Riforma del Patto di Stabilità: la Germania insiste con l’austerity, la strategia del governo Meloni per fermarla

Giacomo Andreoli

06/04/2023

Il governo tedesco di Olaf Scholz spinge per inserire nella riforma del Patto di Stabilità si introducano delle regole per la riduzione concreta del rapporto debito/Pil: torna l’austerity in Europa?

Riforma del Patto di Stabilità: la Germania insiste con l’austerity, la strategia del governo Meloni per fermarla

Nella partita per la riforma del Patto di Stabilità la Germania insiste, chiedendo di inserire regole sulla spesa degli Stati membri e sulla riduzione concreta del rapporto debito/Pil. Il governo del socialdemocratico di Olaf Scholz, su spinta soprattutto del partito liberale, in maggioranza, vuole infatti limitare i tentativi di riformare in senso progressista dal punto di vista della politica economica il noto trattato.

Contro queste posizioni sono sulle barricate diversi Paesi, a partire dall’Italia di Giorgia Meloni che le considera dei veri e propri rigurgiti d’austerity. Per questo il governo, assieme a quello spagnolo e francese in primis, cercano di ammorbidire queste posizioni, puntando a dare concessioni a Berlino sulla materia degli aiuti di Stato per contrastare il piano green degli Usa, soprannominato Ira.

La partita di Meloni, però, si intreccia al braccio di ferro con gli altri grandi Paesi Ue sui migranti, con l’esecutivo che vuole spingere l’Unione europea a farsi più carico del problema, mentre viene invece isolata dalle altre cancellerie.

Patto di Stabilità, la Germania vuole più rigidità sul debito

La Germania chiede precisamente che in aggiunta alle regole sulla spesa pubblica nella riforma del Patto di stabilità si garantisca una riduzione concreta del rapporto debito/Pil.

Questo potrebbe essere fatto introducendo una “disposizione di salvaguardia” con un calo minimo vincolante ogni anno. Il limite minimo potrebbe essere che il rapporto tra debito e Pil debba calare di almeno 1 punto percentuale ogni anno per tutti gli Stati membri con un debito elevato e di almeno lo 0,5% per quelli con un debito pubblico oltre al limite del 60%.

Tutte le proposte del governo tedesco

La richiesta di modifiche è contenuta in un documento tecnico inviato dal governo tedesco alla Commissione Ue e alle altre capitali europee. Un testo che mette in parte in discussione l’accordo trovato al consiglio Ecofin a metà marzo, con un compromesso tra rigidità e flessibilità sui conti.

Oltre alla regola sul taglio annuo del debito, la Germania vorrebbe una salvaguardia ex post per garantire l’efficacia delle nuove regole: insomma una clausola di revisione specifica ancorata alla riduzione effettiva del rapporto tra debito e Pil. Senza calo evidente del debito tutto il quadro di regole e provvedimenti per un Paese membro andrebbe rivisto così ogni quattro anni.

Berlino, però, vorrebbe anche più incentivi per gli investimenti orientati al futuro, con una clausola di investimento limitata in base ai programmi europei. L’idea del governo federale, poi, è che i piani fiscali dei Paesi Ue non vengano concordati solo con la Commissione Ue, limitando così eccezioni e margini di manovra.

E infine, si propone di mantenere invariate le procedure per disavanzo in caso di violazione della regola del 3% sul rapporto deficit/Pil.

L’accordo di marzo tra i 27 Paesi Ue

Secondo l’accordo che era stato trovato all’Ecofin le nuove regole dovrebbero consentire aggiustamenti di bilancio più graduali, considerando le singole posizioni nazionali di partenza e permettendo piani individuali a medio termine. Certo, resterebbero i paletti del rapporto deficit/Pil al 3% e di quello debito/Pil al 60% e si dovrebbero portare avanti aggiustamenti concordati con la Commissione, ma sparirebbe il rientro obbligatorio di 1/20 l’anno e ci potrebbe essere spazio per lo scorporo di alcune voci dai parametri.

Si prevederanno poi percorsi sostenibili e credibili per ridurre i debiti più alti, come quello italiano. I tempi potrebbero essere lunghi: 4 anni dalla comunicazione della Commissione, più altri 3 in caso di riforme sulla sostenibilità dei conti o investimenti in difesa, tecnologia e transizione ecologica. Potrebbero essere scorporati dal calcolo del debito e del deficit alcuni investimenti ritenuti strategici.

Ci potrebbe poi essere una clausola di salvaguardia per sospendere il Patto a livello nazionale in circostanze eccezionali, come nel caso di un’altra epidemia o pandemia che colpisca in particolare uno Stato più degli altri.

Riforma del Patto di Stabilità, torna l’austerity?

Queste regole sicuramente sono decisamente più morbide rispetto a quelle valide prima del 2020: insomma, l’austerity vera e propria dovrebbe essere finita. Tuttavia il fatto che rimarranno i vincoli del 3% e del 60%, criticati già negli anni ’90 e a maggior ragione oggi dalla stragrande maggioranza degli economisti, rimane un problema non da poco per Paesi molto indebitati come l’Italia.

Il nostro Paese avrà quindi comunque dei margini di spesa ridotti rispetto alla situazione attuale e alla fase subito dopo le prime ondate di Covid.

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