Le casse per il pagamento delle pensioni degli eurodeputati ormai sono vuote e si prevede un buco da 300 milioni: a sanare la voragine potrebbero essere i soldi dei contribuenti.
Se le pensioni, gli stipendi, i vitalizi e più in generale i privilegi della “casta” dei nostri parlamentari vi scandalizzano, allora è meglio che non sappiate cosa sta succedendo in questi giorni lungo la linea calda Strasburgo-Bruxelles.
Come svelato dal sito Politico, che ha visionato alcuni documenti redatti dal segretario generale del Parlamento europeo Alessandro Chiocchetti, le casse comunitarie per pagare le pensioni degli ex eurodeputati sarebbero ormai vuote, tanto che si parla di un imminente buco da oltre 300 milioni.
“Il Parlamento ha istituito un regime pensionistico complementare nel 1990 - riporta Europa Today che ha ripreso quanto scritto da Politico -, e lo ha tenuto in funzione per 30 anni fino a quando non è stato chiuso ai nuovi iscritti nel 2009, quando è entrato in vigore un regime pensionistico unificato. A causa, in parte, dell’interruzione dei contributi dei legislatori 14 anni fa, il fondo, che continua a pagare assegni a centinaia di ex politici, si trova ora in condizioni disastrose”.
A causa degli alti costi da dover sostenere, il fondo a disposizione dovrebbe esaurirsi il prossimo anno creando così una voragine da 308 milioni: a fronte di 363 milioni di euro che dovranno essere pagati da qui al 2074 in pensioni, in cassa ce ne sarebbero solo 55.
Visto che il fondo presto rimarrà desolatamente vuoto, l’Unione europea si sta interrogando su come trovare questo fiume di denaro destinato a erogare le pensioni degli ex eurodeputati: la soluzione più probabile è che alla fine a pagare sarà Pantalone, ovvero i cittadini contribuenti dei 27 Stati membri.
Il buco delle pensioni degli eurodeputati
Anche in virtù del fatto che tra un anno si tornerà a votare per le elezioni europee, è alta l’attenzione su cosa sta succedendo a Bruxelles tra un patto di stabilità da dover riformare e un Pnrr da dover far funzionare.
Raramente però si parla degli esorbitanti costi della macchina comunitaria, che può contare su due sedi (Bruxelles e Strasburgo), 705 eurodeputati e una infinità di addetti, tecnici, funzionari e collaboratori che vanno a comporre il puzzle della Commissione europea.
Al momento ciascun eurodeputato guadagna tra i 16.000 e i 19.000 euro al mese, con l’importo che può variare a seconda della frequenza con cui si è partecipato alle sedute. A questi vanno aggiunti fino a 24.526 euro al mese, fino allo scorso anno erano 21.000 euro, per pagare i vari portaborse che in alcuni casi sono anche dieci per un solo eurodeputato.
Scaduta la legislatura, c’è anche un’indennità di fine mandato che è pari a un mese di stipendio per ogni anno della durata del suo incarico di eurodeputato. Questo non viene erogato se il politico ha un’altra funzione pubblica.
Infine oltre al rimborso dei due terzi delle spese mediche sostenute, c’è anche un vitalizio che scatta al compimento dei 63 anni. Si tratta del 3,5% della retribuzione per ciascun anno, diciamo che in media supera i 2.700 euro al mese.
Il buco di cui ha dato notizia Politico però si riferisce a una pensione complementare che è stata in vigore dal 1990 al 2009; al momento si calcola che siano oltre 900 le persone interessate che percepiscono in media 2.200 euro al mese.
I soldi per pagare queste pensioni stanno finendo a l’Unione europea starebbe pensando di rateizzare questi 300 milioni necessari per continuare a garantire l’assegno agli ex eurodeputati e ai loro familiari.
L’ipotesi è quella di attingere al bilancio comunitario, finanziato dai cittadini dell’Unione europea, destinando 23 milioni l’anno a questo fondo pensionistico, anche se sarebbe allo studio anche un modo per ridurre l’impatto degli assegni ma, considerando i possibili ricorsi dei percettori, questa strada potrebbe rivelarsi assai lunga e tortuosa.
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