Pensione: taglio dell’importo in caso di ricalcolo interamente contributivo dell’importo. Cosa cambia rispetto al sistema misto.
Chi ha la pensione calcolata con il sistema misto, quindi con una parte di retributivo e con l’altra di contributivo, è sicuramente penalizzato da un ricalcolo dell’assegno interamente con il sistema contributivo.
A oggi, solamente l’Opzione Donna e l’Opzione contributiva Dini (con la quale si può accedere alla pensione di vecchiaia con soli 15 anni di contributi) prevedono che da un calcolo misto si passi a uno meramente contributivo, con una conseguente penalizzazione dell’assegno. Tuttavia, visto anche il discorso aperto sulla riforma delle pensioni per il dopo Quota 100, si sta prendendo sempre più in considerazione l’introduzione di misure di flessibilità che prevedano un ricalcolo interamente contributivo per chi vi accede. In questo modo si spera di ridurre i costi della riforma, facendoli gravare direttamente sul neo pensionato.
Ad esempio, nel disegno di legge (depositato dalla Lega) che punta a riconoscere a tutti la possibilità di andare in pensione con 41 anni di contributi - indipendentemente dall’età anagrafica - si legge appunto della possibilità di prevedere un ricalcolo interamente contributivo dell’assegno per chi vi ricorre.
Detto questo, ci siamo chiesti quanto cambia l’assegno calcolato con il sistema misto rispetto quello risultante dal ricalcolo contributivo.
Va detto che la differenza varia a seconda della posizione contributiva dell’interessato: più è “sostanziosa” la parte calcolata con il retributivo, infatti, e più sarà alto lo scarto in caso di ricalcolo con il contributivo.
Di seguito, dopo fatta chiarezza sulle formule, trovate comunque alcuni esempi utili che vi aiuteranno a capire meglio.
Calcolo misto della pensione e ricalcolo contributivo: le differenze
Quando si parla di calcolo misto dell’assegno di pensione si fa riferimento a quegli assegni calcolati per una parte con le regole del regime retributivo e per l’altra con quelle del contributivo.
Nel dettaglio, il retributivo si applica per i contributi accreditati:
- entro il 31 dicembre 1995;
- entro il 31 dicembre 2011 per coloro che alla data del 1° gennaio 1996 hanno maturato 18 anni di contributi.
Questo guarda alle medie delle ultime retribuzioni percepite, le quali - una volta rivalutate - vengono moltiplicate per un’aliquota di rendimento che solitamente è pari al 2% per ogni anno di contribuzione.
Per il contributivo (che si applica per i periodi successivi), invece, si tiene conto non di tutta la retribuzione ma solamente di quella parte che ogni anno viene versata a titolo di contribuzione (il 33% nel caso dei lavoratori dipendenti). Questi contributi - anch’essi rivalutati in base alla variazione del costo della vita - vengono accumulati nel montante contributivo, il quale “diventa” assegno di pensione con l’applicazione del cosiddetto coefficiente di trasformazione, tanto più elevato quanto più si ritarda l’accesso alla pensione.
Il contributivo è più penalizzante rispetto al retributivo. Se prima del 1996 si consideravano le ultime retribuzioni percepite (che solitamente sono anche le più elevate), dopo si è deciso di guardare solamente ai contributi versati.
Esempio pratico
Per capire la differenza, prendiamo come esempio un lavoratore che nei 20 anni di lavoro ha avuto una retribuzione annua lorda di 30.000€, senza variazioni, che va in pensione a 67 anni.
- se ipoteticamente l’assegno di pensione sarebbe stato calcolato con il metodo retributivo, questo avrebbe avuto un importo pari al 2% per ogni anno di contributi (20 anni) della media delle retribuzioni percepite (quindi 30.000,00€ in questo caso). Di conseguenza, avrebbe avuto diritto a un 40% di 30.000,00€, per una pensione annua pari a 12.000,00€;
- se ipoteticamente l’assegno di pensione sarebbe stato calcolato con il solo metodo contributivo, questo avrebbe avuto un montante contributivo pari a 9.900,00€ per ogni anno di lavoro, per un totale di 198.000,00€ considerando i 20 anni suddetti. Questo montante contributivo (al netto delle rivalutazioni) verrebbe trasformato in pensione tramite l’applicazione di un coefficiente di trasformazione che per chi ci va a 67 anni è pari al 5,575%, con il risultato di una pensione annua di 11.038,50€.
