Crisi industriale in Europa: questa famosa azienda di elettrodomestici rischia di chiudere alcuni stabilimenti, anche in Italia.
La crisi del settore elettrodomestici colpisce anche Beko Europe, azienda nata solo qualche mese fa dalla joint venture tra l’americana Whirlpool e la turca Arçelik, società madre di Beko.
Le grandi ambizioni di uno dei leader mondiali del settore di far crescere il proprio business nella strategica area EMEA (Europa, Medio Oriente e Africa) attraverso la creazione del nuovo gruppo si stanno già sgretolando a colpi di licenziamenti e chiusure di stabilimenti.
Il ridimensionamento dei profitti e dei piani di produzione dell’azienda e, soprattutto, dei progetti nei suoi stabilimenti in Europa e in Italia sarebbe causato dai fattori che stanno colpendo il tessuto industriale di tutto il vecchio continente: la domanda in calo da parte dei consumatori e la crescente concorrenza asiatica.
Da promettente industria europea, forte di una capacità produttiva di circa 24 milioni di elettrodomestici l’anno alla sua nascita, Beko Europe è oggi alle prese con licenziamenti, chiusure di stabilimenti e riduzione della produzione in settori specifici. Alcune fabbriche europee sono state già chiuse e ora anche tre siti italiani sarebbero in bilico.
Beko Europe: storia (breve) di una promettente azienda oggi in crisi
Cresce l’agitazione tra i lavoratori degli stabilimenti Beko Europe in Italia - ex Whirlpool - di Comunanza (Ascoli Piceno), Cassinetta (Varese) e Siena: il motivo è la probabile chiusura delle fabbriche che operano specificatamente nei settori lavaggio e refrigerazione, considerati i meno remunerativi per il gruppo aziendale.
Sono mesi critici per neonato gruppo europeo, che non è riuscito a mantenere le promesse divulgate ad aprile 2024, quando è stato creato. In appena 7 mesi sono stati già chiusi uno stabilimento in Gran Bretagna e due in Polonia.
Dopo l’accordo tra Whirlpool e Arçelik nel gennaio 2023, l’Antitrust europeo e britannico ha dato il via libera alla joint venture. Il 2 aprile 2024 è quindi nato il gruppo.
Il 75% di Beko Europe è detenuto da Ardutch BV (holding olandese controllata da Arçelik) e il 25% da Whirlpool EMEA Holdings LLC.
La società fa parte della galassia Beko, un colosso a livello mondiale nella produzione di elettrodomestici che raggruppa 16 marchi strategici nel settore, tra cui Whirlpool, Grundig, Polar, Indesit, Hotpoint, Ignis.
L’azienda prometteva un business da 6 miliardi di euro attraverso due stabilimenti in Romania di Arçelik e sette fabbriche della rete grandi elettrodomestici Whirlpool sparsi in vari parti d’Europa. Con 20.000 dipendenti all’attivo, i target di produzione erano alti.
Anche l’Italia è stata coinvolta nell’operazione aziendale, con più di 5.000 dipendenti impiegati negli stabilimenti di Siena (congelatori), Cassinetta (frigoriferi, forni a microonde da incasso), Comunanza (lavatrici e lavasciuga), Melano (piani cottura) e Carinaro (ricambi e accessori).
In pochi mesi, però, qualcosa è andato storto.
Perché Beko Europe rischia di chiudere i suoi stabilimenti (anche in Italia)
In un comunicato del 7 novembre, Beko Europe ha allertato l’Italia sulla crisi in corso in alcune specifiche aree produttive e sulle sfide da affrontare in un contesto economico globale complesso e difficile.
In una parte della nota sono elencati i fattori che stanno impattando negativamente sulla produzione, come “un netto rallentamento della domanda dei consumatori in tutta Europa, una maggiore concorrenza da parte degli operatori del mercato asiatico, performance aziendali negative nonostante i forti investimenti storici e una sovracapacità strutturale in Italia”.
La stessa società individua, dunque, i motivi della crisi, dalla quale potrebbero scaturire probabili chiusure di fabbriche e licenziamenti in Italia. I settori lavanderia e refrigerazione, nello specifico, sono sotto la lente dell’azienda, i più predisposti a generare “ulteriori perdite di cassa”.
A settembre era stato annunciato anche il drastico ridimensionamento della produzione in Polonia, con la chiusura della fabbrica di Łódź (cucine, asciugatrici e componenti in plastica) e dello stabilimento di refrigerazione di Wrocław.
Il 31 dicembre 2024, inoltre, la fabbrica Hotpoint del gruppo Beko Europe a Yate, vicino a Bristol, smetterà di produrre asciugatrici e lascerà senza lavoro oltre 100 persone.
Tavolo di confronto tra Beko Europe e governo Meloni
Il declino è continuato e ora il governo italiano, attraverso i canali del ministero delle Imprese e del Made in Italy presieduto da Adolfo Urso, sta cercando di favorire un accordo tra sindacati e vertici aziendali nel tentativo di salvare migliaia di posti di lavoro.
Un primo tavolo di confronto si è svolto il 7 novembre. Durante l’incontro il ministro ha invitato l’azienda a presentare al più presto un piano industriale che preveda maggiori investimenti in Italia. Lo scopo è garantire la continuità produttiva negli stabilimenti del nostro Paese, rispettando le misure imposte dal Golden power contenute nel DPCM del 1° maggio 2023. Il prossimo appuntamento è previsto il 20 novembre.
“Abbiamo detto alla proprietà di rispondere nel piano industriale a quelli che sono stati i vincoli dell’esercizio del ’Golden power’ sul mantenimento degli stabilimenti e dei livelli occupazionali, così da consentire un confronto che, poi, in maniera più concreta potrà realizzarsi, nella prossima ed imminente riunione del 20 di novembre, sulla base di un piano industriale e, quindi, di un piano di investimenti e, se necessario, anche di ammodernamenti, chiaro e definito, in modo che, stabilimento per stabilimento, si possa comprendere quali possano essere gli sviluppi anche per quanto riguarda la permanenza dei livelli produttivi e dei livelli occupazionali”, ha dichiarato stamattina il ministro delle Imprese e del Made in Italy nell’Aula della Camera.
“Siamo riusciti a porre l’azienda” - ha evidenziato il ministro - “nella strada giusta di presentare in maniera chiara ai sindacati, alle forze sociali e produttive dell’indotto, certamente anche ai Comuni e alle Regioni e, quindi, al Governo i loro piani per l’Italia”.
Il destino appare ormai segnato. Come si legge poi in una nota del ministero dell’11 novembre, il nostro Paese aveva già fiutato “potenziali situazioni di crisi legate a sovrapposizioni di stabilimenti in Europa e alla relativa sovrapproduzione, che avrebbero – come poi avvenuto – portato alla chiusura di alcuni impianti nel continente”.
Un mix di scelte aziendali e fattori avversi esterni a livello globale mettono a rischio la sopravvivenza di un’altra industria in Europa.
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