Ecco in quali casi è possibile riassumere lo stesso dipendente e quali sono i limiti da rispettare.
È perfettamente legale riassumere un lavoratore, sia quando è stato licenziato che in caso di dimissioni volontarie. La legge italiana, infatti, non vieta di assumere più volte lo stesso dipendente, perché una disposizione di questo tipo sarebbe troppo limitante, tanto per il datore quanto il lavoratore. Allo stesso tempo, ci sono dei limiti ben precisi da rispettare nel diritto del lavoro, volti principalmente a evitare lo sfruttamento dei lavoratori e i licenziamenti illegittimi.
Oltretutto, ci sono persino delle situazioni in cui l’azienda è persino obbligata dalla legge ad assumere di nuovo lo stesso lavoratore, tra cui il diritto di precedenza relativo alle assunzioni a tempo indeterminato e, ovviamente, la reintegrazione del posto di lavoro stabilita dal giudice in caso di licenziamento illegittimo.
Al di là di queste ipotesi particolari, però, ci sono diverse situazioni in cui un dipendente può essere assunto dalla stessa azienda più volte, per frutto di un accordo comune. L’importante è rispettare i limiti imposti dalla legge relativi alla durata dell’impiego, al periodo di prova, all’inquadramento, al tempo intercorso tra le assunzioni e alle motivazioni. Di seguito tutte le informazioni più importanti.
Riassumere lo stesso dipendente: inquadramento e periodo di prova
Come anticipato, è possibile riassumere lo stesso dipendente in seguito al licenziamento o alle dimissioni. I due rapporti di lavoro non sono necessariamente correlati, perciò il lavoratore può essere assunto per lo svolgimento di mansioni differenti o analoghe a quelle del precedente contratto. Nel caso in cui le mansioni siano le stesse, tuttavia, è vietato inquadrare il dipendente a un livello inferiore per via dell’esperienza maturata.
Bisogna invece riconoscere lo stesso livello o eventualmente quello superiore a seconda delle circostanze, dell’esperienza e dei titoli di studio sopraggiunti. Di pari passo, anche la legittimità del periodo di prova iniziale, da escludere categoricamente quando le mansioni sono uguali (o comunque molto simili) a quelle precedentemente svolte.
La corte di Cassazione ha ribadito questo concetto numerose volte, chiarendo non solo che il periodo di prova non può essere ripetuto anche se le mansioni sono soltanto affini a quelle svolte in precedenza, ma anche che la corrispondenza va cercata nell’impiego effettivamente svolto (a prescindere di eventuali differenze indicate nel contratto e non corrispondenti al vero).
Al contrario, se si tratta di incarichi completamente diversi, il datore di lavoro ha diritto a sottoporre il lavoratore a un periodo di prova per valutarne le capacità.
Quando non si può riassumere lo stesso lavoratore
Come anticipato, esistono alcuni limiti legali all’assunzione molteplice dello stesso lavoratore dipendente. Innanzitutto, la durata complessiva dei contratti a termine di pari livello e categoria legale non devono superare i 24 mesi. Questo periodo può essere prorogato di ulteriori 12 mesi, ma soltanto se il contratto viene registrato (e quindi verificato) presso l’Ispettorato territoriale del lavoro oppure per specifica previsione del Ccnl.
Il secondo requisito temporale è relativo al periodo tra un’assunzione e quella successiva (il cosiddetto stop and go) che deve essere di almeno 20 giorni se il contratto precedente aveva una durata superiore a 6 mesi, altrimenti di 10 giorni.
Bisogna però valutare anche la causa di cessazione del rapporto di lavoro e il tipo di nuovo contratto, che potrebbero implicare ulteriori limiti. In particolare, la riassunzione con contratto di collaborazione esterna è legittima soltanto quando sono trascorsi almeno 6 mesi dalla cessazione del precedente rapporto.
È in ogni caso fondamentale che la riassunzione del lavoratore sia debitamente motivata, con esigenze valide, comprovate e oggettive del datore di lavoro, compresi la sostituzione di dipendenti e l’incremento, prima imprevedibile, dell’attività dell’azienda. La causale deve essere posta in forma scritta nel nuovo contratto.
Questi parametri non si applicano ai lavoratori stagionali.
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