C’è, dunque, uno scarto di circa 1.000,00€ tra i due sistemi. Ovviamente non va considerato come una differenza fissa, in quanto questa varia a seconda della posizione retributiva, e contributiva, dell’interessato.
Prendiamo l’esempio precedente e pensiamo che anziché 20 anni di contributi ce ne fossero stati 40. In quel caso, con il calcolo retributivo si avrebbe avuto diritto all’80% della media delle retribuzioni, quindi a una pensione di 24.000,00€ annui. Nel secondo, ossia con il calcolo interamente contributivo, la pensione calcolata su un montante contributivo di 396.000,00€ sarebbe stata di 22.077,00€, quindi 2.000,00€ di differenza.
Ricalcolo contributivo della pensione: quanto si perde?
Il ricalcolo contributivo della pensione è quindi più svantaggioso rispetto al sistema misto. Ovviamente, come anticipato, la penalizzazione è tanto maggiore quanto più ampia è la quota di contributi che si trasforma in pensione applicando le regole del retributivo.
Prendiamo due lavoratori che hanno avuto uno stipendio più o meno simile in 20 anni di lavoro, ma uno ha iniziato a lavorare nel 1985 e l’altro nel 1992. Ovviamente il primo, il quale ha 11 anni di contributi nel retributivo, sarà maggiormente svantaggiato rispetto al secondo, che ne ha appena 4 anni.
Esempio pratico
Facciamo un po’ di esempi per capire meglio, partendo ad esempio dall’Opzione Donna. Abbiamo Tizia che ha iniziato a lavorare nel 1985, maturando 35 anni di contributi nel 2021, anno in cui compie 59 anni raggiungendo così il diritto al pensionamento con Opzione Donna.
Questa ha 10 anni di contributi nel retributivo e i restanti 25 nel contributivo.
Nei primi 10 anni ha avuto una retribuzione media di 25.000,00€ annui, mentre successivamente ha beneficiato di un incremento a 35.000,00€.
Per il calcolo della pensione con il sistema misto, quindi, bisogna suddividere le due quote:
- con il retributivo spetta un 20% dei 25.000,00€, dunque una pensione annua di 5.000,00€;
- con il contributivo, invece, si tiene conto del 33% accumulato annualmente con una RAL da 35.000,00€, dunque 11.550,00€ che per 25 anni dà come risultato 288.750,00€. Spetta, quindi, una pensione pari al 4,399% (coefficiente previsto per chi smette di lavorare a 59 anni), ossia 12.702€.
Sommando le due quote, si ha una pensione di 17.702€ annui.
Come sarebbe cambiata in caso di ricalcolo interamente contributivo?
Come prima cosa bisogna vedere la contribuzione versata negli anni in cui la retribuzione media è stata di 25.000,00€. Si tratta di 8.250,00€ l’anno, che moltiplicata per 10 anni di lavoro dà come risultato 82.500,00€. Aggiungendola al montante contributivo suddetto si ha come risultato 371,250,00€, che moltiplicati per il coefficiente di trasformazione del 4,399% danno una pensione annua di 16.331,28€.
Una differenza di circa 1.400,00€ annui.
Mettiamo il caso, invece, che questa avesse iniziato a lavorare nel 1990 e avesse avuto solamente 5 anni di retributivo (con retribuzione pari a 25.000,00€) e 30 di contributivo (5 con retribuzione a 25.000,00€ e gli altri 25 con retribuzione da 35.000,00€. La pensione calcolata con il misto sarebbe stata pari a:
- 2.500,00€ nel retributivo;
- montante contributivo di 330.00,00€, dunque 14.516,70€;
- totale: 17.016,70€.
Con il contributivo puro, invece, questa avrebbe avuto una pensione, come visto in precedenza, di circa 17.700€ annui, quindi la penalizzazione sarebbe stata della metà, in quanto lo scarto è di soli 700€.
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