La pensione di reversibilità si perde con la rinuncia all’eredità?

Ilena D’Errico

18 Gennaio 2023 - 18:34

Se il defunto aveva troppi debiti conviene rinunciare all’eredità, senza perciò perdere la pensione di reversibilità. Ecco perché.

La pensione di reversibilità si perde con la rinuncia all’eredità?

La rinuncia all’eredità appare molte volte come la soluzione preferibile, soprattutto se il defunto aveva molti debiti, oppure se i beni risultano poco convenienti per l’erede. Nonostante ciò, molte persone guardano con titubanza alla rinuncia, con la paura che possa pregiudicare tutte le altre prestazioni economiche, come la pensione di reversibilità.

Questo tipo di timore non è infondato, poiché non si può accettare l’eredità solo in parte. La rinunzia copre tutta la quota ereditaria, così come l’accettazione, precludendo al soggetto che ha rinunciato all’eredità anche il diritto sui beni voluti. È dunque vero che con la rinuncia all’eredità si perdono alcuni diritti, ma non si perde la pensione di reversibilità. Il motivo di questa regola è molto semplicemente insito nella natura stessa della reversibilità, che nulla ha a che fare con l’eredità.

Cos’è la pensione di reversibilità e come influisce sull’eredità

La pensione di reversibilità è una prestazione economica erogata dall’Inps a favore di determinati soggetti, in relazione al trattamento pensionistico del defunto. Si tratta quindi di una rendita di natura prettamente assistenziale, che non influisce sul patrimonio del defunto, e di conseguenza nemmeno sull’eredità. Questa disciplina è stata chiarita dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 268/1987, secondo la quale la pensione ai superstiti non ha natura successoria e viene regolata da specifiche leggi previdenziali.

L’ordinanza ammette quindi la possibilità di rinunciare all’eredità senza perdere la pensione di reversibilità (o nemmeno quella indiretta). Allo stesso tempo, confermata l’indipendenza fra l’eredità e la reversibilità, quest’ultima non ha alcuna rilevanza in merito alle quote ereditarie. Come si traduce questa normativa sul piano pratico?

  • Il chiamato all’eredità può rinunciarvi, senza perdere per questo il diritto alla pensione di reversibilità.
  • L’erede ha diritto a ricevere la quota che gli spetta senza dover rinunciare alla reversibilità. Quest’ultima, infatti, non deve essere conteggiata come lascito ereditario.

La pensione di reversibilità spetta agli eredi?

La legge è quindi piuttosto chiara in merito, ma la comprensibile confusione nasce dal fatto che la pensione di reversibilità, così come l’eredità, ha origine giuridica con l’evento della morte. La lista dei soggetti che possono beneficiare della reversibilità, oltretutto, è molto simile alla linea successoria individuata dal Codice civile. La reversibilità, infatti, spetta a:

  • Coniuge superstite.
  • Figli.
  • Genitori.
  • Fratelli celibi e sorelle nubili.

Nonostante l’apparente punto in comune, il diritto alla prestazione prescinde dalla qualità di erede. In altre parole, di regola è possibile avere diritto alla pensione di reversibilità senza essere eredi e viceversa, anche se difficilmente questa possibilità si palesa nella pratica. La ragione risiede nella regolamentazione dell’accesso alla reversibilità, la quale prevede requisiti solo parzialmente differenti rispetto a quelli richiesti per la successione. Nello specifico, sono da considerarsi beneficiari della pensione di reversibilità:

  • Il coniuge superstite.
  • Il coniuge legalmente separato senza colpa.
  • Il coniuge legalmente separato con addebito, al quale però era stato riconosciuto un assegno alimentare a carico del coniuge defunto.
  • Il coniuge divorziato beneficiario dell’assegno divorzile, purché non abbia contratto un nuovo matrimonio.
  • La parte unita in unione civile.
  • I figli e i figli equiparati inabili.
  • I figli e i figli equiparati fino al 18° anno di età.
  • I figli e i figli equiparati studenti a carico del genitore defunto (in particolare fino al 21° anno per gli iscritti alle scuole medie o professionali e fino al 26° per gli iscritti a un corso universitario).
  • I genitori con un’età superiore a 65 anni a carico del defunto al momento della morte e non percettori di altra pensione, ma soltanto in assenza di coniuge e figli.
  • Fratelli celibi e sorelle nubili inabili al lavoro e a carico del defunto al momento della morte, in mancanza degli altri soggetti elencati.

Cosa c’entra la pensione di reversibilità con l’eredità?

Evidentemente, le condizioni per perdere il diritto alla reversibilità sono del tutto differenti rispetto alle previsioni riguardanti l’eredità. Quest’ultima, oltretutto, può includere anche delle persone senza legami di parentela, se designate nel testamento. Ciononostante, è molto probabile che il soggetto beneficiario della reversibilità sia anche un erede, posta la facoltà di rinunzia. Tutti i soggetti indicati per il trattamento, infatti, fanno parte della linea successoria (a meno di eccezioni). Al contrario, è più probabile che un erede non abbia accesso alla pensione di reversibilità.

In particolare, sia per la linea successoria che per la reversibilità, alcuni soggetti acquisiscono il loro diritto soltanto in assenza degli altri. Si tratta, tuttavia, di una semplice somiglianza, dovuta a una ragionevole attribuzione delle priorità. Non a caso, infatti, esistono dei punti di distacco. Il coniuge divorziato, ad esempio, non ha diritto all’eredità. Allo stesso tempo, il figlio maggiorenne occupato non ha diritto alla reversibilità ma può accettare l’eredità.

Un’ulteriore differenza risiede nell’indegnità a succedere, che invece ha minima rilevanza per la pensione di reversibilità. La legge n. 125 del 27 luglio 2011 preclude ai familiari superstiti condannati per l’omicidio del pensionato l’accesso alla reversibilità. Le cause di indegnità, invece, comprendono altri fattori oltre all’omicidio ed è quindi possibile che il beneficiario della reversibilità venga escluso dalla linea successoria, senza ripercussioni sulla prestazione.

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