Licenziamento per il dipendente part time che rifiuta il passaggio al tempo pieno: è possibile?

Claudio Garau

03/10/2022

Se sei stato assunto con contratto di lavoro part time, puoi opporti alla volontà del datore di trasformare il tuo contratto in full time oppure rischi il licenziamento? Ecco come stanno le cose.

Licenziamento per il dipendente part time che rifiuta il passaggio al tempo pieno: è possibile?

Hai o vorresti avere un lavoro part time e non a tempo pieno, in modo da poter bilanciare le ore in cui svolgi le mansioni di cui al tuo contratto con le esigenze della tua vita privata o familiare, oppure perché hai una diversa attività da portare avanti. Possono essere davvero molti i casi in cui un lavoratore preferisce lavorare a tempo parziale, invece che full time. Tuttavia nel corso del tempo le esigenze organizzative e/o produttive aziendali potrebbero cambiare, e il datore di lavoro potrebbe voler trasformare il tuo rapporto in tempo pieno.

In casi come questi, ricevuta la comunicazione delle intenzioni del tuo datore di lavoro, potresti però non essere d’accordo ed opporti apertamente - volendo infatti conservare il part time come stipulato in origine. È possibile ciò? Oppure l’impiegato, operaio o commesso che contrasta la volontà del datore rischia il posto ossia il licenziamento? Scopriamolo assieme, nel corso di questo articolo, tenendo conto delle regole di legge in materia di contratto di lavoro e di che cosa hanno detto i giudici in proposito.

Orario di lavoro: il contesto di riferimento

Nel nostro articolo vogliamo chiarirti se davvero è possibile disporre il licenziamento del dipendente, che si oppone al passaggio al tempo pieno dal tempo parziale, ma non prima di averti ricordato che l’orario di lavoro è una delle componenti fondamentali di qualsiasi contratto di lavoro e - come vedremo meglio più avanti - ciò fa già implicitamente intendere qual sia la risposta da dare alla domanda che ci stiamo ponendo.

In base alla legge, l’orario di lavoro consiste in quel lasso di tempo nel quale il lavoratore subordinato si trova sul luogo di lavoro o comunque a disposizione del datore di lavoro, ed ha dunque il dovere di eseguire con diligenza le attività, funzioni e mansioni per le quali è stato assunto. Fonte essenziale sull’argomento il è il d. lgs. n.66 del 2003 proprio in materia di orario di lavoro, che di fatto ha attuato alcune direttive UE sull’argomento.

Nelle norme in materia troviamo poi varie distinzioni e, infatti, ci sono regole ad hoc - ad esempio - per il lavoro notturno o per quello festivo, ma non soltanto: la legge distingue nettamente tra orario di lavoro normale - 40 ore alla settimana - e ore di straordinario. Mentre in tema di orario di lavoro normale i vari contratti collettivi sottoscritti dai sindacati comparativamente più rappresentativi possono disporre una durata inferiore.

Inoltre gli stessi Ccnl di qualsiasi livello (nazionale, territoriale e aziendale) possono riferire l’orario normale alla durata media delle prestazioni di lavoro in un lasso di tempo non maggiore all’anno. Si tratta del cd. ’orario multiperiodale’, il quale nei suoi aspetti generali è disciplinato dal d. lgs. n. 66 del 2003, ma che nei vari Ccnl trova le regole di dettaglio. In virtù di questo, un’azienda potrà aumentare le ore per far fronte a cambiamenti delle esigenze produttive, ma ciò soltanto in certi periodi dell’anno, compensate poi da un numero minore di ore in diversi periodi di più bassa produttività.

Quindi legge e contratti collettivi includono le regole sull’orario di lavoro, ma non dimentichiamo che anche il contratto individuale ha uno specifico ruolo in proposito. Ciò ci servirà per dare la risposta al quesito in apertura.

Part time e full time: differenza

Anche se stai svolgendo un lavoro a tempo parziale, ricorda che i contratti di lavoro a tempo pieno sono quelli maggiormente diffusi in Italia, e includono - come accennato - un orario di lavoro ordinariamente di 40 ore settimanali. Ciò che differenzia i due tipi di contratto è essenzialmente l’orario, che nel part time è inferiore.

