La paura della guerra nucleare torna a fare notizia. Sono le immagini sulla tv russa a far discutere, come quelle che mostrano quanto ci mette una bomba nucleare a distruggere Londra. Cosa sappiamo.
Quanto ci mette una bomba atomica a distruggere le grandi città europee? Non è una domanda che vuole creare allarmismo, è la domanda alla quale ha risposto la propaganda russa. Nelle scorse ore è andato in onda, sul primo canale della tv russa, una puntata di 60 minuti, talk molto seguito in Russia. In questa puntata Aleksey Zhuravlyov, presidente del partito nazionalista Rodina, ha chiaramente fatto riferimento ai secondi che basterebbero per eliminare le principali città europee.
“Basterebbe un missile Sarmat e le isole britanniche non esisterebbero più”, ha affermato e, non a caso, è stato trasmesso il video di una simulazione che mostrava i secondi necessari per distruggere Berlino, Parigi e Londra. Quella di Zhuravlyov non è solo una spiacevole uscita o un botta e risposta problematico come quello tra il viceministro della Difesa inglese, James Heappey e Maria Zacharova, portavoce del ministero degli Esteri russo. Si tratta di propaganda di escalation vera e propria, con tanto - ma è del tutto scontato e banale sottolinearlo - di esaltazione dell’armamento nucleare russo e, al tempo stesso, un framing atto a giustificare tale guerra. Non a caso, il vice presidente della Duma l’ha definita “una guerra santa che dobbiamo vincere”.
Mentre all’interno la propaganda agisce sulla popolazione, all’esterno le dichiarazioni dei vari portavoce del Cremlino che abbiamo imparato a conoscere riaffermano il principio di prevenzione da qualsiasi conflitto armato tra potenze nucleari. Un controsenso rispetto al mostrare quanto ci mette una bomba atomica a distruggere le maggiori città europee. Errore di comunicazione o propaganda? Non è troppo presto per dirlo.
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La programmazione della tv russa si è concentrata tutta sulla guerra, come del resto quella di tutti i Paesi più coinvolti, Italia compresa. Sono i contenuti a essere “pericolosi”, per usare il termine utilizzato da ministro dell’Informazione ucraino Oleksandr Tkachenko. Questo perché, oltre a fare un uso violento delle parole in patria, la propaganda russa influenza ed esaspera anche l’opinione internazionale. Ancora oggi infatti è possibile vedere i canali russi attraverso piattaforme streaming e satellitari. Tkachenko chiede di sanzionarli e già c’è chi ha levato gli scudi per difendere la libertà di espressione e di opinione russa e filo-russa.
La libertà di espressione accordata ai canali russi da parte del resto del mondo è di per sé più ampia di quella presente nel Paese, dove da inizio conflitto - e prima ancora - la possibilità di fare affermazioni controcorrente rispetto alla linea promossa dal Cremlino era quasi del tutto impossibile. Cioè, era possibile, ma sconsigliata e come deterrente bastano i numerosi nomi di giornalisti e non solo deceduti in circostanze a dir poco particolari. Oggi la “libertà di espressione” in Russia si è manifestata attraverso una breve simulazione di quanto impiegherebbero delle bombe atomiche a distruggere le grandi capitali europee.
La controversia nasce dalla profonda differenza che esiste tra le parole pronunciate fuori, alla luce europea, dove il direttore del Dipartimento per la non proliferazione e il controllo degli armamenti del ministero degli Esteri russo Vladimir Yermakov ricorda che “è imperativo riaffermare il principio che i rischi di una guerra nucleare che non deve mai essere scatenata devono essere ridotti al minimo attraverso la prevenzione di qualsiasi conflitto armato tra potenze nucleari” e il Primo Canale russo che mostra e racconta la possibilità di una guerra nucleare.
Lo ha sottolineato Aleksey Zhuravlyov, presidente del partito nazionalista Rodina, affermando che basterebbe un missile Sarmat per cancellare le isole britanniche. Dopo la visione della simulazione, con tanto di secondi necessari per la distruzione di Berlino (106 secondi), Parigi (200 secondi) e Londra (202 secondi), è intervenuto un altro ospite, ricordando a tutti che nessuno sopravviverebbe a una guerra nucleare, neanche i russi.
Si fa qui riferimento alla teoria MAD, cioè la strategia della mutua distruzione assicurata. Questa, per fare un altro esempio, sarebbe come una “battaglia di Pirro”, cioè uno scontro vinto a un prezzo troppo alto per essere considerato una vittoria. Infatti, prima ancora che il first strike vada a segno, la risposta del Paese verso il quale è diretto sarebbe già partita. Semplicemente perché non si lancia un missile nucleare senza che l’altro se ne accorga.
Simulazione bombe atomiche su città europee: quanto ci vorrebbe per spazzarci via
Online esistono diversi siti che permettono di simulare la distruzione e la morte che causerebbero diversi tipi di armamenti nucleari. I numeri presenti sul sito sono evocativi, non del tutto realistici, perché non tengono - non possono farlo - conto delle condizioni atmosferiche al momento del lancio e dell’impatto. In ogni caso possono dare un’idea del perché una guerra nucleare è del tutto impensabile, cioè perché si dovrebbe davvero parlare di completa smilitarizzazione.
I numeri sono impressionati, soprattutto simulando il lancio di Topol (SS-25), bomba da 800 chilotoni dell’arsenale russo:
- Londra, vittime stimate 929.380, per una distruzione totale di edifici pari a un raggio di 2,45 km2;
- Parigi, vittime stimate 2.469.650, in un raggio di 2,45 km2;
- Berlino, vittime stimate 1.568.220, in un raggio di 2,45 km2.
Quello che non viene raccontato sulla tv russa sono le conseguenze. Ovvero, cosa succederebbe in risposta a un attacco nucleare. Neanche Mosca ne uscirebbe bene, prendiamo per esempio la detonazione della B-83, la più grande bomba dell’arsenale americano (1.2 Mt): 1.374.840 di vittime e la distruzione totale in un raggio di 3,39 km2.
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