Partita IVA, tasse e contributi, la guida per scaglioni e calcolo

Nadia Pascale

3 Marzo 2025 - 09:53

Quali e quante sono le tasse e i contributi che devono versare le partite Iva? Sicuramente la tassazione in Italia è molto elevata, ma dal 2025 vi sono novità per i contributi e con Ires premiale.

Partita IVA, tasse e contributi, la guida per scaglioni e calcolo

Quante tasse paga un titolare di partita Iva? Spesso sono proprio le tasse e i costi connessi alla gestione di una partita Iva a trasformarsi in un deterrente e portano molti a desistere. Chiunque voglia intraprendere queste percorso si chiede: conviene questa scelta? Una disamina sulle tasse, contributi e imposte sui redditi e sui consumi, appare quanto mai opportuna.

In Italia essere professionisti o imprenditori non è sempre facile, ma fortunatamente è possibile scegliere tra diversi sistemi di tassazione, sebbene vi siano dei limiti.

Per capire quante tasse pagano le partite Iva è necessario prima vedere quali sono i regimi di tassazione e in un secondo momento vedere, in base alla scelta, quali e quante tasse devono essere pagate.
Ci sono 3 regimi che oggi è ancora possibile scegliere: il regime ordinario, il regime forfettario e, infine, il regime semplificato (molto simile all’ordinario).

Fin da ora si sottolinea che la guida ha ad oggetto gli aspetti prettamente fiscali, non sono compresi altri costi connessi all’attività, come le utenze.

Vediamo quindi quali e quante tasse paga una partita Iva.

Tasse partita Iva con il regime forfettario

La disamina prende il via per maggiore chiarezza dal regime forfettario perché prevede il minor numero di adempimenti e di conseguenza analizziamo con gradualità gli adempimenti. Segue il regime ordinario e, infine, il regime semplificato.

Il regime forfettario è stato introdotto per la prima volta con la legge di stabilità del 2015, non è questa la sede per esaminare le differenze e le novità che si sono manifestate nel tempo, quindi vediamo in sintesi la disciplina attuale.

Il regime forfettario è un regime speciale, di conseguenza non possono aderire tutti. La prima preclusione riguarda le spese sostenute per il personale (dipendente e lavoro accessorio) che, per poter accedere e permanere nel forfettario, non devono essere superiori a 20.000 euro. Un’altra condizione è non aver percepito oltre 35.000 euro di redditi da lavoro dipendente o da pensione (limite innalzato dal 1° gennaio 2025, in precedenza era 30.000). Tale soglia non si applica ai lavoratori licenziati o che si sono dimessi, che quindi hanno libero accesso al regime agevolato.

Un ulteriore limite è rappresentato dalla somma di ricavi e compensi che non può essere superiore a 85.000 euro l’anno. Al superamento di tale soglia nell’anno successivo si entra automaticamente nel regime ordinario. Nel caso in cui sia superata la seconda soglia, fissata in 100.000 euro, si entra immediatamente, anche in corso d’anno, nel regime ordinario e quindi devono essere posti in essere tutti gli adempimenti di questo.

Il regime forfettario è un sistema di tassazione agevolato in cui si versa un’unica imposta denominata “sostitutiva” in quanto sostituisce Irpef, addizionali comunali e regionali, Iva.
L’imposta sostitutiva si applica alla base imponibile, calcolata sommando gli importi percepiti e risultanti dalla fatturazione elettronica, applicando il coefficiente di reddività e sottraendo i contributi previdenziali.

L’aliquota applicata è al 5% per le startup di nuova costituzione e per i primi 5 anni e 15% negli altri casi.

Le spese non possono essere dedotte con il metodo analitico.
Chi sceglie il regime forfettario non pone in essere gli adempimenti Iva: coloro che applicano il regime forfettario non addebitano l’Iva in fattura ai propri clienti e non detraggono l’Iva sugli acquisti. Non liquidano l’imposta, non la versano, non sono obbligati a presentare la dichiarazione annuale e le comunicazioni periodiche.

Si ricorda che dal 1° gennaio 2024 tutti i contribuenti che hanno a aderito al regime forfettario devono predisporre la fatturazione elettronica.

Tasse partita Iva per chi sceglie il regime ordinario

Ora che abbiamo esaminato gli adempimenti e la tassazione relativamente semplice per i contribuenti che hanno preferito il forfettario, vediamo le tasse che pagano le partite Iva ordinarie. Qui le cose diventano più complicate soprattutto dal punto di vista degli adempimenti che, naturalmente, hanno un costo che qui è difficile quantificare.

