Premierato all’italiana nella riforma Meloni, cosa significa e come cambierebbe la forma di governo

Ilena D’Errico

1 Novembre 2023 - 00:13

La riforma Meloni si incentra sul premierato all’italiana, così come definito dalla ministra per le Riforme. Ecco cosa significa e come cambierebbe la forma di governo.

Premierato all’italiana nella riforma Meloni, cosa significa e come cambierebbe la forma di governo

Il governo Meloni ha dichiarato fin dal principio l’intenzione di intervenire sulla forma di governo, dichiarando l’obbiettivo di impegnarsi per quanto riguarda il sistema elettorale, così da massimizzare il potere decisionale degli elettori e anche concentrare i poteri in alcune figure, potendo così cambiare la forma di governo e l’attuale distribuzione di poteri. La strada maestra del centrodestra è da sempre il presidenzialismo, che vede appunto l’elezione diretta del Presidente della Repubblica e la concentrazione di alcuni poteri in questa figura.

Un obbiettivo ad oggi inattuabile in Italia, ragion per cui il governo Meloni ha portato nella bozza della riforma costituzionale i cardini del premierato, che pare riceverà buoni consensi (non secondo l’opposizione) ed è per ora acclamato dalla maggioranza. Per il momento, comunque, si tratta soltano di una bozza di 5 articoli (comunque piuttosto chiari nell’intento) aperta a modifiche e trattazioni, che approderà in Cdm venerdì 3 ottobre.

La ministra Maria Elisabetta Alberti Casellati per le Riforme istituzionali ha definito il fulcro della riforma un “premierato all’italiana”. Ma cosa significa? Ecco come potrebbe cambiare la forma di governo.

Cosa significa premierato all’italiana?

Il termine premierato è di per sé piuttosto ambiguo, poiché questa definizione si può adattare alle forme governative di molti Paesi, sebbene siano molto diverse fra loro, accomunate soltanto da una particolare attenzione al capo del governo. Il premier è tecnicamente il primo ministro britannico, ma questo termine ha finito per estensione con l’indicare i capi governativi in genere.

Ecco perché ci si riferisce a Giorgia Meloni come premier, in quanto ricopre il ruolo di Presidente del Consiglio dei ministri. Il premierato è quindi una forma di governo in cui rileva la figura del premier, perché è eletto direttamente dai cittadini, perché ha più poteri rispetto a quelli che avrebbe in una forma parlamentare oppure entrambe le cose.

Ad esempio, in Germania il capo del governo ha poteri più ampi rispetto al corrispettivo italiano, infatti può nominare e revocare i ministri. In Israele, invece, è stato sperimentato il premierato con elezione diretta dal 1992 al 2002. In Gran Bretagna, invece, si ha più che altro un premierato di fatto dovuto alle consuetudini, sebbene nella forma i provvedimenti principali siano emanati da decreti reali.

Sebbene in molti abbiano proposto negli anni l’introduzione del premierato in Italia, però, ancora non vi è stata un’attuazione, cosa che probabilmente succederà con la riforma Meloni. Il premierato all’italiana sarà quindi caratterizzato dalle decisioni dell’attuale governo, presumibilmente secondo i principi cardine contenuti nella bozza:

  • Elezione diretta del premier;
  • ritorno al voto se il premier non ottiene la fiducia delle Camere;
  • riduzione di alcuni poteri del Presidente della Repubblica e conseguente abolizione dei senatori a vita di nomina quirinalizia;
  • abolizione della sfiducia costruttiva, con seconda nomina interna al Parlamento.

Come cambierebbe la forma di governo con il premierato all’italiana

Se la riforma Meloni dovesse proseguire sulla linea tracciata finora si avrebbe un cambiamento decisivo della forma di governo, parallelamente a quanto non avverrebbe con il presidenzialismo, pur presentato come via meno moderata. Attualmente, si ha una Repubblica parlamentare, in cui gli elettori decidono i parlamentari, che a loro volta eleggono il Presidente della Repubblica. Quest’ultimo, infine, nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e su sua indicazione anche i ministri stessi.

Si ha dunque una rappresentazione indiretta. Con il premierato, invece, i cittadini voterebbero direttamente per il candidato al ruolo di capo del governo, potendo rivotarlo anche in seguito all’eventuale sfiducia delle Camere. Secondo la riforma Meloni, la legge elettorale prevede un premio di maggioranza del 55% per l’assegnazione dei seggi ai candidati e alle liste correlate al premier eletto.

In questo modo il ruolo del Presidente della Repubblica viene intaccato solo in parte, con una lieve riduzione dei poteri, mentre è il Parlamento a risultare particolarmente compresso. L’idea del governo Meloni è di garantire così facendo maggiore stabilità e continuità, innegabilmente mancate all’Italia, ma con il rischio di minare la ripartizione dei poteri e il controllo del governo, nonché la rappresentabilità stessa degli elettori.

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