, come pure per i lavoratori che si prendono cura di familiari disabili. Le esigenze di cura devono essere rispettate attraverso strumenti utili a conservare il posto di lavoro e a non patire pregiudizi ingiusti. In questo, la legge deve far valere l’uguaglianza sostanziale tra i lavoratori, impedendo che le proprie condizioni di salute o l’assistenza verso i propri cari sia penalizzante.

La tutela della disabilità non può tuttavia ignorare completamente i diritti del datore di lavoro, tant’è che si può essere licenziati anche con la legge n. 104. Ciò vale sia nel caso in cui il lavoratore disabile ne usufruisca per sé stesso, sia nell’ipotesi in cui si occupi dell’assistenza di un familiare con disabilità. Il licenziamento deve però avvenire nei modi previsti dalla legge, non potendo danneggiare il lavoratore per aver fatto valere i propri diritti, né tanto meno discriminarlo per la disabilità.

Quando si può essere licenziati con la legge n. 104

Come anticipato, nemmeno il lavoratore che usufruisce della legge n. 104 è al riparo dal licenziamento. Quest’ultimo è legittimo negli stessi termini in cui lo è per qualsiasi altro lavoratore. Una previsione differente, infatti, creerebbe un divario eccessivo rispetto ai dipendenti senza legge n. 104, non giustificato dalle esigenze di disabili e caregiver. Il dipendente con legge n. 104 può quindi subire il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, avendo diritto al repêchage come qualsiasi altro lavoratore. In tal proposito, però, esistono doveri ulteriori per il datore di lavoro, che deve:

  • adottare tutti i ragionevoli accomodamenti per consentire al lavoratore disabile di conservare il posto di lavoro, come prescritto dalla direttiva 2000/78/CE e dal decreto legislativo n. 216/2003, senza esser tenuto però a stravolgere l’organizzazione lavorativa (per esempio, prevedendo pause frequenti, a seconda delle condizioni di salute);
  • motivare con grande precisione il licenziamento e la scelta dei lavoratori, superando la presunzione di discriminazione, secondo i criteri previsti per il licenziamento collettivo (anzianità carichi di famiglia, ragioni organizzative).

Il lavoratore con legge n. 104 può essere licenziato anche per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, anche in relazione a condotte legate proprio alle previsioni della normativa. Si pensi, per esempio, all’uso improprio dei permessi 104 da parte del caregiver. Quest’ultimo è infatti tenuto per legge a usufruire dei permessi principalmente per l’assistenza al familiare con disabilità, potendo svolgere contestualmente soltanto le brevi faccende quotidiane che non sottraggono tempo né qualità alla cura del disabile.

Chi usufruisce del permesso può accompagnare i figli a scuola, per esempio, ma non andare una giornata al mare senza il familiare o addirittura svolgere un’altra attività lavorativa. Una situazione particolare per il lavoratore disabile ai sensi della legge n. 104, invece, è il rispetto del comporto. Tutti i dipendenti sono infatti tenuti a rispettare un numero massimo di assenze dal lavoro per malattia. Chi usufruisce della legge n. 104 può quindi essere licenziato per il superamento del comporto, ma secondo le sentenze n. 15282/2024 e n. 170/2025 della Corte di Cassazione si rischia di compiere una discriminazione indiretta (non tollerata comunque dalla legge).

Le regole sul comporto e in particolar modo sulla sua durata non possono infatti essere uguali per tutti i lavoratori, ma dovrebbero distinguere le meritevoli necessità del dipendente disabile. Bisogna quindi estendere il periodo di comporto o quanto meno contare diversamente le assenza per malattia dovute alla disabilità, ricordando in ogni caso che il licenziamento deve essere l’ultima strada da percorrere, a meno che la prosecuzione del rapporto di lavoro sia intollerabile (per esempio, per la rottura irreparabile del vincolo fiduciario). È invece sempre illegittimo il licenziamento del dipendente in ragione della sua condizione di disabile o caregiver, trattandosi di una discriminazione a tutti gli effetti.

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