Chi ha una partita Iva ordinaria deve pagare:

Tasse partita Iva: Iva

L’Iva (imposta sul valore aggiunto) deve essere applicata in fattura con un’aliquota compresa tra il 4% e il 22%, dipende dalla tipologia di prodotto o di servizio fornito. La stessa deve però essere addebitata al consumatore finale.

Un esempio pratico può aiutare: un negoziante acquista 1.000 euro di merce all’ingrosso a cui si applica un’aliquota del 22%, di conseguenza deve pagare 220 euro al fornitore. Di questi 220 euro corrispondono a un credito Iva maturato.

Vende in blocco la merce a un netto di 1.500 euro, deve applicare l’Iva al 22% quindi riscuote 1.830 euro, 330 euro sono Iva, deve versare all’Erario la differenza tra 330 euro e 220 euro, quindi 110 euro.

Naturalmente non dimentichiamo gli adempimenti come la tenuta dei registri Iva, i versamenti con liquidazioni periodiche (Lipe) e la dichiarazione annuale Iva.

Partita Iva: chi paga l’Irpef?

Passiamo all’Irpef, Imposta sul reddito delle persone fisiche. L’Irpef è dovuta da lavoratori autonomi e professionisti, non è dovuta da coloro che hanno deciso di esercitare l’attività sotto altre forme giuridiche, cioè: società di persone e società di capitali (vedremo a breve cosa versano queste).

L’Irpef è una tassa progressiva e guardando le aliquote ci si rende subito conto che sono più elevate rispetto al forfettario. Per il 2025 le aliquote sono:

  • 0-28.000 euro: 23%;
  • 28.000,01 a 50.000 euro: 35%;
  • da 50.000,01: 43%.

Su una base imponibile di 70.000 euro, è ciò che resta della somma di ricavi e compensi dopo aver applicato le deduzioni, si applicano 3 aliquote:

  • primo scaglione 0-28.000: 23%= 6.440 euro;
  • secondo scaglione 22.000 euro: 35%= 7.700 euro;
  • terzo scaglione 20.000 euro: 43%= 8.600 euro.

Ne consegue un’imposta lorda di 22.740 euro, con un’aliquota media del 32,49%.
A questa Irpef lorda si possono applicare detrazioni.

A tali aliquote devono essere aggiunte le addizionali regionali e comunali. Ricordiamo che lo scaglione successivo si applica per la parte di reddito eccedente rispetto allo scaglione precedente.

Nel regime ordinario, rispetto al forfettario, cambia la determinazione della base imponibile, in questo caso le spese relative all’attività devono essere dedotte con il metodo analitico e non forfettario, quindi si tratta di una base imponibile che può essere definita reale.

A partire dal 2025 le spese sostenute per essere dedotte dal reddito devono essere sostenute con strumenti di pagamento tracciabili, quindi è bene porre attenzione.

L’IRPEF non si applica alla “No Tax Area”, ossia un valore di reddito al di sotto del quale la persona fisica è esente da imposizione fiscale. Per il 2025 rientrano nella no tax area i redditi da lavoro autonomo fino a 5.500 euro all’anno.

Tasse partita Iva: Ires

Per le società e i trust l’Irpef è sostituita dall’Ires (Imposta sui redditi delle società), la determinazione della base imponibile è simile, ma in questo caso si applica un’aliquota proporzionale al 24%.

Ires premiale 2025

Per i soggetti Ires vi è un’importante novità a partire dal 2025, si tratta dell’Ires premiale, o mini-Ires, una tassazione agevolata per coloro che reinvestono in azienda gli utili.

L’Ires è l’Imposta sui redditi delle società, è disciplinata decreto legislativo 344 del 2003 ed è entrata in vigore il 1° gennaio 2004 in sostituzione dell’Irpeg. Le novità introdotte dal decreto legislativo 344 hanno poi modificato l’articolo 72 del Tuir, che ora disciplina l’Ires.

L’Ires premiale è disciplinata dalla Legge di Bilancio 2025, consiste in una riduzione dell’aliquota ordinaria di 4 punti percentuali per chi investe in azienda gli utili.
La nuova Ires premiale punta al rinnovamento e all’occupazione e mira a ridurre le imposte per chi fa investimenti qualificati, in particolare in beni strumentali e in occupazione.

Per ottenere lo sconto sull’Ires con aliquota al 20% e non al 24%, la quota di utili che deve restare in azienda ed essere reinvestita è almeno del 80%. L’investimento può essere effettuato in beni strumentali, materiali e immateriali (ad esempio software), ricerca, sostenibilità oppure in nuove assunzioni.

