Questo titolo di Stato con cedola al 6,25% prezza 99,90 e dura quasi quanto il BTP Più

Stefano Vozza

6 Marzo 2025 - 16:49

L’obbligazione sovrana ha quasi la stessa vita utile del recente bond retail del Tesoro ma con un payout molto più ricco. Come mai?

Questo titolo di Stato con cedola al 6,25% prezza 99,90 e dura quasi quanto il BTP Più

A metà febbraio, mentre migliaia di risparmiatori prendevano informazioni sul BTP Più prossimo al lancio, altri Stati sovrani hanno emesso i loro prestiti obbligazionari. Nulla di nuovo sotto il sole, si direbbe, ed è vero. Tuttavia, questo titolo di Stato con cedola al 6,25% prezza 99,90 e dura quasi quanto il BTP Più, e la cosa non passa di certo inosservata.

A quasi parità di tempo, stessa valuta di denominazione ed emittente sovrano (ma Stati differenti), c’è che il payout è quasi pari al doppio offerto dal MEF sul BTP Più. Come mai? Il maggior rischio insito nello strumento, che ora andiamo ad esporre.

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Il titolo di Stato in euro emesso da Bucarest

Si tratta di un’obbligazione sovrana emessa il 14 febbraio dallo Stato della Romania, il Paese dell’Est che non ha l’euro quale valuta legale all’interno del Paese. Il bond ha codice ISIN XS2999552909 ed è quotato sull’EuroMOT di Borsa Italiana. La data emissione ed inizio negoziazioni è il 14/02/’25, quella di godimento il 10/02/’25 e la scadenza con rimborso finale è fissata al 10/09/’34.

In pratica è nato 1 mese scarso prima del BTP Più mentre scadrà 1 anno e mezzo dopo.
Altri tratti in comune sono quelli legati alla valuta di denominazione del bond, l’euro, il taglio minimo di sottoscrizione di 1.000 € e l’aliquota fiscale del 12,50% sugli interessi lordi. A variare è il flottante dei due titoli, pari a 15 mld di € scarsi per il bond del Tesoro e a 1,4 mld di € per quello rumeno.

Tuttavia, la divergenza significativa è che per il Governo di Bucarest si tratta di un debito in valuta estera e non in moneta domestica, il Leu rumeno. Pertanto le valutazioni circa le riserve sovrane di valuta estera dell’emittente contano ai fini della valutazione del rischio del debito.

Le considerazioni sulla cedola del bond sovrano in euro di Bucarest

L’emittente paga un interesse annuo del 6,25% lordo sul valore del debito nominale sottoscritto, pari al 5,46875% al netto della ritenuta. Si tratta di un buon payout (la periodicità della cedola è annuale) rispetto a molti altri titoli sovrani con medesima valuta e pari durata. Ad esempio il rendimento medio ponderato del BTP Più (in emissione al prezzo di 100) è del 3,275% lordo, praticamente quasi la metà.

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Stante quest’ordine di cose si potrebbe pensare che il rendimento effettivo a scadenza sia crollato assai. Niente di tutto ciò, anzi è pure salito “grazie” alle recenti tensioni sui mercati obbligazionari. Al termine della seduta di mercoledì 5 il bond ha chiuso a 99,90 centesimi, poco sotto il valore di rimborso finale. Pertanto a questi corsi il rendimento effettivo netto annuo dell’obbligazione è del 5,48%.

Ipotizzando un’inflazione media annua da qui al 2034 del 2,25% e detraendo tutto il resto delle spese, ne deriverebbe un ritorno netto e reale annuo oltre il 3%. Sembra quasi un BTP dei decenni scorsi, uno di quelli che ormai non si emettono più in Italia.

Questo titolo di Stato con cedola al 6,25% prezza 99,90 e dura quasi quanto il BTP Più

Come sempre, un maggiore rendimento si accompagna a un più alto rischio insito nello strumento finanziario esaminato. Il rating emittente è pari a BBB- per Fitch e S&Poor’s, e a Baa3 per Moody’s, cioè di una spanna sopra il livello dell’investment grade. Basterebbe un futuro declassamento da parte di una delle agenzie per tramutare il debito rumeno in “non investment grade”.

Ancora, l’emittente è uno Stato sovrano che non ha l’euro, moneta forte di prestigio mondiale, quale valuta domestica. Infine ci sono i numeri dell’economia domestica che non sono da primi della classe. Il Paese dell’Est importa più beni e servizi di quelli che esporta, per cui il saldo della bilancia commerciale è costantemente negativo. A cascata ecco i problemi sul livello delle riserve valutarie interne, anch’esse sempre inferiori ai livelli di indebitamento totale che il Paese ha verso i debitori esteri.

Discorso a parte, ma non per questo meno importante, va fatto per le tensioni geopolitiche. Romania e Ucraina condividono una linea di confine di centinaia e centinaia di km, e avere la guerra aldilà della frontiera sicuramente una fonte di tensione enorme. Al riguardo se andassero in porto, e con successo per tutti, i programmi di pace tanto ventilati in questi ultimi giorni, per i bond rumeni sarebbe come manna dal cielo. Essi andrebbero pur sempre onorati, vero, ma intanto si scrollerebbero di dosso un grande elemento di rischio.

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