Salario minimo costituzionale arriva in Italia: significato e cosa cambia adesso

Simone Micocci

4 Ottobre 2023 - 15:01

La sentenza 27711/2023 pronunciata dalla Cassazione rafforza il ruolo dei giudici nel valutare se lo stipendio fissato dalla contrattazione collettiva è in linea con i criteri della Costituzione.

Salario minimo costituzionale arriva in Italia: significato e cosa cambia adesso

L’ultima sentenza della Corte di Cassazione (la n. 27711 del 2023) di fatto introduce, o meglio riconosce, una sorta di salario minimo costituzionale in Italia. Viene infatti ribadito il ruolo fondamentale della giurisprudenza nel valutare se uno stipendio è più o meno giusto nonostante l’assenza di una legge che ne fissa una soglia minima.

Giorgia Meloni ha più volte spiegato che un salario minimo in Italia “non è necessario” in quanto è la contrattazione collettiva a garantire uno stipendio adeguato al lavoratore: tuttavia, la Corte di Cassazione aggiunge che la presenza dei contratti collettivi non basta a impedire l’intervento del giudice, il quale deve verificare se lo stipendio pagato al dipendente rispetta o meno i principi fondamentali dettati dalla Costituzione.

Perché si parla di salario minimo costituzionale

La Suprema Corte ritiene che la contrattazione collettiva da sola non basti per determinare il salario legale. In ogni caso, infatti, bisogna accertare che lo stipendio fissato da ogni contratto sia “proporzionale alla quantità e alla qualità del lavoro”, nonché “sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”, rispettando così quanto stabilito dall’articolo 36 della Costituzione.

Come ricorda la Corte di Cassazione, infatti, il nostro ordinamento si ispira a una nozione di remunerazione non intesa come prezzo di mercato in rapporto alla prestazione di lavoro, bensì come una retribuzione adeguata e sufficiente ad assicurare un tenore di vita che sia dignitoso.

Ciò significa che affinché uno stipendio possa essere riconosciuto come adeguato non è sufficiente che questo segua le tabelle contrattuali, in quanto potrebbe essere lo stesso importo determinato dal Ccnl a non essere conforme ai principi costituzionali.

Come spiega la Cassazione, quindi, l’assetto costituzionale vigente impedisce “una riserva normativa o contrattuale a favore della contrattazione collettiva nella determinazione del salario”, legittimando l’intervento del giudice in tutti quei casi in cui si ritiene che lo stipendio percepito non sia adeguato e sufficiente per condurre una vita dignitosa.

Come capire se uno stipendio è giusto

In primo luogo, come previsto dalla legge n. 142/2001, per determinare se il salario riconosciuto al lavoratore rispetta i parametri costituzionali sulla giusta retribuzione bisogna effettuare una verifica di conformità sulla base del contratto nazionale di lavoro fissato dalle associazioni datoriali e sindacali maggiormente rappresentative di quel settore.

In caso contrario bisognerà verificare se lo stipendio indicato nel contratto applicato può comunque essere riconosciuto come legittimo. Per farlo si dovrà tener conto di una serie di parametri concorrenti, quali ad esempio:

  • contratti collettivi di settori affini;
  • indicatori economici e statistici utilizzati per misurare la soglia di povertà;
  • soglia di reddito per l’accesso alla pensione d’inabilità civile;
  • dati Uniemens censiti dall’Inps per il salario medio;
  • valori della Naspi;
  • trattamenti di integrazione salariale (Cig e Cigs);
  • altre forme di sostegno al reddito;
  • indicatori statistici individuati dalla Direttiva Ue sui salari minimi adeguati (n. 2022/2041 del 19 ottobre 2022).

Ci sono quindi una serie di elementi che aiutano a capire se uno stipendio rispetta i criteri fissati dalla Costituzione. Non sempre d’altronde i contratti collettivi sono in grado di intercettare i nuovi bisogni dettati dalla severe dinamiche inflazionistiche, anche perché bisogna considerare che spesso ci sono ritardi nei rinnovi contrattuali. Ed è per questo motivo oggi c’è una situazione di “povertà nonostante il lavoro”.

Cosa può fare la giurisprudenza

La Cassazione conclude ribadendo che oggi non esiste alcuna tipologia contrattuale che possa essere sottratta alla verifica giudiziale di conformità ai requisiti sostanziali stabiliti dalla Costituzione, i quali hanno ovviamente un valore gerarchicamente sovraordinato nell’ordinamento.

Una sentenza destinata ovviamente a fare giurisprudenza e che potrebbe rafforzare il ruolo dei giudici nel definire se uno stipendio è adeguato indipendentemente dal fatto che l’importo percepito rispetti il minimo indicato dal contratto collettivo applicato dall’azienda.

Anche in assenza di una legge sul salario minimo, quindi, il giudice potrà tener conto di altri parametri per definire il “salario minimo costituzionale” e accertare che quanto guadagnato dal lavoratore ne sia conforme. E in caso contrario ne potrà disporre un adeguamento.

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