Parto in casa, rischio interruzione colposa di gravidanza se il neonato muore. Significato e rischi

Ilena D’Errico

08/12/2023

Cosa significa interruzione colposa di gravidanza? Ecco di cosa tratta questo reato e quali sono le conseguenze per chi lo commette.

Parto in casa, rischio interruzione colposa di gravidanza se il neonato muore. Significato e rischi

Martedì 5 dicembre una donna ha partorito prematuramente in casa (a Cisternino) una neonata, che è morta. Le cause del decesso non sono ancora chiare, ma la mamma (ancora ricoverata) è indagata per interruzione colposa di gravidanza. La donna ha dichiarato di non sapere di essere incinta, ma sono ancora in corso gli accertamenti della procura di Brindisi, nonché quelli sanitari con l’autopsia per il 13 dicembre.

L’accaduto è drammatico sotto tutti i profili e l’accusa di reato per la donna non fa che rendere la vicenda ancora più triste, a prescindere da quale esito confermeranno gli organi competenti. Si fa però luce su un reato previsto dal nostro ordinamento, quello di interruzione colposa di gravidanza, che è ancora poco conosciuto.

Si tratta di una fattispecie penale a sé stante, diversa dall’omicidio, dall’interruzione non volontaria di gravidanza e diversa anche dai limiti sull’aborto con le relative discipline penali.

Cosa significa interruzione colposa di gravidanza

L’interruzione colposa di gravidanza è un reato definito dall’articolo 593 bis del Codice penale, il quale punisce anche la provocazione per colpa del parto prematuro.

Con “interruzione di gravidanza” ci si riferisce a un evento che causa la morte dell’embrione o del feto per cause esogene, cioè provenienti dal di fuori dell’organismo materno. In questo caso, l’ordinamento penale guarda all’interruzione provocata da colpa, ovvero negligenza, imprudenza o mancato rispetto della legge. Si parla quindi anche di “aborto colposo”.

Il reato per colpa può essere causato sia da un’azione vera e propria che da un’omissione, senza che però vi sia l’intenzione di compierlo da parte dell’autore (tanto che anche i soggetti danneggiati possono concorrere nel reato).

Il reato di interruzione colposa di gravidanza

Il reato di interruzione colposa di gravidanza rientra fra i reati contro la maternità, ma a differenza degli altri (come il reato di interruzione non volontaria) riguarda principalmente la tutela del feto. La salvaguardia della madre è un aspetto assolutamente importante, ma secondario rispetto alle finalità di questa disposizione.

Le sentenze e i casi di cronaca più noti aventi ad oggetto questo reato riguardano spesso la responsabilità del personale sanitario, con riferimento ai decessi occorsi sotto la sua cura. Anche in questo caso, peraltro, può esserci un concorso di reato da parte della madre, ad esempio nel caso in cui abbia chiesto le cure tardivamente. In questi casi, però, la madre concorrente nel reato non riceve la stessa pena degli altri autori di reato, in quanto già parzialmente danneggiata.

In ogni caso, è bene sottolineare che si tratta di un reato comune, dunque che può essere compiuto da chiunque, compresa la madre. Affinché si concretizzi questo reato non ci deve essere la volontà di interrompere la propria o altrui gravidanza, ma una colpa, cioè un errore grave ma non finalizzato al reato.

Per esempio, il datore di lavoro che costringe una donna incinta a lavorare nonostante il diritto alla maternità e a causa di ciò provoca l’interruzione della gravidanza è perseguibile penalmente. Il reato, infatti, si basa come molte altre fattispecie penali sul concetto di colpa, ovvero l’errore che avrebbe potuto essere evitato.

Tornando al caso citato in apertura, sarà verificato se la donna effettivamente non sapesse di essere incinta e se ci fossero ragioni valide per non sospettarlo, ma anche se avrebbe potuto agire diversamente nel tragico giorno.

Cosa si rischia

Il reato di interruzione colposa di gravidanza è punito con la reclusione da 3 mesi a 2 anni, mentre se viene provocato il parto prematuro (in cui la giurisprudenza annovera anche quello clinicamente detto pretermine) la pena viene diminuita, fino alla metà.

Si tratta di un reato procedibile d’ufficio, che non necessita dunque di querela da parte della vittima o denuncia di altre persone.

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