Quota 41 per tutti è un obiettivo dichiarato del governo Meloni: meno chiari i tempi in cui la riforma delle pensioni verrà portata a compimento. Parla il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon.
Nonostante l’incontro con i sindacati non sia andato come si sperava - con le parti sociali che lo hanno definito inconcludente - il governo sembra avere le idee chiare sulla riforma delle pensioni, specialmente per la parte riferita agli anticipi: l’obiettivo è permettere a ciascun lavoratore di poter smettere di lavorare a qualsiasi età a patto di aver raggiunto i 41 anni di contributi.
Di fatto si tratterebbe di rivedere quanto oggi previsto per la pensione anticipata, l’unica misura (insieme a Quota 41 riservata ai precoci) che consente di andare in pensione indipendentemente dall’età, avendo raggiunto i 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e i 41 anni e 10 mesi per le donne.
Che Quota 41 per tutti sia un obiettivo dichiarato dal governo è cosa nota, meno quando intende arrivare a una tale estensione che di fatto - rivedendo i requisiti della pensione anticipata - comporterebbe un primo parziale superamento della legge Fornero.
Tra i promotori dell’estensione di Quota 41 per tutti c’è specialmente la Lega, tra cui il sottosegretario al ministero del Lavoro Claudio Durigon che nella scorsa legislatura è stato tra i depositari di un apposito disegno di legge. A tal proposito, Durigon ha risposto alle domande avanzate da Formiche.net, fornendo loro i chiarimenti sullo stato delle cose.
Un’intervista che ci è utile per fare il punto sulle intenzioni del governo riguardo alla riforma delle pensioni, anche perché per adesso di passi in avanti nella trattativa con i sindacati non ne sono stati fatti.
Perché il governo punta forte su Quota 41 per tutti
Estendere Quota 41 permetterebbe di anticipare l’accesso alla pensione di qualche anno rispetto a quanto previsto dalla pensione anticipata, ma di certo non è l’unica misura di flessibilità possibile. Perché allora il governo ha deciso di puntarvi così forte? Durigon ritiene che si tratti di una misura che rappresenta un “equo punto di equilibrio” tra gli anni lavorati e l’effettivo salario che una persona può ottenere in relazione ai contributi versati.
In poche parole, Quota 41 - considerando anche che dall’approvazione della riforma Dini del 1996 il sistema contributivo acquisisce sempre più peso ogni anno - ha il vantaggio di far sì che il lavoratore possa smettere di lavorare con qualche anno (o mesi nel caso delle donne) di anticipo ma senza rischiare di percepire una pensione molto bassa e che quindi richiederebbe un maggior intervento da parte dello Stato (visto il riconoscimento di misure d’integrazione).
Ricordiamo, infatti, che con il sistema contributivo si tiene conto esclusivamente dei contributi versati negli anni di lavoro per quantificare l’importo della pensione e che quindi smettere di lavorare con largo anticipo potrebbe comprometterne il valore.
Quota 41 è sostenibile?
Secondo i calcoli della Ragioneria dello Stato, Quota 41 per tutti avrebbe un costo di circa 4 miliardi di euro l’anno, a salire, con picchi anche di 9 miliardi.
Ma Durigon non ritiene che si tratti di un costo insostenibile: come è stato per Quota 100, per la quale non si è venuto a creare “alcun dissesto finanziario di proporzioni catastrofiche” come gli oppositori avevano previsto, neppure Quota 41 per tutti metterà a rischio la stabilità del sistema pensionistico.
Anche perché, ritiene Durigon, Quota 41 “gioverebbe anche alle aziende” in quanto potranno approfittare delle maggiori uscite per investire sul nuovo personale. Ci sarebbe quindi un maggior turnover: più uscite certo, ma allo stesso tempo un maggior numero di occupati.
A che punto siamo per la riforma delle pensioni
Nell’intervista rilasciata a Formiche.net, Durigon spiega le ragioni per cui, come lamentato dai sindacati, il governo non ha ancora presentato un piano programmatico rispetto alla riforma delle pensioni.
Come confermato dal sottosegretario al ministero del Lavoro, infatti, per il momento quel che è certo è l’impegno del governo ad arrivare all’estensione di Quota 41 entro la fine della legislatura (quindi entro il 2026), quando è in programma una “riforma complessiva del sistema pensionistico”.
Per il momento non è dato sapere quanti passi in avanti verso il traguardo potranno essere fatti già nel 2024: prima di sbilanciarsi a riguardo, infatti, il governo attende di sapere con certezza le risorse a disposizione da inserire nella prossima finanziaria. Ciò significa che prima della fine di settembre non si avranno notizie concrete: bisognerà infatti aspettare l’approvazione della nota di aggiornamento al Def, attesa entro il 27 settembre prossimo.
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