Perché un’inflazione troppo alta influisce negativamente sull’economia e deve essere riportata su livelli accettabili?
Stiamo parlando di uno dei market mover più importanti che troviamo all’interno del contesto degli investimenti e dei mercati finanziari in generale.
L’inflazione, vista come indicatore economico e non come semplice dato, ci dice molto dello stato di salute e di tensione all’interno di una specifica area economica. Un’analisi sulle cause di un’inflazione alta ci possono far capire il perché questa debba scendere su livelli che vengono considerati dalle banche centrali come “accettabili”.
Il ruolo dell’inflazione all’interno dell’economia è pari solamente a quello dei tassi di interesse, altro fattore economico la cui importanza è di poco superiore all’inflazione in quanto regolatore della stessa nel lungo periodo. In questo momento storico vediamo un’inflazione generalmente alta in tutte le aree economiche occidentali, in special modo in USA e Europa, aree economiche di enorme importanza all’interno delle dinamiche dei mercati finanziari. Per questo motivo un’analisi sull’inflazione risulta doverosa per capire quale potrebbe essere il futuro non solo dei mercati, ma anche dell’economia reale di queste aree.
Il target di inflazione
Come già accennato, i tassi di interesse e inflazione sono fattori macroeconomici che vanno di pari passo in ordine di importanza. Uno influenza l’altro, pertanto le banche centrali, le istituzioni che stabiliscono il livello del tasso di interesse, osservano l’inflazione al fine di aggiustare quello che viene definito appunto “il costo del denaro”.
Le banche centrali stabiliscono un target di inflazione, ossia un livello obiettivo che reputano ottimale per controllare una sana crescita e l’equilibrio all’interno dell’area economica. Per fare un esempio, la Bce e la Fed hanno come “inflation target” il 2%. La situazione ideale per una banca centrale è quella di vedere un tasso di inflazione che rimane per lungo tempo di poco sotto e in prossimità del 2%.
Se l’inflazione scende troppo al di sotto del 2%, o al di sopra di esso, la banca centrale sarà costretta a intervenire per aggiustare questa inflazione per mezzo dei tassi di interesse. Tanto più crescerà l’inflazione, tanto più alto dovrà essere il costo del denaro, tanto più scende l’inflazione tanto più il tasso di interesse dovrà essere basso.
Un tasso di interesse alto spinge l’economia a fermarsi e di conseguenza l’inflazione a scendere, viceversa un tasso di interesse basso porta l’economia a espandersi e l’inflazione a crescere. La situazione attuale vede un’inflazione ben oltre il 2%, pertanto c’è molta tensione in merito alle banche centrali circa il contenimento dei prezzi. Così, le banche centrali spingono i tassi di interesse su livelli alti con conseguenze dirette all’interno del circuito economico e finanziario, cercando di portare l’inflazione verso il target dei 2%.
Perché l’inflazione è troppo alta
Le cause sono principalmente due. La prima è relativa ad un lungo periodo di mantenimento dei tassi di interesse a ridosso dello 0%. Questo ha portato a enormi quantità di liquidità all’interno del sistema finanziario - il sistema del credito - senza però alimentare la domanda. In pratica, l’aumento dei prezzi non si è visto per molto tempo per via dell’aumento del credito che ha letteralmente “spalmato” l’aumento dei prezzi solamente alla fine della scadenza dello stesso.
Ad esempio, comprare un’auto a rate è diverso, a livello economico, rispetto a comprare un’automobile senza ricorrere al credito. Per il commerciante, nel primo caso, si genera un credito e l’intero prezzo dell’automobile è spalmato nel tempo, mentre nel secondo caso il commerciante incassa l’intero prezzo dell’automobile immediatamente. L’effetto sui prezzi è nettamente diverso in quanto l’esborso dell’acquirente è dilazionato nel tempo. Questo porta il tasso di inflazione a rimanere intorno allo 0%, con un forte pericolo di vedere deflazione nel lungo periodo.
Le banche centrali hanno continuato a mantenere questa politica di tassi bassi fino a che un evento in stile “cigno nero” ha scatenato il forte rialzo dell’inflazione e che è allo stesso tempo la seconda causa di questo rialzo. Stiamo parlando delle conseguenze della pandemia all’interno degli scambi globali e del blocco della supply chain, quella catena commerciale che porta domanda e offerta ad incontrarsi. Basta un periodo di blocco del trasporto delle merci per creare il panico all’interno dell’economia. Una mancanza di componentistica, materie prime e prodotti ha portato ad una mancanza di offerta, che ha portato i prezzi a salire in modo quasi del tutto inevitabile. Se normalmente l’inflazione sale per via della domanda crescente, stavolta sale per una mancanza di offerta, una situazione del tutto anomala a livello economico.
Cosa deve succedere
Le banche centrali hanno già provveduto ad alzare i tassi ma l’inflazione continua a rimanere alta per via del fatto che i consumi sono ripresi dopo la pandemia. Il problema è l’erosione dei consumi, ossia la situazione in cui i consumatori pagano ora dei prezzi più alti rispetto a prima e pertanto si ritrovano costretti a dover pagare di più per mantenere lo stesso stile di vita. L’aumento dei tassi serve proprio a scoraggiare i consumatori ad aprire linee di credito, appunto più costose, per portare poi ad una diminuzione dei consumi e ad un abbassamento dell’inflazione. Il problema più grande risiede nella solidità delle aziende che hanno in essere linee di credito che sono influenzate direttamente dai tassi di interesse e ciò potrebbe portare a fallimenti (come abbiamo visto per alcune banche in USA) e ad un aumento del tasso di disoccupazione. Solamente con un deterioramento del mercato del lavoro ci sarà spazio per vedere un abbassamento dell’inflazione per poi rivedere le banche centrali ritornare ad abbassare i tassi così da spingere l’economia di nuovo a crescere. Purtroppo questo processo non richiederà poco tempo.
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