Francesco Urraro (relatore in commissione) e Simona Malpezzi (capogruppo Pd al Senato) spiegano a Money.it cosa cambierà con la nuova legge sul cognome materno e quando potrebbe essere approvata.
Libertà di scegliere il cognome e di attribuire quello paterno, quello materno o entrambi. Questo è, in sintesi, quanto succederà con l’approvazione della nuova legge sull’attribuzione del cognome ai figli. Un provvedimento su cui la maggioranza punta ad arrivare a un testo unificato in tempi brevi.
La prima certezza è che verrà superato l’automatismo per cui al figlio viene attribuito il cognome paterno. Poi bisognerà decidere se verrà resa libera la scelta del cognome materno o paterno (o anche entrambi) e se l’eventuale ordine verrà stabilito dai genitori.
L’intervento del Parlamento segue una serie di pronunce dei giudici, anche della Corte costituzionale, sul tema. A spiegare a Money.it cosa potrebbe cambiare con questo provvedimento sono il relatore della proposta in commissione Giustizia al Senato, il leghista Francesco Urraro, e la capogruppo del Pd a Palazzo Madama, Simona Malpezzi.
Perché una legge sul cognome materno
Malpezzi, prima firmataria del testo presentato dal Pd, spiega come la necessità di una nuova legge sul tema parta da una “riflessione lunghissima, di tanti anni”. Già nella scorsa legislatura era stata elaborata alla Camera una proposta di legge il cui iter si è però fermato.
Oggi la discussione sul tema è ripresa anche in seguito all’ordinanza della Corte con la quale “ha sollevato innanzi a sé la questione di legittimità costituzionale per tutte quelle norme che disciplinano l’attribuzione automatica del cognome paterno ai figli”.
A questo punto, spiega ancora la senatrice dem, il legislatore poteva seguire due strade: ignorare la pronuncia e aspettare che la Consulta prenda una decisione oppure “fare il mestiere del legislatore e quindi occuparsene. Qui al Senato ci sono cinque disegni di legge incardinati in commissione Giustizia”. Ora sono i relatori a dover trovare una sintesi sul testo base “per superare l’automatismo che oggi attribuisce solo il cognome del padre”.
La nuova norma sull’attribuzione del cognome ai figli
Urraro ricorda che ora la proposta di legge è in una fase iniziale dei lavori in commissione: ci sono cinque diversi testi e altri sono già stati preannunciati (uno della Lega e uno dal M5s che ha ritirato il precedente testo). I diversi “testi permetterebbero, con differenti soluzioni, di attribuire il cognome materno”.
Si parte dalle pronunce giurisprudenziali nazionali e internazionali che - prosegue il relatore - “diventano fondamentali per il riconoscimento del livello costituzionale alla base di questa discussione”. Si fa riferimento, in particolare, all’articolo 22 della Costituzione secondo cui “nessuno può essere privato non solo della capacità giuridica e della cittadinanza, ma anche del nome”.
Urraro precisa come nessuna norma nel nostro ordinamento, al momento, disciplini in maniera chiara l’attribuzione del cognome al figlio: “C’è una carenza ordinamentale, bisogna superare la forma automatica di attribuzione del cognome paterno, come indicato dalla Corte”.
Cosa cambia con la nuova legge su cognome materno e paterno
I principi che verranno introdotti con la nuova legge non sono ancora stati definiti: bisognerà trovare una sintesi sui vari testi in discussione. Sicuramente si supererà l’automatismo con il quale si attribuisce il cognome paterno ai figli, ma si ragionerà anche sul modo in cui aggiungere il cognome materno a quello paterno.
Un altro testo, fa un esempio il relatore, attribuisce il cognome di padre e madre in ordine concordato dai genitori, altrimenti si prevede - in caso di mancato accordo - di procedere con l’ordine alfabetico. Ma le limature su queste regole sono ancora in corso.
Malpezzi spiega invece la proposta presentata dal Pd, sottolineando che l’obiettivo non è burocratico ma è quello di “colmare ciò che c’è dietro questo automatismo che è una vera e propria disparità di genere”. I dem puntano a lasciare massima libertà di scelta ai genitori garantendo il principio della parità tra uomo e donna sancito dalla Costituzione.
Secondo la proposta di Malpezzi al figlio può essere attribuito il cognome di entrambi i genitori, solo il cognome del padre o solo quello della madre. Nel caso di doppio cognome e di mancato accordo su quale debba essere inserito prima, allora si seguirà l’ordine alfabetico.
Inoltre si pensa anche a cosa succederebbe dopo. All’eventuale secondo figlio verrebbe attribuito lo stesso cognome - materno, paterno o doppio - scelto per il primo. Poi, andando più avanti nel tempo, quando il figlio col doppio cognome diventerà a sua volta genitore, sarà lui stesso (o lei stessa) a decidere quale cognome trasmettere ai propri figli: può quindi anche sceglierne soltanto uno dei due.
Quando arriverà la legge sul doppio cognome ai figli
Per quanto riguarda le tempistiche per arrivare all’approvazione della legge sia Urraro che Malpezzi mostrano ottimismo. Il primo termine (fissato al 4 marzo) è quello per individuare le figure da ascoltare in audizione: poi il ciclo di audizioni “si risolverà in alcune sedute - spiega Urraro - e si passerà alla discussione e alla stesura del testo unificato”.
I tempi non saranno lunghi, a giudizio del relatore, e si potrà arrivare ad approvare la legge entro la fine della legislatura, magari con un approdo in Aula entro l’estate. L’ottimismo di Urraro deriva dal fatto che finora i lavori in commissione Giustizia si sono svolti “in maniera armonica”.
Ottimismo che sembra in parte condiviso anche da Malpezzi che si augura un’approvazione entro questa legislatura. Anche perché, ci tiene a sottolineare, non si può ritenere questa norma come non prioritaria: “A questa eventuale obiezione risponderei come rispondo sempre quando si mettono in contrapposizione diritti sociali e diritti civili, che non sono alternativi”.
“Io vorrei essere fiduciosa”, sottolinea ancora Malpezzi. Anche perché, a suo giudizio, è importante ribadire “la centralità del Parlamento e del legislatore che deve agire e non attendere le pronunce della Corte”. Tema quanto mai attuale dopo la bocciatura dei referendum su fine vita e cannabis, con la palla tornata in mano alle Camere.
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