Tasse partita Iva: Irap

Le partite Iva in regime ordinario versano l’Irap. In questo caso occorre prestare attenzione perché la legge di bilancio per il 2022 ha previsto l’esenzione dal versamento dell’Irap per le persone fisiche (lavoratori autonomi e professionisti).

Di conseguenza versano l’Imposta regionale sulle attività produttive:

  • s.p.a. (società per azioni),
  • s.r.l. (società a responsabilità limitata),
  • s.a.p.a.: (società in accomandita per azioni),
  • s.n.c.: (società in nome collettivo),
  • s.a.s.: (società in accomandita semplice).

L’aliquota è al 3,9%, ma ogni Regione può decidere di aumentarla o ridurla fino a un massimo di 0,92 punti percentuali anche in base al tipo di attività svolta dall’impresa. Ricordiamo che le entrate Irap finanziano il Sistema Sanitario Nazionale.

Tassazione regime semplificato

Resta, infine, in via residuale il regime semplificato. Questo prevede le stesse tasse del regime ordinario, si applica ad attività di minori dimensioni, vedremo a breve i limiti, ma applicando il regime di cassa e non di competenza. Cosa vuol dire? Il reddito determinato per cassa prevede che costi e ricavi siano contabilizzati in base alla data di effettivo esborso o incasso.

Possono aderire tutte le imprese individuali e le società di persone se i loro ricavi nell’arco di un anno solare non superano i seguenti limiti:

  • 500.000 euro per le prestazioni di servizi,
  • 800.000 euro per tutte le altre attività.

Per le persone fisiche non vi sono limiti.

Contributi previdenziali per le partite Iva

Altra nota dolente per le partite Iva sono i contributi previdenziali da versare alla propria cassa di appartenenza. Le casse private, ad esempio cassa forense, commercialisti... hanno un regolamento proprio, per quanto riguarda l’INPS, invece, molto cambia in base alla gestione a cui ci si iscrive e al proprio codice Ateco e quindi in base all’attività che si svolge.

A partire dal 2025 per artigiani e commercianti trovano applicazione nuove aliquote contributive:

  • 24% per gli artigiani;
  • 24,48% per i commercianti.
    Le aliquote si applicano a tutti i titolari e collaboratori, compresi quelli di età non superiore ai 21 anni.

Ricordiamo che per queste due categorie è prevista una contribuzione minima calcolata su un reddito minimo di 18.555 euro annui. Ne consegue che ogni anno, anche se non raggiungono tale limite di reddito devono versare all’INPS:

  • 4.460,64 euro per gli artigiani;
  • 4.549,70 euro per i commercianti.

Sempre a partire dal 2025 per coloro che iniziano un’attività vi è una riduzione del 50% dei contributi Inps. La riduzione si applica ad artigiani e commercianti per i 36 mesi di iscrizione, compresi i forfettari (Legge di Bilancio 2025).

Infine, nell’ambito dei contributi previdenziali, esclusi quelli Inail, vi è la possibilità di accedere alla deduzione fino al 130% del costo dei contributi versati per le nuove assunzioni.

Si ricorda che i contributi Inps minimali devono essere versati in quattro rate annuali, con le seguenti scadenze:

  • 16 maggio;
  • 20 agosto;
  • 17 novembre;
  • saldo entro febbraio dell’anno successivo.

Più complesso il calcolo per la Gestione Separata Inps, è possibile trovare lo stesso descritto nel dettaglio nell’articolo: Contributi Gestione Separata Inps 2025: aliquote, importi e novità.

Concordato preventivo biennale

Chi vuole conoscere in anticipo le tasse che deve pagare, può scegliere un’alternativa, cioè aderire al concordato preventivo biennale.

Si ricorda che è preclusa tale possibilità a chi intraprende una nuova attività, infatti, in questo caso non ci sono elementi da valutare per determinare la base imponibile per l’accordo tra contribuente e Fisco.

La strada del concordato preventivo biennale è preclusa anche ai titolari di partita Iva in regime forfettario, infatti, solo per il 2024 è stato adottato in via sperimentale, ma dal 2025 l’accordo è precluso a chi ha scelto tale regime fiscale.

In questo caso l’ammontare delle imposte è determinato dall’Agenzia delle Entrate per due anni di imposta avendo come riferimento diversi parametri. I principali sono: l’ammontare di ricavi e compensi generati negli anni precedenti e i punteggi Isa.

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