Pensione, quale vantaggi per chi ha iniziato a lavorare da maggiorenne? Ecco cosa prevede la normativa.
Aver iniziato a lavorare prima del compimento dei 18 anni può comportare una serie di vantaggi ai fini della pensione, sia per quanto riguarda la possibilità di smettere di lavorare in anticipo come pure perché il lavoro svolto da minorenne ha un peso maggiore nel calcolo dell’assegno.
Ma attenzione, perché delle due l’una: le due agevolazioni rivolte a coloro che hanno iniziato a lavorare da molto giovani, infatti, si rivolgono a due distinte categorie. Nel dettaglio, la possibilità di anticipare l’accesso alla pensione è condizionato alla presenza di almeno un contributo settimanale versato nel regime retributivo, quindi entro la data del 31 dicembre 1995. Viceversa, la maggiorazione dei contributi versati da maggiorenne vale solo per i contributivi puri, ossia per chi non ha neppure un contributo versato prima della suddetta data.
A tal proposito, vediamo come funzionano queste due misure e in che modo vanno ad avvantaggiare chi ha iniziato a lavorare prima del compimento della maggiore età.
Quota 41 per i lavoratori precoci
Chi ha iniziato a lavorare prima del compimento della maggiore età viene considerato un lavoratore precoce e come tale ha la possibilità di andare in pensione con poco meno di 2 anni di anticipo rispetto a quanto previsto dalla pensione anticipata, quella misura con cui si smette di lavorare indipendentemente dall’età anagrafica una volta raggiunta una contribuzione pari a 42 anni e 10 mesi, un anno in meno nel caso delle donne.
Nel solo caso di lavoratori che hanno maturato 12 mesi di contributi prima del compimento dei 19 anni età la contribuzione richiesta si riduce a 41 anni, configurandosi così l’accesso alla cosiddetta Quota 41. Ma non basta aver iniziato a lavorare da molto giovani per ricorrere a questa opzione dal momento che allo stesso tempo bisogna far parte di una di quelle categorie di persone che secondo la normativa beneficiano di una maggior tutela.
È il caso ad esempio di chi è disoccupato e da almeno 3 mesi ha cessato di beneficiare la Naspi (anche se di recente la Corte di Cassazione si è scagliata contro questo vincolo). Come pure degli invalidi - con riduzione della capacità lavorativa di almeno il 74% - oppure di chi, al momento della richiesta, assiste da almeno 6 mesi il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità. L’ultima circostanza che dà accesso a Quota 41 è quella del lavoratore che oltre a essere precoce ha svolto attività particolarmente faticose e pesanti ai sensi del decreto n. 67 del 21 aprile 2011.
Come anticipato è poi essenziale che almeno uno dei contributi settimanali versati risulti antecedente alla data di entrata in vigore del sistema contributivo, quindi all’1 gennaio 1996.
Più soldi per la pensione
Diversamente, i contributivi puri che hanno iniziato a lavorare prima dei 18 anni godono di un aumento della pensione attraverso una maggiore valorizzazione dei contributi versati durante la minore età.
È stata la riforma Dini, legge n. 335 del 1995, con la quale è stato introdotto il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo a riconoscere un vantaggio per coloro che hanno iniziato a lavorare da minorenni. Questi periodi godono infatti di un incremento del 50%.
L’ammontare dei contributi complessivamente versati per l’attività lavorativa svolta nel corso della minore età, viene quindi moltiplicato dell’1,5. Una maggiorazione che non vale ai fini della maturazione del diritto alla pensione - se quindi sono stati versati 12 mesi di contributi come tali vengono considerati - ma solo per il calcolo dell’assegno. Ad esempio, consideriamo una persona che ha versato 10.000 euro di contributi prima di raggiungere la maggiore età: ai fini della determinazione del montante contributivo su cui poi verrà calcolata la pensione, infatti, se ne conteranno 15.000 euro.
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