Pensioni, la proposta del Cnel accresce di 5 anni il requisito contributivo per la pensione di vecchiaia.
In un prossimo futuro potremmo andare in pensione tra i 64 e i 72 anni e per la pensione di vecchiaia potrebbero essere necessari 5 anni di contributi in più. Almeno secondo il Cnel (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro) il quale, su richiesta dell’ex ministro per il Lavoro Renato Brunetta, sta lavorando a uno schema per la riforma delle pensioni al fine di prevedere una flessibilità in uscita in vista della prossima scadenza di Quota 103, Ape sociale e Opzione Donna.
Saranno mesi roventi (e non solo per il caldo torrido estivo) quelli che ci separano dall’inizio dei lavori per la legge di Bilancio 2025, con il governo che oltre alle difficoltà di trovare le risorse per iniziare a ridurre il deficit, in linea con le indicazioni contenute dal nuovo Patto di stabilità, dovrà cercare un accordo nella maggioranza per quanto riguarda le pensioni.
La sensazione è che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ne farebbe volentieri a meno, ma dalla Lega continuano a spingere in favore di una Quota 41 per tutti che tuttavia, dal momento che viene eliminato il requisito anagrafico, avrebbe persino un costo maggiore rispetto all’attuale Quota 103.
Ecco quindi che la proposta del Cnel potrebbe rappresentare una sorta di compromesso, per quanto al momento non ci sono dettagli su come questa potrebbe funzionare. Tuttavia sono iniziati a emergere le prime informazioni a riguardo, per quella che se approvata sarebbe una vera e propria rivoluzione a partire dal calcolo dell’assegno.
Pensioni, la nuova “forbice” del Cnel
Oggi per il calcolo contributivo dell’assegno di pensione, utilizzato per tutti i periodi lavorati dopo il 1996 (oppure 2012 per coloro che entro il 31 dicembre 1995 potevano vantare 18 anni di contributi), viene presa in considerazione una “forbice” che comprende 15 età differenti.
Per il calcolo dei coefficienti di trasformazione, ossia quei parametri che traducono in importo di pensione i contributi maturati, si va infatti dai 57 ai 61 anni.
Con il metodo Cnel, invece, si scenderebbe a 9, con un’età per la pensione compresa tra i 64 e i 72 anni. Un’operazione che ovviamente richiederebbe una revisione dei coefficienti.
La nuova pensione di vecchiaia
Una modifica ci sarebbe anche per la pensione di vecchiaia, per la quale l’età pensionabile resterebbe invariata - 67 anni, al netto dei prossimi adeguamenti con le aspettative di vita - ma a cambiare sarebbero i contributi richiesti. Non sarebbero più sufficienti, infatti, 20 anni di lavoro: la proposta del Cnel ne prevede 25 (oltre a un assegno almeno pari a 1,5 volte l’Assegno sociale, limite oggi pari a 1).
Cnel, solo una proposta per la riforma delle pensioni
Per il momento non ci sono altre informazioni in merito alla riforma delle pensioni a cui sta lavorando il Cnel, che è bene sottolineare si tratta comunque di una proposta non vincolante.
Il dossier definitivo, che dovrebbe essere pronto per i primi di luglio, sarà solamente un’indicazione da cui il governo può tranquillamente discostarsi. Anzi, a oggi non sembrano essere maturi i tempi per una riforma delle pensioni che possa stravolgere l’attuale sistema, iniziando dal richiedere 5 anni di lavoro in più per smettere di lavorare.
Resta il fatto che il governo dovrà riflettere sulle pensioni anticipate che oggi consentono di andare in pensione già a 61 anni (età media) con importi mensili di 2.035 euro lordi. Pensioni elevate e per una maggior durata, di cui il 50% proviene da misure del passato.
Misure che oggi non sono più sostenibili e per le quali servirebbe quindi una profonda riflessione. Limitarsi a misure spot come ad esempio Quota 41 per tutti solamente per accrescere il consenso elettorale senza però intervenire in maniera strutturale non avrebbe senso. Ne vale la sostenibilità del sistema, nonché il futuro dei giovani d’oggi (a cui l’Inps ha già avvertito della possibilità concreta che in futuro dovranno attendere i 70 anni per andare in pensione).
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