Il presidente del Consiglio Draghi ha parlato del rischio di razionamento per alcuni beni a cui l’Italia si deve preparare: ma c’è davvero il timore di supermercati vuoti e riduzione dei consumi?
Scaffali dei supermercati vuoti, razionamento per il gas e l’elettricità. Possibilità che al momento non sembrano essere un reale pericolo, ma che qualcuno - a partire dal governo - sta iniziando a considerare. Proprio in quest’ottica rientrano le parole del presidente del Consiglio, Mario Draghi, che non ha negato l’importanza di arrivare preparati a uno scenario di questo tipo.
Si torna quindi a parlare di razionamenti. Draghi in conferenza stampa si è soffermato sugli effetti a medio-lungo termine per l’Italia della guerra in Ucraina, sottolineando soprattutto due problemi: la mancanza di materie prime e il costo eccessivo dell’energia.
Per ora l’allarme non c’è, assicura il presidente del Consiglio, Ma bisogna prepararsi a quest’evenienza per il futuro, spiega: “Se le cose dovessero peggiorare dovremmo sicuramente entrare in una logica di razionamento”.
Peraltro a parlare di possibile razionamento c’è anche il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, che non esclude l’ipotesi di dover ridurre i consumi di gas ed elettricità. Ma cosa intendeva Draghi quando parlava di razionamento?
Cos’è e cosa significa il razionamento
Applicare il razionamento vuol dire mettere in campo alcuni interventi per ridurre i consumi, in questo caso di più beni. Si tratta di quelli che subiscono le conseguenze della crisi in Ucraina: da una parte tutto ciò che è legato al gas e all’energia, dall’altra anche alcune materie prime provenienti proprio dalle zone del conflitto. In caso di razionamento si potrebbe quindi decidere di ridurre il consumo di questi beni: vediamo come.
Il razionamento di gas ed elettricità
Se il conflitto proseguisse e il prezzo dell’energia continuasse a restare alto come ora, il rischio è di arrivare alla conseguenza estrema di una carenza di gas. A quel punto, applicando uno scenario estremo, si potrebbe anche arrivare alla limitazione della fornitura di gas ed energia.
Limitazione che scatterebbe solo dopo un’eventuale riduzione del consumo dell’energia prima: per esempio si potrebbe pensare di ridurre l’orario di accensione dei riscaldamenti. Magari negli edifici pubblici o nelle abitazioni potrebbero essere spenti prima o accesi dopo o, comunque, per un orario ridotto della giornata.
Va detto che il problema non sembra comunque immediato, considerando l’arrivo della primavera e l’innalzamento delle temperature, ma bisognerebbe pensare alle conseguenze sul prossimo inverno. Intanto il governo, con il decreto del 28 febbraio, ha già previsto la possibilità - in caso di necessità - di ridurre il consumo di gas delle centrali elettriche attive.
Gli scaffali vuoti nei supermercati
L’altro possibile razionamento è quello nei supermercati. Per ora nel governo nessuno ne ha parlato, anzi il ministro dell’Agricoltura, Stefano Patuanelli, ha rassicurato gli italiani spiegando che non serve fare le scorte in quanto non ci sono carenze di prodotti di alcun tipo al momento.
Il timore, però, è che la disponibilità di alcuni prodotti possa diminuire: parliamo di pane, pasta, olio di semi, farina e altro ancora. Non a caso alcune catene di supermercati hanno introdotto un numero massimo di pezzi acquistabili per prodotti come l’olio di semi di girasole, la farina e lo zucchero: un razionamento introdotto non per la carenza dei prodotti ma per fermare l’ingiustificata corsa alle scorte scattata negli scorsi giorni.
Quali conseguenze potrebbe avere il conflitto ucraino
Davide Tabarelli, professore di Economia e presidente di Nomisma Energia, in un’intervista al Messaggero paventa il rischio che la carenza di gas russo possa comportare un’inflazione ben oltre i limiti gestibili. Tabarelli ipotizza che il gas possa costare più di 300 euro per megawattora e la benzina superi i 3 euro al litro. A suo avviso, infatti, è difficile sostituire il gas russo e se provassimo a farlo sarebbe comunque necessario razionare i consumi per sopperire alle inevitabili mancanze.
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