Anzi si può affermare che ogni volta in cui l’orario ha un numero di ore al di sotto delle 40 è da considerarsi a tempo parziale. Perciò sarà part time non soltanto il contratto che prevede 20 o 30 ore alla settimana, ma anche quello supera le 30. Inoltre il lavoro part time può essere articolato secondo forme diverse. Si usa parlare infatti di part time:

  • verticale, se il dipendente lavora a tempo pieno ma esclusivamente in certi giorni della settimana, del mese o dell’anno;
  • orizzontale, nel caso in cui il lavoratore subordinato lavori tutti i giorni ma meno ore rispetto all’orario di lavoro normale di un lavoratore a tempo pieno;
  • misto, laddove contenga una combinazione delle due forme appena viste.

Non dimenticare che, proprio per le sue particolari caratteristiche, ogni contratto a tempo parziale deve essere stipulato in forma scritta. Ciò ti permetterà di aver il dato preciso della durata della prestazione lavorativa e della effettiva collocazione temporale dell’orario di lavoro.

Dal punto di vista dei diritti individuali, il dipendente part-time deve ricevere lo stesso trattamento dei lavoratori assunti a tempo pieno. Ad es. per quanto attiene alla retribuzione, egli ha diritto all’identica paga oraria del lavoratore a tempo pieno, tuttavia la sua retribuzione complessiva (incluso il trattamento economico per malattia, infortunio e maternità) sarà ovviamente quantificata in proporzione al numero di ore di lavoro.

Si può licenziare il dipendente part time che rifiuta il full time?

Veniamo a questo punto al quesito con cui abbiamo aperto l’articolo. Non a tutti i lavoratori piace l’idea dell’allungamento dell’orario, pur a fronte di un evidente aumento della retribuzione per le maggiori ore lavorate. Proprio così: c’è chi ha magari un’altra attività che genera reddito e che vuole portare avanti nelle ore in cui non lavora part time, e c’è anche magari chi è neo-genitore e non riuscirebbe ad incastrare le ulteriori ore di lavoro con le proprie esigenze private. Ebbene, in questi casi dire no al capo che vuole trasformare il contratto da tempo parziale a tempo pieno, fa rischiare davvero il licenziamento?

Vero è che, sotto questo punto di vista, non vanno comunque dimenticate le esigenze produttive dell’azienda e il bilanciamento dei costi del personale. Infatti tieni presente che per un’azienda assumere due lavoratori subordinati a tempo parziale, allo scopo di coprire tutto l’orario di lavoro giornaliero, implica un costo più alto - se consideriamo stipendio, contributi previdenziali e oneri amministrativi - rispetto al caso dell’unico lavoratore full time. Perciò ad un qualsiasi datore di lavoro non piacerà sentirsi rispondere di no alla prospettiva di trasformazione del part time in full time.

Tuttavia, l’azienda non potrà disporre il licenziamento del lavoratore per questo. La Cassazione già in passato lo aveva chiarito, e quest’anno è intervenuta nuovamente sul punto con la sentenza n. 15999 del 18 maggio scorso. Secondo questo provvedimento on è possibile licenziare il lavoratore che si oppone alla trasformazione del suo rapporto da part time a tempo pieno, dato che la legge dispone - sia per l’ambito pubblico che per quello privato – la modifica unilaterale dell’orario di lavoro soltanto in favore del dipendente. Se il dipendente si oppone al cambio di orario, quest’ultimo dovrà restare tale e quale.

La variazione dell’orario di lavoro e il libero accordo delle parti

Il tema dell’orario di lavoro trova spazio nel contratto di lavoro e quest’ultimo è sempre da ritenersi frutto del libero accordo delle parti (datore di lavoro e dipendente). Conseguentemente, tutte le variazioni degli elementi chiave della prestazione lavorativa, su cui le parti si sono messe d’accordo all’atto dell’assunzione (qui in particolare l’orario di lavoro), non possono essere decise ’unilateralmente’ dal datore. Salvo il caso della modifica in favore, come indicato dalla Cassazione.

In altre parole, se il datore di lavoro vuole la trasformazione del contratto da part time a full time, non può importela ma deve cercare di convincerti o comunque di trovare un accordo con te sulla modifica all’orario di lavoro. E ciò a maggior ragione se pensiamo che il lavoratore dipendente è considerato dalla legge come ’parte debole’ del rapporto di lavoro.

Ne consegue che il suo sì ad una modifica così rilevante è indispensabile, tanto che la sua volontà non può essere influenzata con una minaccia di licenziamento - in caso di rifiuto del full time. Insomma, quand’anche il datore di lavoro ti licenziasse come ritorsione per il tuo no, detta decisione sarebbe illegittima e potresti agevolmente contestarla nelle sedi opportune.

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