Contributivi puri, ci sono almeno 5 cose che chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996 dovrebbe sapere se non vuole incorrere in spiacevoli sorprese nel momento di accesso alla pensione.
L’ultimo a lanciare l’allarme è stato Pasquale Tridico, ormai ex presidente dell’Inps, il quale ha posto l’attenzione sul fatto che le pensioni del futuro rischiano di essere sempre più povere.
La causa principale è il passaggio integrale al regime contributivo, sistema di calcolo che si applica per tutti i contributi versati successivamente al 1 gennaio 1996. Per chi ha iniziato a lavorare dopo questa data, quindi, la pensione futura verrà calcolata interamente con il sistema di calcolo contributivo e ciò, come vedremo meglio di seguito, avrà conseguenze non solo sull’importo dell’assegno ma anche sulle possibilità di pensionamento.
Ci sono, infatti, almeno 5 cose che coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1 gennaio 1996 dovrebbero sapere se non vogliono avere spiacevoli sorprese quando arriverà il momento di andare in pensione.
La pensione terrà conto dei soli contributi versati
La prima cosa da sapere è come funziona il calcolo contributivo. Solo così, infatti, puoi farti un’idea di quanto andrai a prendere di pensione e semmai ritieni che ci sia il rischio di incorrere in un assegno molto basso puoi intervenire subito per provare ad aumentarla (qui alcune soluzioni per farlo).
Nel dettaglio, nel sistema di calcolo contributivo si tiene conto dei soli contributi versati, i quali - una volta rivalutati - vengono trasformati in pensione applicando un coefficiente tanto più vantaggioso quanto più si ritarda l’accesso alla pensione.
Sono due, quindi, i fattori che incidono sull’importo della pensione:
- i contributi versati: bisognerà quindi tener conto degli stipendi percepiti, nonché degli anni di lavoro;
- l’età del pensionamento: tanto più si ritarda il collocamento in quiescenza, infatti, e tanto più si godrà di un coefficiente più alto.
Se la pensione è bassa non spettano integrazioni
Altra cosa da sapere è che la pensione acquisita interamente nel regime contributivo non dà diritto a integrazioni. Oggi, infatti, quando la pensione è inferiore al trattamento minimo - 563,74 euro nel 2023 - spetta un’integrazione che permette di raggiungere la suddetta soglia.
Tuttavia, per averne diritto è necessario avere almeno un contributo settimanale versato entro il 31 dicembre 1995. Chi è contributivo puro, quindi, deve rassegnarsi del fatto che la pensione maturata sarà anche quella effettivamente percepita.
Niente pensione a 67 anni se…
È risaputo che per la pensione di vecchiaia in Italia serve aver compiuto i 67 anni di età e i 20 anni di contributi. Tuttavia, per chi ha la pensione calcolata interamente con il contributivo è richiesto un ulteriore requisito: la pensione maturata deve essere pari o superiore a 1,5 volte il valore dell’assegno sociale.
Ad esempio, considerando che nel 2023 questo ha un valore pari a 503,27 euro, oggi per andare in pensione a 67 anni un contributivo puro dovrebbe aver maturato una pensione pari almeno a 754,90 euro. Obiettivo che potrebbe sembrare di facile raggiungimento, ma non è detto visto che appunto con il calcolo contributivo non è raro ritrovarsi con una pensione d’importo molto basso.
Pensione di vecchiaia con 15 anni di contributi?
Esiste oggi la possibilità di ridurre gli anni di contributi richiesti per l’accesso alla pensione di vecchiaia: non più 20 anni, bensì 15 anni. Ne sono un esempio, infatti, coloro che hanno un’anzianità assicurativa di almeno 25 anni e che hanno maturato meno di 52 settimane contributive in almeno 10 anni.
Tuttavia, come specificato dalla circolare Inps n. 16 del 2013, la terza deroga Amato, così come le altre due, si applica solamente nei confronti di coloro che rientrano nel regime di calcolo retributivo o misto e quindi hanno almeno un contributo versato entro il 31 dicembre 1995 (e un’anzianità assicurativa di almeno 28 anni).
Niente pensione con 41 anni di contributi
Esiste oggi una particolare forma di pensione anticipata che consente di andare in pensione con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età anagrafica. Conosciuta appunto come Quota 41, è riservata ai lavoratori precoci (chi entro i 19 anni di età ha maturato almeno 12 mesi di contributi) che rientrano in una delle categorie che necessitano di una maggior tutela (disoccupati, disabili, caregiver e addetti a lavori gravosi).
Tuttavia, l’accesso a Quota 41 è precluso a coloro che non possono vantare neppure un contributo settimanale entro il 31 dicembre 1995; quindi l’unica speranza per i contributivi puri è che il governo possa, come da programma elettorale, estendere Quota 41 a tutti i lavoratori, includendo così anche loro.
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