Il 24 aprile si vota per il ballottaggio delle elezioni francesi: Jean-Pierre Darnis, docente della Luiss, spiega in un’intervista a Money.it perché Macron è nettamente favorito su Le Pen.
Domenica 24 aprile la Francia vota per eleggere il nuovo presidente. La sfida è tra l’uscente Emmanuel Macron e la leader del Rassemblement National Marine Le Pen. Al primo turno Macron ha ottenuto il 27,84% dei consensi, contro il 23,15% della sfidante.
Il presidente uscente sembra favorito su Le Pen, stando agli ultimi sondaggi. Ma la sfida viene spesso raccontata come molto incerta e con la reale possibilità di un’affermazione della leader di estrema destra: è davvero così?
Secondo Jean-Pierre Darnis, docente di Contemporary history della Luiss, in realtà Macron è quasi certo di vincere e le possibilità di un ribaltone sono minori di quel che si crede. Intervistato da Money.it, Darnis spiega perché la vittoria di Macron al ballottaggio delle elezioni presidenziali francesi sembra più scontata di quanto non dicano anche gli stessi sondaggi.
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Cosa pensa che succederà al ballottaggio tra Macron e Le Pen?
Penso che Macron sia in posizione abbastanza favorevole, con tutte le relative prudenze. Partiamo da un dato statistico: al primo turno Macron, con quasi il 28% dei voti, ha ottenuto un ottimo risultato, anche superiore a quello di cinque anni fa. E se guardiamo a chi al secondo turno può votare per lui in modo automatico, senza se e senza ma, ha un serbatoio di un 10% in più: parte della destra moderata e della sinistra moderata. Le Pen ha un serbatoio di destra e, in maniera generosa, possiamo dire che ha 10 punti in più. Questi due fattori si annullano, quindi se uno guarda queste dinamiche rimane il vantaggio di Macron e nessuno glielo toglie. C’è poi la questione della sinistra più radicale aggregata intorno a Mélenchon, che ha fatto sapere di non votare la Le Pen. Questo dovrebbe portare a un astensionismo molto forte e comunque ci sarà qualcuno che andrà a votare Macorn, che sta facendo una buona campagna. Ci potrebbero essere dei voti di protesta, ma minoritari. Già il numero di voti di Macron al primo turno è superiore e diventa difficile da ribaltare.
Secondo lei, quindi, è una sfida chiusa o è davvero così equilibrata come spesso viene raccontata in Italia?
Penso che Macron vinca e lo penso dalla sera del primo turno. Ma è un risultato che ha delle fragilità, è ovvio che non bisogna prendere alla leggera la protesta, il rifiuto di Macron di parte dell’elettorato che ricorda il rifiuto di Renzi in Italia: sono queste tendenze che spingono i commentatori a dire che Macron è molto criticato e parte del Paese non lo vuole votare. Tutte cose vere che lo stesso Macron ha preso in considerazione e non danno per vinta la partita. Comunque penso ci sia un serio trend a favore di Macron, mi sembra difficile che Le Pen possa ribaltare i voti in più del primo turno.
Oltre al fattore statistico, ce n’è anche uno geografico? Cosa succederà nelle diverse aree del Paese?
La Francia dell’Ovest che ha votato Macron, essendo anche cattolica, lo voterà di nuovo, questo va da sé. Anche le città sono borghesi, nelle grandi città in cui è stato molto votato Mélenchon penso che il voto andrà a favore di Macron, perché non si tratta di una protesta sociale, è più una protesta di tipo ideologico-politico. Penso che Le Pen faccia paura. Poi rimangono le zone dove il Rassemblement National è molto alto, sono zone di riscatto dove la tentazione del rifiuto può essere forte e magari Le Pen può racimolare consensi, ma non vedo questa come una dinamica tale da poter cambiare la dinamica globale.
Crede che al ballottaggio, dal punto di vista geografico, si confermino le tendenze del primo turno?
Sì. E questo pone Macron in vantaggio, perché ha vinto di gran lunga il primo turno.
Nel 2017 Macron vinse in quasi tutti i territori francesi al ballottaggio, anche dove Le Pen era più forte al primo turno: potrebbe succedere anche stavolta qualcosa di simile?
C’è una differenza: Macron rappresentava il nuovo cinque anni fa, quindi ha beneficiato del credito di uomo un po’ nuovo, non aveva suscitato il rigetto tradizionale che suscita l’usura del potere in Francia. Nessun presidente è stato rieletto dal 2007, perché c’è un rigetto di chi è al potere. Vale per Macron come per Sarkozy e Hollande: la funzione presidenziale consuma chi la ricopre e crea un automatico sentimento di voler cambiare. È un fattore fisiologico che gioca a sfavore di Macron rispetto al 2017. Ha uno stile brillante, veloce, che da molte classi sociali viene percepito come di arroganza, viene disegnato come un ultra-liberale anche se non ha fatto una politica liberale, ma solo per i modi.
L’altra divisione del primo turno è stata quella tra i giovani (che hanno votato Mélenchon) e i meno giovani (più a favore di Macron): cosa succederà al ballottaggio?
Credo che le consegne dei vari partiti di sinistra siano molto chiare, tutti hanno detto che nessun voto andrà alla Le Pen. Ci può essere una forma di astensionismo, magari qualcuno voterà Le Pen, ma in modo minore, ma qualcuno voterà anche Macron. Mettiamo che del 20% degli elettori di Mélenchon metà sceglie l’astensione, poi anche in uno scenario per lei favorevole al massimo un quarto andranno a Le Pen e un quarto a Macron (ma penso ce ne siano di più a favore di Macron): vince comunque Macron.
Il confronto in tv tra i candidati e gli sviluppi della guerra in Ucraina potranno spostare molti voti?
La guerra no. Il dibattito in tv va preso sul serio, anche perché è un momento importante, un rito dovuto, ci si aspetta che si affrontino: è molto importante non sbagliare, perché l’altra volta la Le Pen crollò e fece una brutta figura, di poca serietà. Adesso però Macron ha una serie di problemi, questo suo stile viene percepito con insofferenza da molti. Macron lo sa, quindi penso che, essendo una persona in gamba, saprà gestire queste cose per dare un’immagine che susciti un minimo di empatia sia con chi lo voterà sia con chi non andrà a votare la Le Pen.
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