Il Def arriverà almeno tra una settimana ma ormai è chiaro che l’Italia andrà incontro a una procedura d’infrazione Ue per il debito: niente riforma delle pensioni o del fisco.
L’Italia galoppa verso la procedura d’infrazione Ue per il debito troppo alto, con il governo che sta cercando di nascondere la polvere sotto il proverbiale tappeto per superare le elezioni europee di giugno e riservare la “sorpresina” agli italiani soltanto in estate.
Nel frattempo il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha annunciato che il Def - Documento di economia e finanza - non arriverà prima di una settimana, ma dalle parti di via XX Settembre hanno fatto sapere che sarà “leggero, con un contenuto asciutto, ma conterrà numeri interessanti”.
Del resto tutto girerà intorno ai numeri più attesi del Def, ovvero le stime che il governo farà in merito alle tre parole chiave del documento: Pil, deficit e debito. Quello che però appare scontato è che l’Italia andrà verso l’apertura di una procedura d’infrazione per debito eccessivo.
Per non interferire con la campagna elettorale per le elezioni europee, Bruxelles comunicherà all’Italia e agli altri Paesi messi male con i conti l’avvio dell’iter della procedura d’infrazione soltanto a urne chiuse, con una manovra correttiva nei mesi successivi che allo stato delle cose appare essere assai probabile.
Di conseguenza tutti quei cittadini che speravano nel 2025 per vedere realizzate le riforme di pensioni e fisco - promesse a gran voce in campagna elettorale da Giorgia Meloni e da tutto il centrodestra - rimarranno inevitabilmente delusi, anzi lo scenario più probabile è quello di una stangata in estate o in autunno per cercare di sistemare i conti.
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L’Italia verso la procedura d’infrazione per il debito
Lo scorso febbraio la Commissione europea ha stimato che il Pil dell’Italia nel 2024 crescerà dello 0,7%, meno dello 0,9% ipotizzato da Bruxelles nella previsione fatta in autunno; il nostro governo invece ha indicato una molto ottimistica crescita dell’1,2% nella Nadef.
Con numeri del genere tutto farebbe pensare a una procedura d’infrazione per l’Italia, con anche il Mef che ormai si sarebbe rassegnato a questo macigno che si andrà a sommare al ritorno del Patto di Stabilità che, seppur nella sua versione riformata, renderà necessario un draconiano taglio della spesa pubblica.
Nonostante questo scenario da lacrime e sangue - con la procedura d’infrazione il governo difficilmente potrà evitare una manovra correttiva prima della fine dell’anno -, il governo sembrerebbe voler continuare a fare il gioco delle tre carte per salvare le apparenze in vista delle elezioni europee che si terranno il prossimo 8 e 9 giugno.
Stando a quanto si apprende, nel Def che sarà presentato in Parlamento la prossima settimana il governo dovrebbe mettere nero su bianco una crescita stimata per il 2024 vicina all’1%; un dato più che ottimistico visto che per la Commissione europea la crescita sarà dello 0,7% e per Bankitalia dello 0,6%.
Il rischio concreto è che presto l’Italia si possa ritrovare con un buco di bilancio di almeno 10 miliardi, con il governo pronto a fare cassa sacrificando parte dei suoi gioielli di famiglia: Poste ed Eni. Se non dovesse bastare poi ci sarà la manovra correttiva.
Pensioni e fisco: niente riforme?
Tra procura d’infrazione per debito eccessivo, Patto di Stabilità e un Pil che non cresce secondo le aspettative, il governo difficilmente potrà evitare una stangata per gli italiani rimandando di nuovo buona parte delle promesse fatte in sede di campagna elettorale.
In occasione dell’ultima legge di Bilancio di fronte al mancato inserimento di riforme delle pensioni o del fisco degne di tal nome, Giorgia Meloni ha spiegato che i due temi sono degli obiettivi di legislatura, ergo da realizzare entro il 2027.
In attesa del Def appare chiaro che in materia di pensioni e fisco anche nel 2025 il governo faticherà a trovare i soldi per confermare le misure in essere, figuriamoci per realizzare le riforme promesse quando la premier era nella bambagia dei banchi dell’opposizione.
A spaventare però non sono solo i conti dell’Italia, che già basterebbero a togliere il sonno al ministro Giorgetti che probabilmente dopo le europee traslocherà a Bruxelles nelle vesti di commissario, ma anche il delicato contesto internazionale dove più di un leader europeo ha fatto intendere chiaramente che siamo in un momento “prebellico”.
Tra conti traballanti e una guerra - potenzialmente nucleare - che appare essere alle porte, il futuro dell’Italia appare essere plumbeo: fino alle elezioni europee però il Belpaese continuerà a essere dipinto da governo e media compiacenti come la casa del Mulino Bianco, in attesa che la scure di Bruxelles o peggio qualche missile russo ci risvegli da questo sonno in cui siamo sprofondati da tempo.
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