Reddito di cittadinanza, bonus, stipendi, taglio delle tasse e pensioni: per la manovra Meloni non ha i soldi, ecco cosa può saltare

Giacomo Andreoli

28/09/2022

Per la prossima legge di Bilancio servono circa 40/45 miliardi di euro, ma le coperture latitano, mentre le cose da fare sono tante: il governo di centrodestra dovrà faticare per far quadrare i conti.

Vinte le elezioni ora è corsa contro il tempo per il centrodestra guidato da Giorgia Meloni per approvare la prossima legge di Bilancio. Una prima bozza di testo va presentata entro metà ottobre, ma il governo non sarà in carica prima della fine di quel mese. Per questo la leader di Fratelli d’Italia già lavora con gli alleati, in tandem anche con l’attuale presidente del Consiglio Mario Draghi e il ministro dell’Economia Daniele Franco, con cui deve necessariamente collaborare.

Quello della prossima manovra è un vero e proprio rebus da sciogliere: le cose da fare sono tantissime e i soldi mancano. Solo confermare gli aiuti correnti contro il caro-energia, il taglio del cuneo fiscale varato dall’attuale esecutivo e i previsti rinnovi dei contratti pubblici e rivalutazione delle pensioni costa decine di miliardi di euro. A questo si aggiungono le promesse elettorali, in primis allargamento della flat tax e aumento degli stipendi.

Il conto complessivo è di circa 40 miliardi di euro, con le uniche coperture disponibili che oggi arrivano dagli extragettiti fiscali. Ben poco, evidentemente: a qualcosa si dovrà rinunciare, a partire dal Reddito di cittadinanza così come lo conosciamo oggi. Vediamo quindi nel dettaglio quali sono le priorità del nuovo esecutivo e i sostegni che potrebbero essere eliminati o rimodulati.

Caro-energia, quanto costano gli aiuti

Partiamo dall’indifferibile. Solo per confermare gli attuali aiuti alle famiglie e alle imprese contro il caro-energia nel primo trimestre del 2023 servono almeno 15 miliardi di euro. Ci sono i 3 miliardi per l’azzeramento degli oneri di sistema e l’Iva ridotta al 5% sul gas, altri 3 per il taglio delle accise su benzina e carburanti e fino a 4,7 miliardi al mese per il credito d’imposta rafforzato per le aziende, più le risorse per il rinnovo del bonus sociale bollette a favore delle famiglie meno abbienti.

Aumento di stipendi e pensioni

Per il resto confermare il taglio del cuneo fiscale del 2% per i redditi fino a 35 mila euro costa 4 miliardi di euro per tutto il 2023. Servono poi almeno 5 miliardi per rinnovare nel triennio 2022-2024 i contratti degli statali e potrebbero servire circa 9 miliardi di euro per la già prevista rivalutazione delle pensioni all’inflazione, con un primo anticipo che arriverà ad ottobre. E ancora: ci sono almeno 2 miliardi di euro di spesa che difficilmente verranno cancellati, tra cui la conferma degli aiuti all’Ucraina che Fratelli d’Italia non vorrebbe toccare. Tutto questo, quindi, costa almeno 20 miliardi di euro.

A questo si aggiungono le promesse elettorali. Il partito di Meloni ha parlato di un’estensione del taglio del cuneo fiscale e di una deduzione extra sul costo del lavoro. Se il governo vuole aumentare gli stipendi di una cifra non irrisoria (almeno una media di 50 euro al mese), non può che mettere in campo quegli almeno 5 miliardi a cui avevano pensato Draghi e il ministro Franco qualche mese fa.

Si può allargare la flat tax in Manovra?

Per il resto si potrebbe rafforzare il modello dalle attuali deduzioni Irap e Ires, soprattutto per le assunzioni a tempo indeterminato, da affiancare magari con una maggiore deducibilità dei fringe benefits per le imprese. Con meno di 2-3 miliardi gli effetti per le imprese e quindi i lavoratori sarebbero praticamente nulli.

Poi ci sono la promessa estensione della flat tax per le partite Iva fino a 100mila euro (forse assieme alla flat tax incrementale, che varrebbe sull’aumento dei redditi dichiarati e sarebbe praticamente a costo zero) e l’intervento sulle pensioni per non tornare alla legge Fornero. Se si facesse qualcosa di simile all’attuale Quota 102 servirebbero 2 miliardi, più almeno un miliardo per la tassa piatta agli autonomi. Ecco che così il conto sale a 40/45 miliardi.

Legge di Bilancio, dove trovare i soldi?

Dove trovare le risorse? Il quadro dei conti pubblici sarà fornito oggi pomeriggio con l’approvazione della Nadef, la nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza. Si parte da un dato: il prossimo anno la crescita non supererà lo 0,6-0,7% e anzi si teme una recessione per effetto del combinato disposto tra crisi energetica, inflazione e politiche restrittive della Bce. Fitch è arrivata a prevedere una discesa dello 0,7%. In più il deficit tendenziale arriverà al 5,1% del Pil e l’inflazione viaggerà al 4,5%.

I margini così, rispetto alle previsioni di qualche mese fa, secondo il Sole 24 Ore, sarebbero ridotti di 20 miliardi. Al contrario l’eventuale esecutivo parla di un minor deficit del previsto (l’ultima attesa lo dava al 5,6%) e quindi di un margine di denaro spendibile da 10 miliardi.

