Investire è la via maestra per difendere nel tempo il potere d’acquisto del capitale liquido faticosamente messo da parte.
I mercati finanziari sono fatti di momenti, meglio: di trend. Ci sono fasi in cui l’azionariato è da sovrappesare sul reddito fisso e viceversa, così come in ogni epoca ci sono treni che partono e per i quali potrebbe costare caro il non salirci a bordo.
Al pari dei mercati, anche la vita è un susseguirsi di scelte, spesso cercate e desiderate e altre volte subite, a volte vincenti e in altri casi perdenti. Un principio di massima che vale in ogni ambito dell’agire umano, investimenti finanziari inclusi.
Per comprenderlo meglio facciamo un salto immaginario nel passato, all’autunno di 10 anni fa, in cui ipotizziamo disponevamo di un piccolo capitale da gestire. Che fare, tenerlo liquido o investirlo e, in tal caso, sul capitale di rischio o sul reddito fisso? In quest’ultimo caso, per esempio, quanti soldi avrei guadagnato se avessi comprato un BTP 10 anni fa?
Per non essere di parte consideriamo le due opzioni e vediamo come, calcolatrice alla mano, sarebbe andata più o meno a finire col senno del poi.
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Lasciare liquido un capitale per 10 anni: sarebbe stata una scelta vincente?
Partiamo dal caso di chi, restio al rischio, avesse deciso di restare liquido. Quanti soldi avrebbe perso in tal caso?
Facciamo una stima approssimativa dei possibili danni subiti. Le spese quasi certe sarebbero state i costi di gestione del conto (al netto degli strumenti free cost) e le spese fiscali per importi superiori a 5mila €. Nel primo caso ipotizziamo un canone medio annuo generico di tenuta conto di 35 €; moltiplicati per 10 anni farebbero un 350 € circa di spese. Il calcolo dell’imposta di bollo per le giacenze medie annue eccedenti ai 5mila € è più agevole: si tratta di 34,20 € annui, da moltiplicare sempre per 10.
Infine ecco la grande incognita, l’inflazione media annua di periodo. Sfruttando il servizio offerto da Rivaluta.it (ISTAT) abbiamo calcolato la variazione media annua del costo della vita nel periodo “agosto 2014-agosto 2024”: essa è risultata pari all’1,80%.
Tirando le somme, la scelta di 10 anni fa di tenere cash quel capitale sarebbe costata, a grandi linee, un passivo tra il 20 e il 23% tra spese vive e perdita di potere d’acquisto.
Quanti soldi avrei guadagnato se avessi comprato un BTP 10 anni fa?
Consideriamo ora il caso di chi, due lustri fa, avesse invece deciso di investire quei soldi su un BTP. Il 1° marzo 2014 il MEF emise un decennale con ISIN IT0005001547, con il quale si raccolsero circa 22 miliardi di euro al termine delle varie aste che lo interessarono. Nel frattempo il bond è giunto a scadenza lo scorso 1° settembre, dopo 10 anni al ‘servizio del debito’ pubblico, appunto.
La cedola annua lorda è stata del 3,75%, il 3,28125% al netto della ritenuta, per un rendimento lordo totale, cumulato nei 10 anni, del 37,5%. Tuttavia, il rendimento lordo esitato al termine delle varie aste avutesi da marzo ad agosto 2014 è stato sempre al di sotto della cedola nominale. Nello specifico, si passò dal 3,42% della 1° tranche (prezzo di aggiudicazione: 103,11) al 2,60% dell’ultima (prezzo agg.: 110,29).
Qual è il rendimento “giusto” di un investimento?
Facendo una media (approssimativa) ponderata tra le varie aste ne uscirebbe un rendimento medio lordo di circa il 3,10%. È tanto, è poco, si poteva fare meglio o peggio?
Col senno del poi, è sempre facile giudicare e avere da dire e da ridire su tutto. Una cosa è tuttavia certa: nel decennio in questione l’obbligazione ha generato entrate più o meno sufficienti a coprire le spese vive dell’investimento (ritenuta fiscale sugli interessi, imposta di bollo, spese bancarie) e proteggere il valore reale del capitale. Forse si poteva fare di più, vero, ma intanto non si è fatto peggio!
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