Permessi Rol non goduti. Cosa succede, quando scadono e quanto vengono pagati

Simone Micocci

17/04/2025

Cosa succede ai permessi Rol non goduti una volta raggiunto il termine? Ecco cosa prevedono i singoli Ccnl.

Permessi Rol non goduti. Cosa succede, quando scadono e quanto vengono pagati

Uno dei dubbi più frequenti tra i lavoratori riguarda la gestione dei permessi non goduti, soprattutto in vista della chiusura dell’anno o dei termini previsti dai contratti collettivi. In particolare, ci si chiede cosa accade ai Rol non goduti, se si possono accumulare, se si perdono o se, al contrario, vengano liquidati in busta paga.

Parliamo di permessi Rol non goduti quando un lavoratore, pur avendo maturato ore di assenza retribuita - appunto le Riduzioni dell’orario di lavoro - non le utilizza entro la scadenza indicata nel proprio contratto collettivo. A differenza delle ferie, che seguono una disciplina più rigida e che non possono in genere essere monetizzate se non alla fine del rapporto, i permessi retribuiti non goduti rappresentano una voce che invece va pagata.

In sostanza, il lavoratore ha la facoltà di decidere se utilizzare le ore a disposizione per prendersi una pausa oppure lasciarle maturare, attendendo che vengano convertite in denaro. Una forma di “tesoretto” personale che, al termine del periodo utile, si traduce in un aumento dello stipendio.

Chi stabilisce la quantità e la scadenza dei permessi

È bene precisare che i permessi retribuiti - compresi i ROL- sono sì previsti dalla normativa generale, ma in genere le regole operative sono demandate alla contrattazione collettiva. Ogni Ccnl, infatti, stabilisce quante ore di permesso spettano al lavoratore, con quale cadenza maturano e - cosa fondamentale - entro quanto tempo vanno utilizzati.

In media, i contratti prevedono l’accumulo di una quota mensile di ore, che può variare in base al settore, all’anzianità di servizio e alle dimensioni dell’azienda. È possibile consultare la propria busta paga per avere un quadro chiaro: di solito, nella sezione in basso, sono riportati i permessi maturati, quelli goduti e quelli ancora residui.

Ma attenzione: i permessi non si possono accumulare all’infinito. Ogni contratto collettivo fissa un termine oltre il quale le ore residue devono essere liquidate in busta paga, in automatico. Non si tratta quindi di un diritto che si perde, bensì che cambia forma, trasformandosi in retribuzione.

Le diverse scadenze previste dai contratti

Come anticipato, la scadenza dei permessi non goduti varia in base al Ccnl. In molti casi, come accade nel contratto del Commercio, il termine ultimo per utilizzare le ore accumulate è il 30 giugno dell’anno successivo a quello di maturazione.

Superata questa data, i permessi vengono liquidati e riportati nella busta paga del mese successivo, come ore retribuite a tutti gli effetti.

Altri contratti - tra cui quelli dell’artigianato (ad esempio nel settore estetico, alimentare o dell’abbigliamento) - sono più rigidi: i permessi devono essere obbligatoriamente goduti entro l’anno di maturazione, pena la loro monetizzazione entro il 31 gennaio dell’anno seguente.

Ci sono poi contratti più flessibili, come quello dei metalmeccanici, dove invece i permessi non goduti vengono spostati in una sorta di “contenitore” - la cosiddetta banca ore - da cui il lavoratore può attingere entro 24 mesi. Trascorsi due anni senza utilizzo, scatta comunque la liquidazione automatica.

Quindi, ogni settore ha una regola diversa, ma il principio comune è uno: i permessi retribuiti non goduti non si perdono, in quanto alla scadenza vengono semplicemente monetizzati.

Quanto vengono pagati i permessi non goduti

Una delle domande più frequenti riguarda l’aspetto economico: quanto vengono pagati i permessi non goduti? Il calcolo è piuttosto semplice, soprattutto per chi ha una retribuzione oraria. In questo caso, infatti, basta moltiplicare le ore non utilizzate per la paga oraria prevista dal contratto.

Per chi invece ha uno stipendio mensile fisso, si procede dividendo la retribuzione lorda per il numero di giorni lavorativi medi (26) e poi per le ore giornaliere (in genere 8). Il risultato è il valore di un’ora di permesso non fruito. Ad esempio, con uno stipendio di 2.000 euro lordi al mese, il valore orario si aggira intorno ai 9,50 euro lordi.

Queste ore vengono inserite direttamente nella busta paga come lavoro retribuito aggiuntivo, senza necessità di richiesta da parte del lavoratore. Come visto in precedenza il pagamento avviene nella prima mensilità utile successiva alla scadenza del termine previsto dal contratto.

Cosa succede se passano dieci anni

Anche se i permessi Rol non goduti non si cancellano alla scadenza, esiste un limite oltre il quale non è più possibile rivendicare il pagamento: si tratta del termine di prescrizione decennale. Dopo dieci anni dalla mancata fruizione o mancato pagamento, il diritto decade.

Va però chiarito che, secondo la sentenza della Corte di Cassazione n. 10341/2011, il lavoratore può pretenderne la liquidazione solo al termine del rapporto di lavoro. È in quel momento che può rivendicare, in sede di conteggio finale, anche i permessi non goduti e non retribuiti, purché relativi agli ultimi dieci anni.

Festività soppresse: un caso a parte

Un discorso simile riguarda anche i permessi legati alle festività soppresse, ovvero quei giorni festivi che non sono più riconosciuti come tali ma che danno comunque diritto a ore di assenza retribuita. È il caso di giornate come San Giuseppe (19 marzo), SS. Pietro e Paolo (29 giugno) o Ascensione, che in alcuni contratti generano permessi aggiuntivi.

Anche in questo caso, se le ore non vengono utilizzate entro un certo periodo (di solito tra il 16 gennaio e il 14 febbraio), devono essere monetizzate. La liquidazione avviene entro febbraio dell’anno successivo a quello di maturazione, ma anche in questo caso è necessario verificare cosa prevede il Ccnl di riferimento.

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