Fratelli d’Italia non vuole fare un nuovo scostamento di bilancio: fare debito in questo momento, con lo spread alto e la Bce che ha ridotto gli aiuti, significherebbe rischiare danni seri per la nostra economia. Per trovare i soldi, quindi, bisogna scavare nelle pieghe di bilancio e chiedere aiuto all’Unione europea.

La base di partenza sono le extra-entrate della tasse dovute all’inflazione: solo a settembre hanno fruttato 6 miliardi e nei prossimi mesi potrebbero garantire cifre simili ogni trenta giorni. Ci sono poi i soldi delle tasse non riscosse sugli extraprofitti delle società energetiche (dei 9 mancanti ne dovrebbero la maggior parte entro la fine di novembre).

La pace fiscale del governo Meloni

L’idea del responsabile economico di Fdi ,Maurizio Leo, come spiegato a Money.it prima delle elezioni, è poi di chiedere una rimodulazione dei fondi strutturali europei non spesi. Secondo il partito si potrebbero ricavare 20 miliardi, secondo Repubblica solo 3,5. In ogni caso serve l’autorizzazione dell’Ue, come accadde durante le prime ondate di Covid, con i tempi che possono allungarsi fino a più di sei mesi. Infine si potrebbero ricavare dei miliardi una tantum dalla prevista pace fiscale, puntando sui crediti altrimenti non esigibili.

L’idea è quella di un “saldo e stralcio” per le cartelle fino a 3 mila euro. Sarebbe prevista la cancellazione dell’80% del debito, oppure pagamento dell’intera imposta maggiorata del 5% sostituendo sanzioni e interessi. Per le cartelle sopra i 3mila si potrebbero ridurre le sanzioni e sarebbe permessa una dilazione lunga almeno 10 anni.

Quali bonus e aiuti possono saltare

Anche nella migliore delle previsioni, quindi, non si arriverebbe a 40 miliardi di euro. Per trovare altri soldi quasi sicuramente si dovrà riformulare o addirittura abolire il Reddito di cittadinanza, che è arrivato a costare 9 miliardi all’anno. Meloni vorrebbe lasciare lo strumento solo per i fragili e chi non può lavorare, risparmiando 5-6 miliardi.

Per reperire altre risorse si potrebbe procedere da subito alla rimodulazione dei bonus casa, che invece Fratelli d’Italia voleva dilazionare nel tempo. A rischio tagli sono soprattutto il Superbonus 110% e il bonus facciate, in linea con le volontà di Draghi e Franco, finora frenati da Movimento 5 Stelle e Partito democratico. Ma su questo fronte è forte il pressing di Forza Italia per mantenere gli attuali aiuti e non rischiare di colpire il mondo dell’edilizia.

Quasi sicuramente, quindi, non ci sarà in legge di bilancio l’aumento delle pensioni minime e il taglio del cuneo fiscale non arriverà a concedere ai lavoratori quello stipendio in più all’anno promesso da alcuni partiti prima delle elezioni. E ancora: potrebbe saltare del tutto il taglio delle tasse che era stato previsto da Draghi nella delega fiscale, con l’abolizione dell’Irap, la revisione dell’Ires e un’ulteriore rimodulazione dell’Irpef, ma anche l’aumento del 50% dell’assegno unico per i figli (che potrebbe slittare al prossimo anno).

Infine sono a rischio: l’aumento di platea e cifra del bonus 150 euro inizialmente previsto da Fratelli d’Italia; lo sconto sul prezzo della benzina (anche considerando che il prezzo del petrolio è in calo); la proroga del cosiddetto ’bonus Draghi’ sulla prima casa per gli under 36 (che costa 1,4 miliardi all’anno); la riduzione dell’Iva sui beni alimentari e di prima necessità.

Bolletta gas e luce, gli interventi per ridurre i costi

A rendere il quadro ancora più difficile c’è il fatto che i prossimi aumenti in bolletta di ottobre costringeranno quasi sicuramente il governo Draghi a intervenire con un nuovo decreto da 4 miliardi per abbassare i costi. I soldi verrebbero presi dagli extragettiti fiscali di settembre.

E ancora: visto che da qui all’inizio del prossimo anno, quando entrerebbe in vigore la Manovra, il peso del caro-energia e dell’inflazione potrebbe essere molto alto, Meloni pensa a un decreto-energia entro fine anno. La speranza sarebbe mettere in campo subito 20 miliardi di euro, per portare fino a fine anno tutti gli aiuti del decreto Aiuti ter e forse aggiungere il disaccoppiamento nazionale tra prezzo dell’energia elettrica e prezzo del gas.

La leader di Fratelli d’Italia vorrebbe che lo facesse l’Unione europea, magari assieme a un tetto europeo al prezzo del gas coperto da fondi comunitari, ma se la mossa non arrivasse interverrebbe lo Stato con “un costo contenuto per le casse pubbliche”. Secondo Meloni, così, si potrebbero tagliare i costi anche del 40%. Peccato che per gli ultimi tre mesi dell’anno si attende un balzo del 60% per l’elettricità e del 70% per le tariffe del gas, con un primo forte salasso già a ottobre.

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