Permessi retribuiti, in molti Ccnl la scadenza è fissata al 30 giugno. Ecco cosa bisogna sapere prima che scatti il termine.
È importante fare chiarezza su qual è la data di scadenza dei permessi maturati e non ancora goduti, il cui monte ore è indicato in busta paga.
Ogni Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro, infatti, prevede un certo numero di ore di permesso (con retribuzione al 100%) che il dipendente matura in costanza di lavoro, un po’ come succede per le ferie.
Allo stesso tempo il Ccnl fissa una scadenza entro cui è necessario godere dei suddetti permessi. A tal proposito è interessante capire qual è il termine previsto, così eventualmente da poterne fruire in tempo per la scadenza.
A differenza delle ferie, infatti, scaduto il suddetto termine i permessi retribuiti residui si perdono, in quanto si “trasformano” in retribuzione. I permessi non goduti, infatti, vengono monetizzati, con relativo aumento in busta paga.
A tal proposito, vediamo quanto previsto dalla maggior parte dei contratti di lavoro in merito alla scadenza entro cui bisogna godere dei permessi prima che vengano monetizzati. Un’informazione utile tanto a coloro che preferiscono godere del permesso per avere qualche giorno di riposo extra che per chi invece non aspetta altro che la loro scadenza così da poter beneficiare di un aumento dello stipendio.
Entro quando vanno goduti i permessi?
Come anticipato, sono i Contratti collettivi nazionali del lavoro a definire il funzionamento dei permessi retribuiti, stabilendo il numero di ore maturate durante l’anno e il termine entro cui goderne.
Prendiamo ad esempio il Ccnl commercio, nel quale vengono riconosciute 56 ore di permesso l’anno per le aziende con al massimo 15 dipendenti, con l’aggiunta di 8 ore per chi è impiegato in aziende più numerose.
Qui viene chiarito che i permessi non fruiti entro l’anno di maturazione decadono, con relativo pagamento, al momento della scadenza (31 dicembre), o in alternativa possono essere fruiti in epoca successiva e comunque non oltre il 30 giugno dell’anno successivo.
Il termine ultimo per godere di eventuali permessi maturati nel 2023 ancora residui in busta paga, il cui numero delle ore è indicato vicino alle ferie (solitamente espresse in giorni), è fissato al prossimo 30 giugno 2024.
La stessa data è da prendere con riferimento per molti altri Contratti collettivi, con alcune eccezioni. Ad esempio, nel caso del Ccnl Metalmeccanici i permessi non fruiti entro l’anno di maturazione confluiscono in una sorta di banca dati a cui il lavoratore può attingere nei successivi 24 mesi. Solo al termine dei 2 anni, quindi, l’ammontare dei permessi viene retribuito in busta paga.
Ci sono poi dei contratti più “severi”, come ad esempio quello utilizzato per i lavoratori impiegati nei settori Estetisti, Barbieri e Parrucchieri, come pure in diversi ambiti dell’Artigianato (dall’Oreficeria all’Alimentari, fino all’Abbigliamento): per questi, infatti, non è prevista alcuna deroga alla fruizione dei permessi retribuiti, i quali vanno goduti entro l’anno di maturazione. In caso contrario bisognerà procedere con la liquidazione delle somme spettanti entro il 31 gennaio successivo.
Considerando la moltitudine di contratti collettivi oggi impiegati in Italia, più di 900, è quindi impossibile rispondere alla domanda su quando scadono i permessi in ogni settore. Basti sapere quindi che per quanto il termine naturale entro cui fruirne è fissato al 31 dicembre dell’anno di maturazione ma in alcuni Ccnl viene data la possibilità di fruirne anche nel periodo successivo, solitamente per altri 6 mesi (fino a giugno).
Il consiglio è dunque quello di consultare il Ccnl a voi applicato (ne trovate indicazione in busta paga) per scoprire con esattezza qual è il termine ultimo entro cui se ne può fruire.
Cosa succede alla scadenza dei permessi retribuiti
Come anticipato, anche le ferie hanno una scadenza ma dal momento che non possono essere monetizzate al termine di questo periodo il lavoratore continua a poterne fruire secondo necessità.
Non è così per i permessi, per i quali il termine indicato dal Ccnl è perentorio. A scadenza avvenuta, infatti, il datore di lavoro ha l’obbligo di retribuire, nella prima busta paga utile, i permessi non goduti.
L’importo è pari a quello della retribuzione oraria: nel caso dei lavoratori retribuiti a ore, quindi, non è complicato fare il calcolo di quanto spetta, mentre per chi è retribuito in misura fissa bisogna come prima cosa arrivare al compenso orario. Ad esempio, con uno stipendio di 2.000 euro al mese basta dividere per 26 giorni e poi per le ore giornaliere lavorate: chi è impiegato per 8 ore, quindi, riceve circa 9,50 euro lorde per ogni ora di permesso non goduto.
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