Secondo un’indagine dell’Istat, tra il 2007 e il 2020 gli stipendi netti degli italiani, invece di aumentare, sono scesi del 10%. Ora, con questa inflazione galoppante, si rischia la bomba sociale.
Invece di aumentare, come negli altri Paesi europei, negli ultimi anni gli stipendi italiani sono diminuiti in maniera sostanziale. A dirlo è l’indagine dell’Istat “Reddito e condizioni di vita” nel 2021, che confronta il costo del lavoro nel 2007 con quello nel 2020. Questo si somma all’attuale diminuzione del valore reale degli stipendi a causa dell’inflazione.
Secondo l’Istituto di statistica, quindi, i contributi sociali dei datori di lavoro sono diminuiti del 4%, anche per l’introduzione di misure di decontribuzione, mentre i contributi dei lavoratori sono rimasti sostanzialmente invariati. Le imposte sul lavoro dipendente, le tasse che gravano sugli imprenditori, sono quindi aumentate del 2% in media, mentre la retribuzione netta dei lavoratori è scesa del 10%.
Tutto ciò, in un momento di crisi economica come quello attuale, tra caro-vita e crisi energetica, segnala un problema oramai non più rimandabile e cioè quello degli stipendi bassi e discontinui del nostro Paese.
Stipendi, il crollo sventato durante la pandemia
Secondo l’Istat, senza i vari provvedimenti presi dai governi Conte II e Draghi, durante le fasi più dure della pandemia da Covid-19 ci sarebbe stato un ulteriore crollo dei salari netti. In tutto ciò, nonostante gli interventi degli ultimi anni, compreso l’ultimo del governo Meloni, per abbattere il cuneo fiscale, ovvero l’incidenza dei contributi e delle imposte sul costo del lavoro, la percentuale rimane ancora molto alta: sopra il 45%.
Busta paga, quanto costa il lavoro oggi
Dall’indagine emerge quindi che nel 2020 il costo medio del lavoro, al lordo delle imposte e dei contributi sociali, è stato pari a 31.797 euro, oltre il 4% in meno del 2019. La retribuzione netta per il lavoratore è in media 17.335 euro, poco più della metà del costo complessivo del lavoro (54,5%).
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All’interno del cuneo fiscale e contributivo sono poi i contributi sociali a carico del datore di lavoro a costituire la parte più elevata, circa il 24,9%. I lavoratori si devono caricare sulle spalle il 20,6% del costo complessivo, tra imposte dirette e contributi.
Qual è lo stipendio medio in Italia?
Inoltre l’Istat segnala che nel 2020 il 76% degli stipendi non superava i 30mila euro all’anno. La metà dei redditi lordi individuali è infatti tra i 10mila e i 30mila euro ogni dodici mesi, mentre oltre il 25% è sotto i 10mila. Solo il 3,7% dei lavoratori, quindi, guadagna oltre 70mila euro l’anno.
Il reddito medio da lavoro autonomo è poi di 24.885 euro ogni dodici mesi, circa il 6% in meno del 2019. Per partite Iva e affini le imposte pesano il 14,1% e i contributi sociali il 17,4%.
Occupazione, calano i posti di lavoro
Nel frattempo gli ultimi dati sull’occupazione segnalano un rallentamento del numero di posti di lavoro in Italia. Un trend negativo che, tranne una piccola eccezione a inizio autunno, va avanti da quest’estate.
A dirlo è la nota trimestrale sulle tendenze dell’occupazione nel terzo trimestre 2022 (pubblicata da Istat, Ministero del lavoro, Inps, Inail e Anpal), secondo cui tra luglio e settembre il numero di posti di lavoro cala leggermente rispetto al trimestre precedente (52.000 posti in meno, cioè una discesa del 2,6%). Salgono anche gli inattivi, sono 30mila in più (lo 0,2%). In ogni caso la crescita dell’occupazione rispetto al 2021 è al 2,7%.
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