Perché Donald Trump ha paragonato l’Unione Europea a una “mini” Cina

Violetta Silvestri

26 Ottobre 2024 - 12:40

Trump ha accusato l’Unione Europea di essere una “mini” Cina: cosa significa questa espressione? Il piano del tycoon contro l’UE si arricchisce di particolari.

Perché Donald Trump ha paragonato l’Unione Europea a una “mini” Cina

Trump all’attacco dell’Europa: perché il tycoon ha etichettato, con disprezzo, il continente come una mini Cina? La risposta svela quanto i rapporti tra il candidato repubblicano e il blocco europeo siano tesi e potrebbero anche peggiorare se si concretizzasse il ritorno all Casa bianca dell’ex presidente Usa.

A meno di due settimane dalle elezioni negli Stati Uniti, i leader europei si stanno infatti preparando alla possibile vittoria di Trump e a un potenziale cambiamento epocale nelle relazioni transatlantiche.

Le tensioni si sono nuovamente manifestate quando, solo due giorni fa, il candidato repubblicano ha descritto l’UE, il più grande partner commerciale e di investimento di Washington, come una “mini Cina”, rafforzando i timori dei funzionari europei che una seconda amministrazione Trump potrebbe adottare una linea ancora più dura nelle relazioni commerciali con il blocco.

Perché Trump ha accusato l’UE di essere una “mini Cina”

Secondo Trump, l’Unione Europea è una “mini Cina” sul piano commerciale, a causa della mancanza di opportunità per i prodotti americani sul mercato europeo.

“Non prendono le nostre macchine, non prendono i nostri prodotti agricoli, non prendono niente. Hai un deficit di 312 miliardi di dollari con l’UE”, ha detto l’ex presidente al conduttore radiofonico conservatore Hugh Hewitt. “Sapete, l’UE è una mini Cina, ma non così mini. Ci trattano molto, molto male”, ha continuato.

L’uscita di Trump è solo una delle tante usate in campagna elettorale per presentare la sua idea di America che torna a dominare il mondo. Nei suoi discorsi, infatti non ha fatto mistero del suo piano di imporre tariffe generalizzate del 10 o 20% ad amici e nemici se vincesse le elezioni. Il candidato repubblicano conta sullo strumento commerciale per dare impulso alle imprese americane, creare posti di lavoro e ridurre il deficit federale attraverso maggiori entrate fiscali.

Il progetto trumpiano, che si inserirebbe in un contesto di pericoloso ritorno al protezionismo e alla chiusura commerciale quale quello attuale, ha acceso un dibattito. I suoi detrattori in patria avvertono che l’onere economico di tali dazi potrebbe ricadere sui consumatori americani, mentre gli alleati all’estero, compresa l’Europa, temono che i danni collaterali dei dazi di Trump potrebbero essere devastanti.

Nei suoi discorsi di comizio, il tycoon ha finora riservato un disprezzo particolare al vecchio continente e, in particolare, all’industria automobilistica tedesca.

Ha promesso non solo di ridurre il deficit commerciale americano imponendo tariffe massicce sui prodotti europei, ma anche di “distruggere” l’industria europea e costringere le aziende a spostare le fabbriche negli Stati Uniti.

Solo pochi giorni fa, Trump si è anche lamentato delle indagini sulla concorrenza dell’UE sui giganti della tecnologia americana, dicendo di aver parlato con il CEO di Apple Tim Cook di una sentenza della Corte europea che ha costretto la Mela morsicata a sborsare 13 miliardi di euro di tasse non pagate all’Irlanda.

La relazione USA-UE sembra quindi fortemente compromessa dalla determinata avversione di Trump nei confronti dell’approccio europeo.

Nasce la “Trump task force” in Europa

Non sorprende, quindi, che l’Unione europea abbia predisposto piani di emergenza per prepararsi alle ricadute delle elezioni presidenziali, tra cui una task force di reazione rapida colloquialmente nota come “Trump task force”.

Bruxelles è stata colta di sorpresa nel 2018, quando Trump ha imposto per la prima volta dazi sull’acciaio e sull’alluminio dell’UE e ha reagito solo su una parte di quelle tariffe, sperando di allentare la tensione.

Tuttavia, Trump ha mantenuto la linea dura, minacciando di imporre tariffe sulle esportazioni di auto dell’UE. Sebbene queste non siano mai entrate in vigore, l’Unione è rimasta scioccata nel vedere Trump disposto a sconvolgere le catene di fornitura e a strappare i legami con gli alleati più importanti di Washington.

Ora, a Bruxelles vige la regola di “reagire rapidamente e duramente” se Trump attacca, ha detto un alto diplomatico europeo a Politico.eu. Invece di permettere che le relazioni si deteriorino in una spirale di ritorsione, l’UE spera di impaurire e danneggiare fin dall’inizio gli Usa in modo che il tycoon sia costretto a sedersi al tavolo delle trattative: “È un negoziatore nel profondo”, ha detto un altro diplomatico e c’è speranza che le parti possano unirsi, per esempio, sulla lotta alla Cina.

Quanto danno può davvero causare Trump all’UE?

La preoccupazione europea per una elezione di Trump è davvero giustificata o si tratta di un eccesso di paura?

Occorre evidenziare che il rapporto commerciale tra UE USA è il più importante al mondo, con un valore annuo di circa 1.000 miliardi di euro in beni e servizi. L’Unione è quella che trae i maggiori benefici dagli scambi di beni, registrando solo lo scorso anno un surplus di 156 miliardi di euro, a fronte di un deficit nei servizi di 104 miliardi di euro.

Secondo le stime economiche, una tariffa forfettaria del 10% o del 20% renderebbe più costoso per le aziende americane importare beni dall’UE, il che significa che le esportazioni dell’UE attraverso l’Atlantico potrebbero crollare fino a un terzo in alcuni settori.

I settori più colpiti sarebbero quelli dei macchinari, dei veicoli e dei prodotti chimici, che insieme hanno rappresentato il 68% delle esportazioni dell’UE verso gli Stati Uniti lo scorso anno.

Ciò renderebbe la Germania, già in crisi profonda, particolarmente vulnerabile agli shock, data la sua dipendenza dalle esportazioni statunitensi in questi settori.

Sebbene gli economisti non siano d’accordo sull’entità del danno, la maggior parte concorda sul fatto che i dazi di Trump infliggerebbero un colpo non trascurabile all’economia europea.

Una tariffa generalizzata del 10% abbasserebbe il PIL dell’Eurozona dell’1%, secondo le stime di Goldman Sachs. Previsioni più radicali affermano che i dazi di Trump renderebbero la crescita della regione inferiore dell’1,5% entro il 2028. Un simile scenario spingerebbe l’economia, che è già sotto pressione, sull’orlo di una recessione.

Altri economisti stimano che una tariffa del 10% potrebbe, nella peggiore delle ipotesi, ridurre fino all’1,6% del PIL della Germania, mentre l’impatto su altre grandi economie come la Spagna sarebbe notevolmente inferiore, attestandosi allo 0,5%.

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