Per alcuni pensionati la rivalutazione rischia di essere una beffa: così le tasse riducono l’aumento dovuto dall’inflazione.
Con la rivalutazione delle pensioni c’è il rischio che molti pensionati superino la soglia della cosiddetta no tax area, ossia dove la quota Irpef dovuta viene completamente azzerata dalle detrazioni previste.
Ricordiamo, infatti, che a differenza di altre misure - come può essere il bonus 150 euro pagato a novembre - la rivalutazione delle pensioni non è esentasse. L’aumento riconosciuto, quindi, si va ad aggiungere all’importo imponibile della pensione, e come tale viene tassato.
Per alcuni pensionati, però, la rivalutazione comporterà un aumento differente rispetto agli altri; vale specialmente per coloro che per merito dell’incremento scavalcheranno la soglia entro cui la pensione non viene tassata, che la riforma fiscale attuata con l’ultima legge di Bilancio ha portato a 8.500 euro.
Di quanto sarà la rivalutazione nel 2023?
Secondo gli ultimi dati Istat, si viaggia spediti verso una rivalutazione dell’8%. Anzi, guardando al dato raccolto nell’ultimo mese, un’inflazione al +3,5%, c’è la possibilità di un incremento persino maggiore.
Bisogna ricordare che dal tasso di rivalutazione accertato bisognerà sottrarre un 2%, ossia la parte di rivalutazione già anticipata da ottobre 2022 per effetto di quanto stabilito dal decreto Aiuti bis. Quindi, semmai dovesse esserci un’inflazione accertata dell’8% la rivalutazione sarà solo del 6%, o anche meno sopra le quattro volte il trattamento minimo.
Nel dettaglio, la rivalutazione seguirà le seguenti regole:
- 100% del tasso di rivalutazione entro le quattro volte il trattamento minimo;
- 90% del tasso di rivalutazione tra le quattro e le cinque volte il trattamento minimo;
- 75% del tasso di rivalutazione sopra le cinque volte il trattamento minimo.
Trattamento minimo che nel 2022 ha un valore pari a 524,34 euro, 6.816,42 euro l’anno, mentre in caso di rivalutazione all’8% salirebbe a circa 566 euro.
Quando la rivalutazione delle pensioni comporterà un aumento delle tasse
Per effetto della riforma fiscale finanziata dalla legge di Bilancio 2022, la no tax area è stata portata a 8.500 euro. Ciò significa che chi prende meno di 654 euro di pensione non deve temere l’Irpef visto che sull’assegno non sono dovute le tasse.
Di conseguenza, restando al di sotto del suddetto importo anche gli aumenti riconosciuti dalla rivalutazione sono da considerare al netto; discorso differente quando per effetto dell’aumento si va a superare la no tax area, in quanto l’aumento sarà tassato al 23% (fino a un importo annuo di 15.000 euro l’anno, oltre cui l’Irpef sale al 25%).
Esempio
Pensiamo ad esempio a un pensionato che percepisce un assegno di 650 euro, quindi non tassato. L’aumento complessivo, considerando sia l’anticipo che la rivalutazione definitiva attuata a inizio 2023, dovrebbe essere - qualora il tasso dovesse essere confermato all’8% - intorno ai 52 euro al mese, con la pensione che quindi salirebbe a 702 euro, 9.126 euro l’anno. Un adeguamento che comporterebbe il superamento della no tax area e quindi gli importi riconosciuti verrebbero tassati: per la soglia compresa tra i 9.126 e gli 8.500 euro, quindi, ne deriverebbe un’Irpef di circa 144 euro l’anno, circa 11 euro al mese, alla quale poi si aggiungono addizionali regionali e comunali.
In totale, netto stiamo intorno agli 8.940 euro l’anno, a fronte di una riduzione di circa 186 euro. Anziché di 52 euro di aumento, quindi, si tratterebbe di circa 38 euro, o comunque poco meno, al netto delle tasse.
Di fatto si tratterebbe di una beffa, anche perché stiamo parlando di pensioni molto basse. D’altronde la rivalutazione serve per compensare queste persone dell’aumento dei prezzi registrato negli ultimi 12 mesi, mentre in questo modo - con quello che comunemente viene chiamato drenaggio fiscale - non sarebbe così.
La soluzione, a cui comunque il governo al momento non intende pensare, se non altro perché già così la rivalutazione costerà dai 4 ai 5 miliardi solo per il 2023, sarebbe quella di aumentare di nuovo la soglia della no tax area, portandola almeno a 9.100 euro.
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