Bisognerà aspettare il 13 febbraio per l’incontro tra governo e sindacati, ma è già evidente che mancano i presupposti per l’attuazione della riforma delle pensioni: è allarme conti per l’Inps.
L’8 febbraio il governo avrebbe dovuto incontrarsi con i sindacati per discutere del futuro delle pensioni, ma l’incontro è stato rimandato.
L’ennesima conferma delle criticità della riforma prevista, quantomai minata dall’allarme dei conti Inps. Quest’ultimo, infatti, prevede di chiudere il bilancio d’esercizio con un negativo di quasi 10 miliardi di euro.
Allarme conti Inps, cosa succede e perché la riforma è da rivedere
Stando al bilancio preventivo 2022-2023 comunicato dall’Inps non sembrano esserci presupposti rassicuranti per l’attuazione delle spese previste dalla riforma. Il risultato economico per il 2023, infatti, dovrebbe avvicinarsi a –9,7 miliardi di euro alla fine dell’anno. Per avere un’idea più chiara della situazione, basta pensare che il bilancio del 2022 si era chiuso con un attivo di 1,8 miliardi. La sproporzione è quindi evidente.
Le motivazioni di questa ripida discesa sono senza dubbio da ricercarsi nel peggioramento generale del quadro economico. Quello che invece è sicuro è che sono indispensabili ora degli interventi mirati, almeno per limitare un peggioramento che sembra destinato a proseguire nel tempo. Si evidenzia poi un enorme problema di sostenibilità. Secondo le stime, infatti, nel 2050 il rapporto fra lavoratori e pensionati rischia di scendere fino a 1. Come sottolineato dal presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, è già osservabile una tendenza preoccupante:
- Ad oggi ci sono all’incirca 1,4 lavoratori per ogni pensionato.
- Nel 2029 i lavoratori per ogni pensionato dovrebbero scendere a 1,3.
Si tratta di una situazione estremamente delicata e complessa, in quanto l’intero equilibrio finanziario dell’Inps è messo duramente alla prova.
Il problema dell’andamento della spesa e l’impatto sul Pil
Un’altra delle gravi problematiche da cui risulta colpito l’Inps riversa sicuramente nell’andamento della spesa per le pensioni, che con i picchi dell’inflazione è lievitata considerevolmente, a causa dei maggiori costi per l’indicizzazione degli assegni pensionistici. In particolare, questa spesa dovrebbe, secondo le stime, salire dai 297,3 miliardi di euro del 2022 a:
- 320,8 miliardi di euro alla fine del 2023;
- 349,7 miliardi di euro nel 2025.
Una crescita che inevitabilmente influenza anche l’incidenza della spesa sul Pil, che nel dettaglio dovrebbe passare secondo queste previsioni dal 15,7% del 2022 al 16,4%. Un andamento che si scontra duramente con le previsioni, piuttosto dispendiose, contenute nella riforma promessa dal governo. Il problema della spesa, peraltro, era stato uno dei punti chiave affrontati nel primo incontro generale che si è tenuto a gennaio.
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Le spese della riforma si scontrano con la realtà: cosa ne pensano governo e sindacati
Il governo si è pronunciato sul problema della sostenibilità e dell’andamento della spesa in riferimento all’ente previdenziale, spiegando che gli effetti positivi auspicati dalla riforma dovrebbero in qualche modo compensare gli elementi più compromettenti. Nel dettaglio, la riforma dovrebbe consentire una netta separazione fra l’assistenza e la previdenza. Questa distinzione dovrebbe essere di grande aiuto nel far quadrare i conti (e in effetti è da tempo desiderata largamente dai sindacati).
Alberto Brambilla ha evidenziato questo fattore nell’ultimo rapporto del centro studi e ricerche Itinerari previdenziali, secondo cui nel 2021 sarebbe stato possibile diminuire l’incidenza nel Pil della spesa previdenziale al 12,11%, un dato perfettamente in linea con la media Eurostat. A questo scopo sarebbe tuttavia stata opportuna la promozione di alcuni interventi, in particolare l’esclusione di:
- Oneri assistenziali per maggiorazioni sociali.
- Integrazioni al minimo.
- Gias (gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali) dei dipendenti pubblici.
Ciò avrebbe permesso di ridurre l’impatto complessivo di ben 23.257 miliardi di euro.
Per il momento, il nuovo incontro fra governo e sindacati è stato rimandato al 13 febbraio. Le linee guida della riforma dovrebbero essere approvate almeno entro l’estate di quest’anno, ma i sindacati chiedono d’includere gli aspetti essenziali della riforma nel Def, che dovrà essere presentato nel mese di aprile. Ci sono, comunque, diversi altri punti su cui i sindacati e il governo non sembrano ancora aver raggiunto un compromesso. Fra questi, sicuramente i requisiti dell’Opzione donna e il superamento della legge Fornero.
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