Qual è il significato di peculato? Ecco tutto quello che c’è da sapere sul reato di peculato, dalla pena alla prescrizione.
Cosa vuol dire peculato, cosa si rischia, quali sono i termini di prescrizione e, soprattutto, qual è la differenza rispetto all’appropriazione indebita? Ecco tutto quello che c’è da sapere su questo tipo di reato.
Cosa vuol dire peculato: significato e definizione
Peculato è un reato previsto dal Codice penale che può essere commesso esclusivamente da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio e mai da un privato cittadino. Entrando nei dettagli, come riportato da Treccani, significa:
«truffare, amministrare in modo disonesto. Nel linguaggio giuridico, delitto del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio che si appropria di denaro o altra cosa mobile di cui abbia il possesso o la disponibilità in ragione del suo ufficio o servizio».
Un esempio di peculato è quando un tesoriere comunale o un altro funzionario che amministra soldi statali si appropria in modo indebito di somme appartenenti all’ente pubblico. Un altro esempio è il caso di un dirigente pubblico che obbliga un sottoposto a dedicare buona parte delle ore di lavoro a garantire dei vantaggi personali al dirigente, sottraendo di conseguenza del tempo utile allo svolgimento delle proprie mansioni.
Il reato di peculato e peculato d’uso: cosa dice la legge
Come previsto dall’articolo 314 del Codice penale il peculato è un reato commesso da un pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio che:
«avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria, è punito con la reclusione da quattro anni a dieci anni e sei mesi. Si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni quando il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo l’uso momentaneo, è stata immediatamente restituita».
Il secondo comma dell’articolo 314 del Codice penale prevede la fattispecie di peculato d’uso che è stata introdotta nel 1990. Questa si distingue per la temporaneità dell’uso dei beni o dei soldi sottratti che vengono restituiti in un secondo momento. Essendo, come è facile intuire, un reato meno grave, anche la pena risulta essere più leggera, come vedremo più avanti.
Al fine di evitare possibili distorsioni interpretative, inoltre, attraverso la riforma numero 86 del 1990 è stata cancellata la fattispecie del reato di peculato per distrazione. Quest’ultimo si manifesta quando l’oggetto materiale del reato, a prescindere che sia denaro o un altro bene, viene destinato ad uno scopo diverso da quello originariamente previsto. Ovvero viene svolta un’attività volta a conseguire scopi estranei alle mere finalità istituzionali.
La pena per peculato nel Codice Penale
- Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio accusato di peculato può essere punito con una reclusione da 4 a 10 anni e 6 mesi. La pena applicata differisce anche a seconda del fatto che l’appropriazione sia temporanea o permanente. In quest’ultimo caso il soggetto interessato può essere punito con la reclusione da 3 a 10 anni.
- Nel caso del peculato d’uso, invece, la reclusione va da 6 mesi a 3 anni. Il periodo di reclusione risulta essere inferiore anche in caso di restituzione delle somme. In particolare se il colpevole ha agito con il solo intento di utilizzare momentaneamente il denaro o il bene pubblico rischia la reclusione da 6 mesi a 3 anni.
Il peculato, quindi, è un reato contro la Pubblica amministrazione che viene punito in modo chiaro e pesante dall’ordinamento. La condanna per tale reato, infatti, comporta l’interdizione dai pubblici uffici. Se un soggetto commette tale tipo di reato è fondamentale rivolgersi ad un avvocato penalista che possa aiutare a comprendere al meglio quali siano i rischi e le possibili soluzioni.
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Peculato: i termini di prescrizione
Con il termine prescrizione si fa riferimento ad un istituto previsto sia nel diritto civile che in quello penale. In ambito penale consiste, a conti fatti, nella rinuncia da parte dello Stato di far valere la propria pretesa punitiva per via del fatto che sia trascorso un determinato lasso temporale dal momento in cui è stato commesso il reato. Soffermandosi sul reato di peculato, quest’ultimo si prescrive entro 10 anni e 6 mesi. Le tempistiche sono pari a 6 anni nel caso di peculato d’uso.
La prescrizione, è bene ricordare, corrisponde al tempo massimo della pena prevista dal Codice Penale. A differenza dell’ambito civile, infatti, quello penale non prevede l’interruzione della prescrizione durante il processo e per questo motivo un reato come quello del peculato va in prescrizione nei termini corrispondenti alla pena massima stabilita per lo stesso reato, in tal caso di 10 anni e 6 mesi.
La differenza tra peculato e appropriazione indebita
Come già detto, il peculato è un reato che può essere commesso solamente da chi possiede la qualifica di pubblicato ufficiale o perlomeno da un incaricato di un pubblico ufficio. Con il termine appropriazione indebita, invece, in base a quanto stabilito dall’articolo 646 del Codice Penale, si fa riferimento a:
«Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria il denaro o la cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a tre anni e con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da euro 1.000 a euro 3.000».
La principale differenza tra peculato e appropriazione indebita, in effetti, è data proprio dal soggetto attivo, ovvero dalla persona che compie il reato. Il peculato può essere commesso solamente da un pubblico ufficiale, mentre l’appropriazione indebita da qualsiasi cittadino. Ma non solo, anche la pena risulta essere meno grave per l’appropriazione indebita rispetto al peculato. Istituendo il reato di peculato, il legislatore ha voluto garantire l’imparzialità della Pubblica Amministrazione.
Se tale reato non fosse perseguito, infatti, i cittadini finirebbero per sostenere delle spese non in favore della collettività, bensì di un singolo dipendente pubblico che sfrutta, indebitamente, il servizio che svolge. Un’importante forma di tutela del patrimonio che viene affidato alla Pubblica Amministrazione al fine di evitare possibili danni che ricadrebbero, inevitabilmente, sulle teste e soprattutto sulle tasche dei cittadini.
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