Pensioni, ufficiale il tasso di rivalutazione del montante contributivo: buone notizie per le pensioni future.
L’Istat ha ufficializzato il tasso di rivalutazione dei contributi versati, il che come vedremo di seguito comporterà un aumento della pensione futura.
Una buona notizia, specialmente alla luce di quanto successo negli scorsi anni per quello che è più corretto definire come tasso di capitalizzazione del montante contributivo, ossia il coefficiente con cui i contributi versati in carriera vengono adeguati in base all’andamento dell’economia. Era dal 2009, infatti, che non si registrava un incremento come quello appena ufficializzato dall’Istat, pari al 2,3%, tant’è che chi è andato in pensione negli ultimi anni lo ha fatto con un montante contributivo “bloccato”: non sarà così invece per coloro che ci andranno nel 2024, i quali appunto possono godere di una rivalutazione più vantaggiosa che comporterà un leggero aumento della pensione liquidata.
Prima di capire in che modo il tasso di rivalutazione incide sul montante contributivo, facciamo un passo indietro e facciamo chiarezza su come viene calcolata la pensione.
Cosa sono il montante contributivo e il tasso di capitalizzazione
Per i periodi lavorati successivi al 1 gennaio 1996 si applicano le regole di calcolo della pensione fissati dal regime contributivo. Il che significa che per ogni anno di lavoro viene accantonata una quota di contributi calcolata sulla base dello stipendio percepito (solitamente pari al 33% di quanto guadagnato di cui per un terzo a carico del lavoratore e per due terzi dell’azienda) che a sua volta si accumula nel cosiddetto montante contributivo.
A sua volta il montante contributivo si trasforma in pensione attraverso l’applicazione del cosiddetto coefficiente di trasformazione, una percentuale tanto più conveniente quanto più si ritarda il collocamento in quiescenza.
Va detto che il montante contributivo si rivaluta ogni anno, appunto applicando il tasso di capitalizzazione calcolato in base all’andamento della crescita nominale del prodotto interno lordo degli ultimi 5 anni. Vi è però una sola eccezione: la rivalutazione non si applica sui contributi versati nell’anno che precede la decorrenza della pensione, né tantomeno per quello di pensionamento.
Per chi andrà in pensione nel 2024, quindi, il tasso di rivalutazione appena ufficializzato dall’Istat si applicherà solamente sul montante contributivo aggiornato al 31 dicembre 2022.
Il nuovo tasso di capitalizzazione
La crescita del Pil registrata in questi anni garantirà un piccolo aumento del montante contributivo, e di conseguenza anche della pensione, per coloro che andranno in pensione nel 2024. E va detto che questi potranno godere anche di un coefficiente di trasformazione più conveniente rispetto al passato, in quanto già con l’aggiornamento avvenuto nel 2023 c’è stato un incremento dovuto alla variazione (negativa) delle speranze di vita.
Nel dettaglio, per quanto riguarda il tasso di capitalizzazione sappiamo che il tasso medio annuo composto di variazione del prodotto interno lordo nominale, nei cinque anni precedenti il 2023, è risultato pari a 0,023082 e, pertanto, il coefficiente di rivalutazione è pari a 1,023082.
Trasformato in percentuale, il montante contributivo beneficerà di un incremento del 2,3%.
Le conseguenze sulla pensione
La percentuale del 2,3% si applica quindi sul montante contributivo aggiornato al 31 dicembre 2022. Consideriamo ad esempio un montante contributivo di 150.000 euro: per effetto della rivalutazione salirà a 153.450 euro.
Prendiamo il caso che questo nel 2023 abbia maturato altri 10.000 euro di contributi, con il montante contributivo che quindi sale a 163.450 euro, e che il pensionamento avvenga all’età di 67 anni (pensione di vecchiaia) con l’applicazione quindi di un coefficiente di trasformazione pari al 5,723%: la pensione maturata, almeno per la parte del contributivo, sarebbe così pari a 9.354,24 euro. Senza rivalutazione, e quindi con un montante contributivo di 160.000 euro, l’importo sarebbe stato invece pari a 9.156,80 euro. Almeno in questo caso, quindi, il tasso di capitalizzazione ha comportato un aumento annuo di pensione (lordo) di circa 180 euro.
Ma ovviamente più è alto il montante contributivo e maggiore sarà l’aumento, così come nel caso in cui si vada in pensione più tardi beneficiando di un coefficiente di trasformazione più conveniente.
Pensiamo ad esempio a un montante contributivo di 250.000 euro di un 70enne, di cui 25.000 euro maturati nell’ultimo anno e quindi non soggetti a rivalutazione. A fronte di un montante contributivo di 225.000 euro aggiornato al 31 dicembre 2022, ne risultano 230.175 mila rivalutati.
Considerando un montante contributivo da 255.175 mila euro, e un tasso di rivalutazione del 6,395%, ne risulta una pensione annua di 16.318,44 euro lordi. Senza rivalutazione, invece, l’importo sarebbe stato pari a 15.987,50 euro: ne risulta così un incremento annuo di circa 330 euro l’anno.
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